pluto ha scritto:A si? Allora beccati questa..
Dunque mentre elucubravo sul discorso di Vito sull'uso del fortepiano o del pianoforte, mi era venuta l'idea malandrina di provocarlo un pò, ma anche voi che siete tutti amanti degli strumenti d'epoca, facendogli vedere qualche filmato di un disco che io amo moltissimo e che è rigorosamente suonato con pianoforti moderni. Ovviamente il malandrino (io) non aveva fatto i conti con l'oste e cioè il video non esiste e quindi la provocazione l'era già bella e finita. Comunque x la cronaca il disco era questo e se qualcuno non lo conosce, ve lo raccomando x diversi motivi:
- è musica fantastica
- è inciso meravigliosamente
- i 2 solisti sono straordinari e affiatatissimi
il risultato non poteva che essere un disco magico (almeno x me)
Di base volevo chiedere: ok x i concerti x piano, sappiamo che esistono versioni splendide al fortepiano suonate da valenti interpreti (Bilson, Staier etc), Ok x le sonate piano/violino (Cooper/Podger) o x le piano Sonate, ma x pagine tipo queste che si fa? Le respingiamo xchè non sono suonate su strumenti antichi? Non è vero Mozart? Aspettiamo che Cooper e Staier diventino amici e le suonino insieme? O magari intanto ci gustiamo queste che non sono malaccio?
PPP mi ha già parzialmente risposto in privato con la sua solita grande intelligenza
....
Devo rispondere al tuo intervento in più puntate, altrimenti mi perdo....
. Qui rispondo a questa prima parte del tuo intervento, poi vedrò di riuscire a rispondere alla seconda confrontando esecuzioni su strumenti antichi e strumenti moderni, magari indicando punti significativi dell'esecuzione e quindi facendo una analisi puntuale ma niente affatto tecnica, in modo che possa essere un discorso seguibile da chiunque (anche basandomi su quanto ci chiede Fausto, che forse è rimasto deluso dall'abbandono del discorso sull'analisi delle opere, ma per ogni cosa credo ci voglia il giusto tempo ed ispirazione
...)
Rispondo sinteticamente per me (e quindi biblicamente per tutti gli altri) a più elementi che vengono fuori dalle tue domande.
1. Se si parla di musica barocca, antica secondo l'accezione anglosassone, ad essere obiettivi occorre riconoscere che la prassi d'epoca ha distrutto del tutto l'interpretazione tradizionale. Lasciando da parte J.S. Bach - che secondo me non sfugge alla regola ma che ha una tradizione esecutiva con strumenti moderni che alcuni ancora rimpiangono - il successo enorme di pubblico e discografico che la musica antica sta sortendo in questi ultimi trent'anni è legata alla riscoperta degli strumenti suonati all'antica e della prassi d'epoca. Il neoclassicismo, la scuola interpretativa tradizionale, aveva cancellato questi autori dal repertorio perché li eseguiva con criteri estetici e stilistici impropri, perché ne svilivano il contenuto e l'estetica. Oggi andiamo ad ascoltare in concerto questi musicisti e questi concerti hanno un enorme successo di pubblico. Oggi le case discografiche fanno a gara per pubblicare le opere di autori barocchi ed i loro dischi sono vendutissimi. C'è poco da discutere: il successo di pubblico ci dice che il barocco e la musica antica parlano a noi e sono tornati attuali grazie all'interpretazione filologica. Con la interpretazione neoclassica, della tradizione precedente, questi autori erano andati in soffitta a prendere polvere. Allora i possibili atteggiamenti sono due: o a me questa estetica (l'estetica barocca) piace ed interessa, ed allora io questi autori me li godo in interpretazioni filologiche, giacché
non esiste altro per goderseli questi autori, visto che la scuola neoclassica ha fallito miseramente nell'interpretarli. Oppure, se ritengo che questi autori siano - come pensava la scuola neoclassica - autori di mediocre livello, allora evito di ascoltarli. Mi viene sentitamente da ridere, però, quando vedo ascoltatori tradizionalisti che mi vogliono imporre di ascoltare musicisti barocchi (che a loro non interessano) con strumenti moderni e gusto moderno perché in questo modo l'opera ci guadagna. Che ognuno parli della musica che a lui interessa e piace: lasci il resto a coloro cui interessa e non vi mettano bocca... Haendel suonato alla neoclassica era caduto in oblìo, suonato con prassi e strumenti d'epoca sbanca i botteghini di tutti i teatri e fa vendere i pochi dischi che si vendono alle case discografiche.
