diffonde sulla terra la sua dolce luce argentea,
le ostriche dai fondali marini salgono in superficie
ed aprono le valve lasciandosi cullare dalle onde del mare.
All'interno delle valve i raggi lunari in un atto d'amore,
si fondono con le gocce di rugiada notturna dando origine
alle perle…"
DEEP PURPLE : MADE IN JAPAN - 1972
Il leggendario triumvirato Hard della musica britannica, dopo i LED ZEPPELIn ed i BLACK SABBATH, trova il suo degno compimento con il glorioso nome dei DEEP PURPLE.La Storia dei Purple e' travagliata fin dall'inizio quando erano solo uno dei tanti gruppi che cercava di affermarsi sul palcoscenico della musica Rock, ed e' travagliata pure dopo, durante il periodo aureo del Mark II; vicissitudini, antipatie reciproche, formazione iniziale non azzeccata e altre cose hanno fatto si' che il marchio Purple abbia stentato un po' inizialmente a farsi largo.Iniziarono la loro avventura con il Mark I, ed in formazione vi era RITCHIE BLACKMORE, JON LORD, IAN PAICE, oltre agli sconosciuti NICK SIMPER e ROD EVANS, e si dibatterono in una musica incerta e banale di stampo beat ed una timidissima psichedelia, attraverso album come SHADES OF DEEP PURPLE, BOOK OF TALYESIN, e DEEP PURPLE.Il cambio di passo fu' impetuoso con l'abbandono del duo Simper/Evans al cui posto entrarono IAN GILLAN e ROGER GLOVER, e fin da subito si notarono gli effetti benefici di questo cambio..... ....IN ROCK e' una pietra miliare del suono duro, e FIREBALL del 71 ne fa' degno contraltare per proseguire poi con il celebrato MACHINE HEAD ed infine ultimo lavoro del Mark II WHO DO WE THINK WE ARE.Tutti dischi ottimi in alcuni casi e stratosferici in altri casi.I Purple, a differenza di band "Dure" con cui dovevano rivaleggiare all'epoca, non avevano la poliedricita' dei Led Zeppelin che affondava le proprie radici nel Folk e nel Blues, e nemmeno la vena scura e rozza dei Sabbath autentici precursori del fenomeno Heavy Metal, i DP erano invece il piu' classico e sinfonico gruppo di Hard Rock del periodo.L'energia principale che ottimizzava il motore del gruppo era una coscente carica autodistruttiva, nel senso che mentre invece altri gruppi erano piu' o meno armoniosi a livello umano e personale, la vita all'interno dei Purple era un continuo camminare sul filo del rasoio.... celebri le lotti intestine fra Blackmore e Gillan che mai si sono sopportati! Proprio questa voglia di primeggiare e non solo artisticamente ma anche psicologicamente e fisicamente metteva in moto uno strano meccanismo di rivalita' il cui fine era quello appunto di andare oltre, almeno un metro piu' in la' del diretto concorrente. Questa smania perversa si traduceva sul pentagramma porpora attraverso opere cariche di raffinata rabbia ed avversione, strumenti che duellavano contro tonalita' vocali alfine di raggiungere le note piu' potenti ed evocative al tempo stesso, e tutto questo naturalmente si rifletteva nei concerti dal vivo, dove il semplice brano di 3/4 minuti diveniva il pretesto per avventurose e bellissime cavalcate di decine di minuti nella loro folle e sconsiderata smania di superarsi fra i vari componenti del gruppo.Questo loro vivere in bilico fra l'odio piu' atroce e lo scioglimento ha portato il gruppo ha scrivere epocali pagine metalliche in cui gli strumenti intereagivano fra loro dandosi il cambio in autentiche jam molto espressive e mai fini a se stesse in magniloquenti esercizi stilistici