Eravamo rimasti a quando, sulla
Boheme di Puccini eravamo passati al Wadia, trovando un altro suono rispetto a quanto avevamo sentito precedentemente. Ora vi parlerò dei dischi e delle impressioni che ho avuto del suono dell'impianto di Matley che attrezzato con una buona sorgente - ma soprattutto ben scelta - e magari con qualche virgola di ritocco del posizionamento dei praventi RPG che si ritrova (Matley, la prossima volte che ti vengo a trovare gioco un pò con i paraventi...
... e fu così che Pazzopp non fu mai più invitato a casa di Matley
), diventa un bel suono, in alcuni parametri veramente sorprendente.
Appare chiaro che la gamma bassa di questo sistema è virtualmente onnipotente. I timpani dell'orchestra godono di una collocazione nello spazio virtuale della scena acustica preciso, molto ben dislocato in profondità, e non invadono mai né le frequenze limitrofe né gli strumenti limitrofi. Non coprono nulla, insomma, del restante messaggio sonoro. Potenti, però, rocciosi, ma anche morbidi, musicali. La dinamica è potente, ma non esibita, non ad effetto: c'è quello che ci deve essere. Inoltre colpisce il respiro della gamma bassa, perché questi timpani fanno risuonare del loro suono tutto l'ambiente che li circonda - nella buca dove sta suonando l'orchestra - ma con una naturalezza veramente convincente. Inoltre il suono è pieno, del giusto colore, veloce, senza una sbavatura, ma pieno e sonoro, Spesso per ottenere velocità in Hi-Fi si sacrifica il timbro (schiarendolo) o si gioca sui tembi di rilascio del segnale,ottenendo un suono secco, che nella musica non amplificata dà molta noia. Qui torna tutto, ed appare subito chiaro che a bassa potenza e con le valvole questo connubio di potenza, controllo, velocità, pienezza, semplicemente non è perseguibile. Punto.
Quello che vi ho detto dei timpani vale per tutta la gamma bassa di questo impianto attrezzato col Wadia6, anche coi generi moderni e coi generi classici. Va detta però obiettivamente una cosa: l'ambiente ci mette lo zampino perché il basso è - rispetto al resto gamma - enfatizzato di vari decibel. Ma le virtù del sistema di Matley, ma anche le virtù del trattamento RPG credo - fanno sì che questa accentuazione col jazz e con il rock passi quasi completamente inosservata. Questo perché è tale la pulizia, il nitore, il controllo di questo basso, ma vorrei dire anche l'articolazione e la varietà di timbro (questo basso non è mai, mai monocorde), che spesso pur avvertendone la potenza e la perentorietà ed anche l'enfasi - timbricamente parlando - tutto questo non sembra fare danno al resto del suono, soprattutto con il rock ed il jazz, che qui sono godibilissimi per la completezza, la lucidità ed il nitore del basso. E l'accenbtuazione di questa gamma, ripeto, grazie al notevole controllo ed alla pulizia, non dà noia. Anzi, la sensazione che il suono non incontri limiti dinamici in questa gamma è, con questi generi, veramente tranquillizzante, e sorprendersi a battere il ritmo con il piede è a volte inevitabile. L'effetto live è notevole, ma di molti concerti live rock o jazz manca - fortunatamente - in questo basso del tutto la pacchianeria, la lunghezza, la mancanza di controllo, la melma che spesso ci infliggono i tecnici del suono in molti concerti.
Ma anche con la grande orchestra tardottocentesca (Mahler e Wagner immagino, così come per il Puccini operistico che ho sentito)il basso coinvolge e convince e la sua enfasi passa del tutto o quasi del tutto inosservata.
Ripeto: ottenere questo effetto e questo risultato in basso con sistemi di bassa potenza, magari a valvole, credo sia proprio impensabile. Il resto sono chiacchiere. Si può rinunciare ad un basso così ed averne comunque uno meno onnipotente ma comunque convincente, soprattutto con la musica classica della prima metà dell'ottocento o precedente? Si, senza dubbio, ma per avere questo basso la strada è questa: SS, alta potenza, diffusori di un certo litraggio e con certi altoparlanti. Punto.
Dov'è che si paga dazio all'ambiente, secondo me, con questa gamma bassa? Con il pianoforte non amplificato della musica classica e con le voci gravi liriche, ad esempio. Perché in questi frangenti l'enfatizzazione del basso che questo ambiente comporta infastidisce, perché si percepisce come mancanza di linearità.
