Da marcolino84 Mar Set 20 2016, 14:25
Vorrei innanzitutto ringraziare Andrea per avermi dato l’opportunità di testare questa sua nuova “abarthizzazzione” no-compromise del driver beyer, che da quel che leggo in giro è utilizzato dalla casa tedesca per equipaggiare i suoi tre modelli più noti della penultima generazione, ossi ala DT 880, 990 e 770 rispettivamente semi-chiusa, semi-aperta, chiusa, nelle loro varie versioni con impedenze di 32-250 e 600 ohm. Ho già avuto in precedenza l’occasione di poter ascoltare, seppur fugacemente, la Grado da lui elaborata, presso un appassionato romano da cui ho acquistato una Senn. HD 650. Avendone in quella sede ricavata un’ottima impressione, seppur superficiale ed incerta, mi sono convinto a seguire il suo lavoro, basato su considerazioni fisiche e scelte tecniche certamente valide, quali l’eliminazione pressoché totale di risonanze e vibrazioni indesiderate dei cups che generano nella maggior parte delle cuffie su produzione in larga scala sgradite colorazioni e/o senso di inscatolamento/confusione; principalmente attraverso il trattamento delle camere interne e l’impiego massiccio di materiali “pregevoli” quali l’alluminio. La Monoblock, racchiusa in una valigetta metallica pratica, robusta, munita di serrature a chiave e sufficientemente portabile si presenta subito come una realizzazione notevolissima, dato il peso, la consistenza delle capsule e del cavo di collegamento che, pur non essendo sostituibile, è lungo circa 3 mt, di generosissima sezione, comunque sufficientemente flessibile, corredato di uno spinotto quadripolare che presumo serva per connetterla in Bilanciato. Insieme alla cuffia troviamo a corredo un adattatore da 6.3 mm jack per il collegamento in Sbilanciato, configurazione con la quale l’ho ascoltata. Una prima osservazione che mi sento di fare riguarda l’affidabilità meccanica complessiva della cuffia. Infatti, se da un lato i cups in alluminio tornito ed il cavo danno l’impressione di essere indistruttibili, dall’altra l’archetto con gli snodi originali Beyer risultano inadeguati a sostenere efficacemente il peso del complesso cups+cavo. Nonostante la relativa “giovinezza” la slitta del padiglione sinistro fatica a trattenerlo nella posizione impostata, concedendogli troppo spesso di stazionare in completa estensione. Anche la slitta destra risulta leggermente lasca, e quando la cuffia viene indossata si producono alle volte fastidiosi scricchiolii che mettono in apprensione l’utilizzatore. Mi sento quindi di consigliare al più presto una revisione di questo sistema , per aumentare l’affidabilità e prolungare la durata del prodotto. Ciononostante durante l’uso, una volta calzata la Monoblock rimane saldamente al proprio posto, facendo affidamento più all’appoggio dell’archetto imbottito sulla sommità del capo che alla pressione dello stesso lateralmente. La prova di ascolto è stata condotta con 5 differenti setup:
1) Postazione da letto. Sorgente Cowon X9 con file FLAC C6 rippati da cd, amplificatore portatile con alimentatore esterno American Audio pro.
2) Pc fisso + win 7 ultimate + Foobar 2000 + interfaccia s/pdif-usb 2.0 + DAC Arcam Delta Black Box (tda 1541) + FLAC C6 rippati da cd, alternando come amplificatori cuffie un OTL con 6080, Luxman L10 , Onkyo A5 e Sansui au 217.