2. Se parliamo di Mozart siamo nell'ambito grigio di cui parlava Emanuele. Allora sia chiaro: se anche io posso trovare che molte opere mozartiane si avvantaggino di una esecuzione su strumenti antichi, io
riconoscerò sempre (ed ho sempre riconosciuto) che ci sono interpretazioni di grande valore anche su strumenti moderni. E soprattutto:
mai e poi mai io andrei a dire a qualcuno come ascoltare la musica che ama. Se anche io fossi certo che la migliore interpretazione del concerto per tre pianoforti detto
Lodron sia su strumenti antichi (ne parleremo dopo), non potrei mai dire che le altre interpretazioni sono inutili, né tantomeno negare che l'interpretazione di Lupu e Perahia che tu citi sia di ottimo livello. Mi piacerebbe che chi ama le esecuzioni su strumenti moderni potesse riconoscere anche il valore delle esecuzioni su strumenti antichi, come io faccio delle esecuzioni su strumenti moderni. Non so perché, fino ad ora questo non mi è accaduto mai. In compenso io sono stato non di rado accusato da costoro di estremismo....
3. Diciamolo chiaramente, una volta e per tutte: chi dice di sapere qual'è il "vero" Mozart non sa secondo me di cosa parla. Il "vero" Mozart è
inconoscibile. Di Mozart non abbiamo un urtext esecutivo: non devo spiegare perché non ci sono di lui registrazioni e filmati mentre suona le sue composizioni. Né di lui, né della scuola musicale che si formò a Vienna dopo la sua morte e che ne proseguiva lo stile esecutivo. Di lui ci restano solo una serie di fogli pentagrammati (ringraziando il cielo molti!) che nascondono al loro interno il segreto dell'idea musicale ed esecutiva di Mozart, ma sono stati scritti in un contesto che non riteneva necessario scrivere puntualmente tutta l'idea musicale sul pentagramma perché molte procedure esecutive erano note ai musicisti dell'epoca per prassi. E perché all'epoca il musicista interpolava nell'opera variazioni ed abbellimenti. Ma se anche Mozart avesse scritto le sue partiture come Mahler in modo che dentro ci fosse tutto (e siamo praticamente certi che Mozart non scriveva così) ci sono tonnellate di studi sulla musica che dicono come l'idea musicale (che è quella che dobbiamo esprimere con l'esecuzione) nel momento in cui viene scritta sul pentagramma si deforma per rispondere alle norme e alle strutture della scrittura stessa, e che quindi questa idea musicale (il "vero" Mozart) è nella realtà al di sopra del testo vero e proprio, e da esso solo suggerita per difetto. Un difetto tanto più grande, quanto più ci allontaniamo dalla fine dell'ottocento procedendo a ritroso nel tempo. Rassegnamoci. Noi possiamo dire solo che, se riusciamo a rendere viva un'opera musicale, a dare senso a quell'ammasso di fogli pentagrammati, probabilmente abbiamo svelato, afferrato una virgola di quello che è il "vero" Mozart: afferrato per un attimo, e poi subito perso. La filologia è solo uno dei tanti riflettori con cui cerchiamo di afferrare l'inafferrabile, il vero Mozart. Ce ne sono stati altri, con pregi e limiti, altri ce ne saranno.
4. Anche le esecuzioni di Lupu e Perahia (ma anche quelle di Lang/Barenboim e Kissin/Argerich) non sono intoccate dalla filologia. Brillantezza, tempi spediti, suono leggero e staccato, sono tutte conquiste dell'approccio filologico al testo. Già alla fine degli anni '80, la scuola d'esecuzione neoclassica, tradizionale, non poteva più permettersi di eseguire un Mozart privo di questi capisaldi filologici. E di imitare, col suono brillante e nitido, staccato, il suono del fortepiano. La scuola filologica ha vinto anche perché, senza che nessuno se ne accorgesse, già negli anni '80 aveva fortemente contaminato la lettura su strumenti moderni. Ed oggi ancor più di allora, visto che interpreti come Schiff ora su pianoforte moderno inseriscono anche variazioni al riapparire di un ritornello nella composizione!!!!!!
5. Nelle sale da concerto esiste un problema: una sonata per tastiera di Mozart suonata al fortepiano non è eseguibile in un Teatro come il Comunale di Firenze su stumenti originali: il fortepiano non sarebbe in grado di sonorizzare la sala. Quindi il fortepiano è utilizzabile solo nei saloncini che spesso affiancavano le sale da concerto ottocentesche. Nelle sale da concerto moderno siamo costretti a suonare il pianforte, ma anche a cambiare il tono della composizione. Composizioni scritte per piccoli ambienti e suonate per un piccolo pubblico diventano composizioni suonate in grandi teatri per un grande numero di persone. Vengono cioé trascritte, utilizzate per uno scopo diverso da quello originario: dal discorso intimistico, privato all'alta oratoria pubblica. Nelle trascrizioni qualche cosa si guadagna e qualche cosa si perde, non dimentichiamolo mai.
