Mah, sai, io non sono un uomo di fede, nemmeno per quanto riguarda l'esecuzione musicale. Ritengo che l'esecuzione all'antica (strumenti e prassi d'epoca) sia nettamente preferibile in Haydn ed in Mozart alle esecuzioni tradizionali neoclassiche su strumenti moderni (altra cosa invece il discorso su strumento moderno che fa ad esempio Schiff, che non è dimentico della prassi d'epoca). Diverso il discorso di Beethoven, che scrive non in funzione dello strumento che possiede ma in funzione dell'idea, e che ha visto vari grandissimi pianisti neoclassici assumere atteggiamenti interpretativi non rigidamente neoclassici nell'approccio (Richter, l'ultimissimo Backhaus, Nat).
Nella fattispecie Blechacz si pone tra i migliori interpreti della sonata beethoveniana in questione (la seconda dell'opera 2) assieme a Nat e Gulda. E si pone ai vertici delle altre 2 sonate (Haydn Hob. XVI:52 e Mozart K. 311) per quanto riguarda gli strumenti moderni. Inoltre il disco è molto bello per come è pensato: un programma costituito da tre sonate del classicismo viennese composto dai tre autori classici in un ventaglio relativamente ristretto di anni: quella di Haydn fu composta nel 1794, quella di Mozart nel 1777, quella di Beethoven nel 1795. Soprattutto nel caso delle sonate di Haydn e Beethoven è interessantissimo vederli a confronto nella contemporaneità, anche se Beethoven era solo all'inizio della sua parabola artistica.
In quanto al concerto della Mullova, ci sono stato come previsto domenica 13 Gennaio. In programma tre sonate per violino e pianoforte di Beethoven: l'opera 23, l'opera 24 (titolo apocrifo "Primavera") e la celeberrima op. 47 "A Kreutzer". Al fortepiano (giacché la Mullova suonava il suo Guarnieri accordato all'antica e con archetto e corde in budello naturale), fornito come sempre dall'Accademia Bartolomeo Cristofori "Amici del fortepiano", Paolo Giacometti. Così come per il Guarnieri della Mullova, nessuna indicazione sullo strumento pianistico nel programma di sala: ma certo era un fortepiano dei primi decenni dell'ottocento, non certo settecentesco visto il colore ed il volume di suono prodotto. Inoltre già non aveva più le pedaliere a ginocchio bensì una coppia di pedali "moderni".
Splendido secondo me il rendimento della Mullova: suono sempre pieno e "cantante", virtuosismo laddove presente risolto con scioltezza e senza esibizionismi, grandissima varietà dinamica soprattutto dal pianissimo al mezzoforte. Suono sempre pieno e nitido, mai duro o esile. Inoltre grande capacità di dosaggio del colore e delle dinamiche in virtù del rapporto col fortepiano. L'unico limite della Mullova, a mio parere, risiede nella relativa povertà dinamica sul forte: nel senso che quando suona a volume spiegato non dispone della stessa varietà dinamica sfoggiata fino al mezzoforte e quindi se il passaggio da suonare forte è piuttosto lungo il battere sempre su un'unico livello di volume impoverisce l'esecuzione e risulta poco convincente espressivamente (come tutti i limiti).
Il violino ha esordito con un suono piuttosto "sombre" nell'opera 23, ed al termine di questa ha richiesto un lungo intervento di riaccordatura. Nelle successive opera 24 e 47, una volta scaldato, ha sfoggiato il solito suono caldo dei Guarnieri, ma dotato all'acuto di una luminosità molto diversa da quella sfogatissima degli Stradivari, ovvio, ma dal corpo molto singolare e riconoscibile. Un violino che mette ben in mostra le qualità della Mullova.
Buon accordo con Giacometti ma perfettibile, in termine di ensemble (era percepibile qualche scollamento a tratti tra i due, soprattutto ad inizio concerto). Rispetto ad una Mullova quasi perfetta Giacometti sembrava meno caratterizzato, soprattutto la parte pianistica è sembrata un pizzico priva di mordente, in particolare nella op. 47, che è stata privata in parte della stringatezza ritmica che secondo me le giova.
Comunque buona l'esecuzione della Kreutzer (che comunque come sonata non mi fa impazzire soprattutto perché piuttosto anonima melodicamente, ma questo è un problema mio credo), migliore espressivamente ma con qualche scollamento di troppo tra i due l'opera 23 (ma bellissima per humor manifestato dagli interpreti), e travolgente l'esecuzione della "Primavera", che infatti ha destato i maggiori e più convinti applausi, nonostante il secondo movimento io in genere lo preferisca eseguito più lentamente ("Adagio molto espressivo"). Ma in questa sonata i due erano perfettamente in sincrono ed il canto del violino della Mullova era splendido.
Tutto sommato un bel concerto. Sabato vado ad ascoltare il giovane Beethoven quartettistico (opera 18 n.1, 3 e 5) suonato dal Quartetto Hagen. Poi il 23 ed il 25 Febbraio integrale delle sonate e variazioni per piano e violoncello di Beethoven eseguite da Brunello (!!!!) e Lucchesini. Magari vi racconto anche di quelli.