Il setup con l’OTL ha dato soddisfacenti risultati timbrici ma ha mostrato dei limiti nel pilotaggio e nelle capacità dinamiche, ed è stato cosi accantonato in favore dello ss, che mi è sembrato più adeguato alle richieste energetiche della Monoblock. Sia amplificata con la postazione da letto che con le altre a rotazione la cuffia ha dato risultati molto simili, riproponendo sostanzialmente in scala gli stessi pregi e difetti. Inizialmente la prova è stata condotta per comparazione, alternando e confrontando la Monoblock con la HD 650, ma poi , viste le distintissime impostazioni e personalità che le contraddistingue questo approccio è stato abbandonato, in quanto mi sono reso conto che non mi avrebbe portato a conclusioni univoche. La HD 650 è quindi stata usata successivamente non in maniera sistematica ma circostanziata per avere su dei passaggi ben precisi di alcuni brani ben conosciuti eventuali conferme o smentite di determinate sensazioni. I risultati sono stati i seguenti:
La pilotabilità è discreta, in linea sostanzialmente con altre top a bassa impedenza, i livelli sono sufficienti anche con piccoli amplificatori portatili ma chiaramente con amplificazioni più sostanziose guadagnano in dinamica, ampiezza del palcoscenico e livello di dettaglio. Il suono che ne è scaturito è stato fondamentalmente di altissimo livello su alcuni parametri, mentre su altri (pochi in verità) la prestazione non è stata entusiasmante. Scendendo nel particolare, il microdettaglio, la micro e macrodinamica, la definizione, il nitore, il “nero” infrastrumentale e la spinta del basso lasciano interdetti per l’elevata qualità dei singoli parametri . L’impostazione è essenzialmente monitor, viene quindi privilegiato un tipo di ascolto che sottende più al cesello chirurgico ed all’analisi critica delle trame sonore nonchè all’esaltazione esasperata dei piccoli dettagli piuttosto che alla restituzione complessiva, d’insieme, del “senso” del brano. L’attenzione dell’ascoltatore è quindi continuamente deviata e rapita dall’entrata in scena dei singoli strumenti, che si stagliano nettamente nello spazio disponibile, piuttosto che sulla compattezza e completezza globale del messaggio musicale. La gamma bassa, violenta, netta, priva di colorazioni o attenuazioni udibili, risulta anche estremamente modulata, e non “sporca” mai le gamme adiacenti. Ciò contribuisce ad elevare le capacità dinamiche, davvero ragguardevoli, e a far emergere i minimi contrasti che determinano cosi una ricostruzione tridimensionale accurata ed estesa, soprattutto in profondità e larghezza, al pari di una cuffia aperta. Deludente la timbrica, che in alcuni momenti ha richiesto una verifica comparata con la HD 650 e con i diffusori. Questo aspetto mi ha lasciato effettivamente perplesso, infatti alcuni strumenti, quali il pianoforte e le chitarre, ma anche le voci, in particolare femminili, risultano spesso troppo esili ed asciutte, eccessivamente assottigliate ed essenziali, parzialmente prive del loro contenuto armonico e decadimento naturale. In alcuni passaggi ho inoltre chiaramente notato che alcuni suoni vengono fortemente enfatizzati e portati “avanti”, mentre altri sono fortemente attenuati o quasi cancellati. Non sono però riuscito a capire se questo comportamento sia dovuto ad una forte non linearità della risposta in frequenza o piuttosto a fenomeni di cancellazione dell’onda su porzioni ristrette di spettro che si generano nella camera anteriore e/o posteriore. Oltre questo aspetto, ho notato in alcune occasioni una certa “lentezza” del driver, come se il “ritmo” non fosse sufficiente, ed una sgradevole sensazione di mancanza di coerenza ed integrazione tra le gamme. In definitiva, allo stato attuale la Monoblock ha molte frecce al suo arco, ma non mi sentirei di definirla una cuffia universale. Gli amanti della musica acustica, jazz e tutti quei generi in cui riveste grande importanza il rigoroso rispetto dei timbri ed il naturale decadimento armonico potrebbero rimanere delusi, mentre la consiglierei vivamente a chi in una cuffia cerca grande dinamica, dettaglio, contrasto, ampiezza della scena e che predilige generi più moderni in cui la prestazione “energetica” ha grande importanza. Le ultime parole vanno spese sulla comodità, isolamento e provenienza della Monoblock. Nonostante l’elevato ingombro e peso, la cuffia, una volta indossata, risulta piuttosto comoda, il peso è ben distribuito, la scarsa pressione sulle orecchie la rende molto adatta ad usi prolungati. L’isolamento dall’ambiente esterno è buono, sufficiente affinché la persona che ci è accanto, non venga disturbata, se non ad alti livelli di ascolto. Pregevole è la fattura; rimuovendo i pads in velluto grigio ci si accorge della sua provenienza artigianale, infatti la corona di materiale poroso che contorna il driver ha una circonferenza irregolare ed il supporto di alluminio su cui questo è alloggiato è incollato alla conchiglia con un collante a prima vista neoprenico che serve presumibilmente a sigillare la camera interna, di cui si colgono piccole sbavature. Tutto ciò per dire che considero queste piccole imperfezioni un valore aggiunto, in quanto, tradendo l’origine artigiana dell’oggetto, aumentano la percezione di essere in possesso di un prodotto esclusivo, frutto della grande passione e competenza di chi vi è dietro. L’ultima cosa su cui pongo l’attenzione è il driver, che non essendo coperto da alcuna spugna in foam o tessuto acustico rischia di riempirsi in breve di polvere, forfora e capelli, rischiando cosi gracchiamenti della membrana.