In quei bei dischi di Lupu e Perahia è inciso appunto il concerto K.242 "Lodron" per tre pianoforti (Lupu e Perahia eseguono la versione trascritta per due pianoforti di pugno di Mozart e pubblicata nel 1802). La composizione dell'opera si fa risalire al febbraio 1776.
Questo brano è detto Lodron perché fu composto per la contessa Antonia Lodron e le di lei figlie Aloisia e Giuseppina. Brano salottiero, di contenuti tecnici non difficili (la parte della terza tastiera è molto semplice), ma molto lontano da complessità strutturali e contenutistiche pre-romantiche.
Lupu e Perahia lo eseguono magistralmente con grandissima verve e gusto nel I e nel III movimento. Il tono è concertistico in senso moderno, e alla mancanza di vistuosismo reale della composizione si sopperisce con un gioco di botta e risposta,m, di rimpiattino tra i due pianoforti (soprattutto nel I movimento) veramente sensazionale. Ma l'adagio, suonato sui due pianoforti ad un ritmo non troppo lento (che il neoclassicismo in questo caso aborrisce, visto che si rischierebbe di riempire di sentimentalismo una pagina che in questo modo finirebbe per staccarsi stilisticamente dall'epoca in cui è stata composta) e con il suono uniforme e corposo del pianoforte non è molto significativo, perché privo di vero contenuto. Eseguito sui due pianoforti, questo movimento fa sentire soprattutto i suoi punti deboli, e cioè un senso espressivo molto limitato, ma anche una struttura compositiva di poche pretese, pur con la sempre bella vena melodica mozartiana.
L'esecuzione di Bilson (con Gardiner) è di quegli stessi anni (1987). Bilson esegue del concerto la versione a tre tastiere, coadiuvato da Robert Levin e Melvyn Tan. Ma a parte questo particolare dell'edizione, l'esecuzione filologica forse rende meno rutilante il terzo movimento, ed è altrettanto briosa e frizzante nel I movimento rispetto a quella di lUpu e Perahia. Ma qui il II movimento è quello che deve essere: galante, salottiero, basato sulla fascinazione timbrica del fortepiano (luminoso e dal medioalto cantabile, simile ad una voce sopranile), senza la necessità di scovare contenuti che nel testo non esistono. Ed in più, nel suono ridotto di volume dei tre fortepiani, nell'organico ridotto dell'orchestra, una dimensione non sinfonica ma cameristica, non concertistica ma intima, salottiera, che nella edizione Lupu-Perahia scompare del tutto.
Chiunque vorrà ascoltare le due registrazioni scevro da preconcetti potrà notare che entrambe sono di livello elevatissimo. Quella di Lupu e Perahia è concertistica, adattata a sonorità moderne, e mostra i limiti di una composizione che non è nell'adagio sostenibile con la retorica permessa allo stile pianistico. Quella di Bilson/Levin/Tan è una minuscola gemma di incanto settecentesco che porta con sé uno stile, un ambiente, un clima, una ragion d'essere che rendono pieno merito alla composizione, e ne celano i limiti del secondo movimento, che è pensato proprio per essere fascinoso gioco di suoni sul fortepiano.
L'esecuzione di Bilson non è replicabile in una grande sala da concerto, quella di Perahia e Lupu è una gemma concertistica, amo entrambe ma mi sembra superiore la prima, perché mi cela i limiti della composizione. E il piccolo concerto K242 diventa una pagina con un suo grande perché, e senza bisogno di giustificazione. Quando una esecuzione mi permette di amare un'opera valorizzandone i limiti, ed al tempo stesso mi porta una istantanea d'ambiente tale da farmi capire l'opera senza conoscerne magari nemmeno la genesi, per me ha fatto quanto l'interpretazione deve.
Ma se vi piace di più l'estroversione di Perahia e Lupu, pur con la debolezza del secondo movimento, chi sono io per rovinarvi la festa?
Quindi ricapitolando: io non respingo nessuna esecuzione aprioristicamente. Io le ascolto tutte (almeno le maggiori, non proprio tutte, ovvio) e mi godo il meglio di ciascuna. Quando non esistono ottime interpretazioni su strumenti d'epoca ascolto le ottime intepretazioni su strumenti moderni. A volte esistono di alcune opere mozartiane ottime interpretazioni sia su strumenti moderni che su strumenti antichi: in quel caso io sovente finisco per preferire le interpretazioni su strumenti antichi (lo dico per incidenza statistica), ma questo non mi permette di dimenticare il valore delle altre.
Ma soprattutto: la verità, in musica, non esiste. Perché coincide con le verità delle varie estetiche che, leggendo i vari capolavori, si susseguono incessamentemente nel tempo: una, nessuna, centomila... oggi però forse col barocco siamo più vicini alla verità di quanto non lo sono stati i nostri predessori: se a differenza di loro lo eseguiamo con successo di pubblico, qualche cosa di più l'abbiamo scoperta...