vanitosi, giustamente pero' per creare certe improvvisazioni fiume il gruppo doveva essere composto da personalita' artistiche virtuose, gente che conoscessero tutti i segreti del proprio strumento attraverso le piu' nascoste sfumature; Ian Gillan, un cantante dalla voce potentissima capace di raggiungere note quasi degne di un soprano, riuscendo altresi' a mantenere in questo suo sforzo fisico tutta la carica rabbiosa ed emozionale di cui era dotato senza perdere un niente in limpidezza e pulizia.Roger Glover un oscuro (come da norma) bassista, ma potente e preciso, sempre capace a districarsi e supportare gli svariati cambi di tempo e melodici che il gruppo suggeriva in quelle storiche avventure improvvisative.Jon Lord, uno dei primi "violentatori" di uno strumento a tastiera insieme al gia' rinomato KEITH EMERSON, estremizzazione dello strumento, ma pure delicatezza classica e disciplinata, in poche parole eleganza e violenza perfettamente in simbiosi fra loro.Ian Paice, tecnica sublime, precisione, senso ritmico camaleontico, capace di spaziare oltre i territori hard, senza mai perdere una battuta in tutta quella turbinosa torrenzialita' che da sempre sono stati i concerti dal vivo del gruppo......e naturalmente Sua Maesta' Ritchie "the man in black" Blackmore, uno dei piu' grandi bastardi che abbia calcato il sentiero del rock! Bruttissimo carattere, bizzoso e lunatico, capace di sorprenderti negativamente proprio quando meno te lo aspetti specie in esecuzioni concertistiche, e pure scarso senso dell'umorismo.........ma vederlo in azione, e sentirlo suonare era un po' come il dischiudersi delle porte del paradiso. Tecnica raffinata, eleganza di esecuzione sublime, gusto melodico denso di anima, autentico creatore di riffs storici e parti solististiche sbalorditive.Il suo stile attingeva a piene mani da Hendrix e dalla musica classica, ma lui e' riuscito a dosare tutti questi prelibati sapori attraverso un alchimia personalissima che ha fatto scuola nella musica e ancor di piu' nello strumento chitarra; uno dei primi tra l'altro, a fare uso pure del dito mignolo sulla tastiera durante gli assoli, ed un uso sapiente del vibrato.Praticamente uno dei primi 5 assoluti geni dello strumento di sempre.La storia del Mark II vive attraverso gli album sopracitati, ed in particolare attraverso canzoni storiche come Black Night, Highway Star, Speed King, Child in Time, Smoke on the Water, Lazy, Strange kind of woman e tantissime altre, la storia del Mark III invece prende spunto dalla dipartita Glover/Gillan e dalla sostituzione di questi con il due DAVID COVERDALE alla voce che indirizzo' il gruppo verso lidi blues, e GLENN HUGHES, sovrannaturale vocalist ed ottimo bassista, che porto' nei Purple le sue influenze funky.
Anyway..
HIGHWAY STAR (6.43): batteria che prende forma e coraggio sempre piu' forsennatamente e Gillan con voce strozzata inizia il suo gran ballo a base di vocalizzi fra l'ironico ed il sardonico.La band gira pieni giri, Paice e' potente, Lord rinforza la melodia con contrappunti tasteristici, Glover e' pulsante e Blackmore se ne sta' zitto zitto in maniera sorniona fino a che non spicca il volo con un assolo velocissimo e fra i piu' belli e drammatici da lui partoriti.Autentica pietra miliare Highway, mai piu' suonata a questi livelli in versione live, tanto che i Purple attraverso questa canzone erigono un autentico muro dalle fondamenta e pareti compattissime.