Tra i tanti dischi, ad esempio, che girano sul platorello del Wadia, ci passa anche il secondo movimento
Largo e mesto della sonata terza opera 10 di Beethoven. Registrazione Philips antica, del 1964, di uno splendido Claudio Arrau. Qui l'incanto si rompe - perché a tratti di incanto si parla nella soprprendente gamma media di questo sistema di cui più avanti vi parlerò - perché quando la mano sinistra di Arrau scende via via verso la parte più grave della tastiera si percepisce chiaramente il gradino di volume che ad un certo punto interviene e rende la gamma bassa del piano troppo più intensa come volume del resto della tastiera, con un effetto spiacevole, perché del tutto alieno, impossibile, in ogni ascolto dal vivo di questo strumento. Viene un pizzico anche incrinata l'integrità timbrica di questo strumento in questo modo, perché un pizzico dell'enfasi del basso scurisce anche un pò troppo la zona in cui si fonde al medio, e quindi questo pianoforte a seconda dei tasti che suonano tende a cambiare un pò troppo timbro, e perde di coerenza e continuità. E quindi di verosimiglianza. Qui si percepisce però bene il gioco dinamico verso i piani ed i pianissimi dell'accoppiata Wadia6+sistema HI-Fi e ambiente di Matley e l'esito è decisamente soddisfacente, anzi a tratti trasecolo.... ma ve ne parlo quando vi parlerò del medio di questo sistema.
Un altro disco in cui si percepisce il gradino di rendimento che favorisce in questo ambiente il basso rispetto al medio e
Sibilar gl'angui d'aletto dal
Rinaldo di Handel, basso Ildebrando D'arcangelo, orchestra Modo Antiquo diretta da Federico Maria Sardelli, splendida registrazione DG. Qui tutto potrebbe funzionare, anche perché grazie il medio c'è anche una certa grazia nell'insieme, ma è chiaro che il peso dato all'orchestra barocca in gamma grave è una invenzione di questo sistema ambiente+impianto. Questo non infastidirebbe più di tanto, ma il problema è che questa enfasi del grave inquina, come dicevo, la zona dove il basso si congiunge al medio, il mediobasso appunto, e la voce di D'arcangelo è un pò ingolfata, meno nitida del dovuto e questo si percepisce chiaramente perché essendo questa un'aria di virtuosismo barocco si fa molto fatica a percepire con nitore le agilità del cantante in basso ed al centro, perché il colore è un pò scuretto, manca un pizzico di timbro, di nitore, di velocità. In una parola, di naturalezza e di godibilità. Con questo brano non riesco a dimenticare di star sentendo un impianto di riproduzione. SE fosse un appasionato di musica lirica barocca e di piano come me, capite, anche Matley non potrebbe essere contento del suo impianto e quello che questo strepitoso basso dà alla musica jazz o rock nonostante l'enfasi ambientale non riuscirebbe a far pari con quello che nella sua musica si perderebbe. Ma Matley non è come me un monomaniaco dell'opea barocca e del pianoforte solo classico (per non parlare del fortepiano e del clavicembalo) quindi quello che per me è un meno, per lui diventa un più. Nè io né lui abbiamo ragione o torto. Ha torto qualcuno perché preferisce le more alle bionde?
Voi che siete appasionati delle gare, adesso avrete un pizzico di soddisfazione.
Concludo questa sezione dedicata al basso dell'impianto di Matley con un commento dell'ascolto del disco - molto poco audiophile, del brano
Baba o' Riley da
Who's next degli Who, appunto. Edizione in CD del 1995. Conosco questo brano bene sul mio impianto (la mia metà "testa" i miei impianti con questo disco) ed ho modo ora di ascoltarlo sull'impianto di Matley. Suona meglio l'impianto di Matley questo disco, vorrete sapere, o il mio impianto?
Vi piacerebbe saperlo, vero? La curiosità uccide.... ma ve lo voglio dire. Anche per dimostrarvi di non sentire la necessità di mentire a me e a voi, di non sentire la necessità di difendere nulla.
L'unico punto in cui vince il mio impianto nei riguardi di quello di Matley con questo disco è nella rirpoduzione magica della chitarra elettrica e delle voci, talmente tonde, definite e luminose da far sentire con precisione il suono tipico di quegli anni delle registrazioni di quegli strumenti. Ma la sensazione complessiva del suono è quella di ascoltare questo concerto un pò da lontano, mentre con l'impianto di Matley ci siamo dentro e certo ne siamo molto più coinvolti. Secondo me, aldilà di molte cervellotiche razionalizzazioni ed aldilà dei pregi e dei difetti di basso, medio ed alto, pur con un pò di nostalgia per il suono delle chitarre elettriche e per l'analisi, migliore nel mio impianto, a me sembra che non ci sia match, nel senso che vince l'impianto di Matley.
Tornando a casa, però, la mia metà mi dice che, in fondo in fondo, preferisce il suono delle chitarre elettriche e l'analisi del mio impianto a quello di Matley, in questo brano. Chi sono io per contraddirlo?
(vado a magnà)