CHILD IN TIME (12.18):liturgiche tastiere introducono il pubblico in un atmosfera rarefatta e minimalista, si respira l'evento........ Gillan e' un sussulto, bisbiglia, ed innalza la voce in frenetici vocalizzi dai toni altissimi; Child in time e' una preghiere nel tempo, un inno sofferto che abbraccia le membra di chi ascolta coinvolgendolo e affaticandolo per tanta drammatica intensita'.Vocalizzi senza parole di Gillan innalzano la canzone verso un ritmo marziale di percussioni, sempre piu' intenso e sempre piu' estenuante, finche' Blackmore si distende attraverso un solismo classicheggiante ove rimembrano i suoi padri putativi di tanti pomeriggi adolescianziali trascorsi ad ascoltare musica classica; lirismo spaventoso per maestosita' esecutiva.Dopo che questo universo se va' in frantumi difronte a tanta esplosiva carica orgasmica, tutto si placa..........e' Lord che riprende in mano le redini del gioco, ri-proiettandoci in quella sua personale melodia delicata.Capolavoro da divulgare nei secoli.
SMOKE ON THE WATER (7.37): il riff per eccellenza del rock, il riff che pure i sassi conoscono, semplicemente Smoke on the Water!!!!!!!!Il riff sopracitato in questa versione giapponese subira' un cambiamento melodico che mai piu' dal vivo verra' ripetuto......peccato.Descrivere questa canzone e' inutile in quanto l'unica cosa di cui non ha bisogno questa perla e' proprio di una descrizione.....Colpisce comunque il suo modo sempreverde di suonare per niente scalfito dai suoi 6 lustri e passa di eta'. E' una versione dal vivo grintosissima questa, piena di feedback ed amplificatori generanti sibili improvvisi per tanta potenza, il gruppo la rielabora andando a memoria ed in completa simbiosi armoniosa. Epocale.
THE MULE (9.28): il tutto ha inizio con un diluvio a base di watt, con Blackmore e Lord che rielaborano eseguendo insieme, in perfetta coralita' la stessa melodia, mentre Gillan si produce in un cantatto con reminescenze beat, ma e' solo un attimo tutto questo perche' di li a poco prende forma la vera natura di questa canzone.......ossia' un pretesto, una scusa, per dare spazio e sfogo alla vena percussionistica di Paice in cui elabora e rielabora, vari tempi ritmici, stili ed esercitazioni percussionistiche, tempi che cambiano fra rullate fragorose di piatti, tom inferociti che si surriscaldano difronte a tanto sentore e charleston che si improvvisano e vanno oltre la loro natura, pilotati da quel furetto occhialuto solo apparentemente mite.
STRANGE KIND OF WOMAN (9.52):strofa allegra, baldanzosa e vispa in cui il gruppo abbandona per un momento le proprie rigorose sacralita' classiche; Gillan pare quasi si diverta a canticchiare questo atipico brano Hard, mentre invece subito dopo nel momento in cui anticipa di poco la parte solistica, il gruppo cambia registro proiettandosi verso panorami sonori obliqui e psichedelici, solo un momento dicevo, il tempo necessario a far sfogare l'eterna rabbia di Ritchie attraverso il suo svisare veloce, che il brano si rende celebre per una di quelle famose performance a base di odioso antagonisimo alfine di superarsi, di avere la meglio l'uno sull'altro......ossia Blackmore contro Gillan, voce che sfida la chitarra a rielaborare i suoni melodici, chitarra che subito dopo sfida la voce al raggiungimento di note piu' acute.........un duello che non ha ne vinti ne vincitori, perche' e' la canzona l'unica a vincere e beneficiare di cosi' tanto sviscerato e selvaggio virtuosismo improvvisativo.
LAZY (10.27): sintetizzatori cosmici gettano un occhiata verso un certo distorto rumorismo sperimentale, Lord che sodomizza, maltratta il proprio strumento, scava fra le tastiere strappandone fuori note contorte e urlanti di selvaggia incoscenza musicale.La canzone cambia pelle, e' il turno di Blackmore di dar voce al proprio strumento, proiettando il tutto attraverso un riff fra i piu' azzeccati, e pilotando il gruppo verso una linea melodica di classic-hard rock; come una staffetta e' nuovamente il turno di Lord, e qui l'Hammond C-3 e' totalmente in fiamme, solo dopo 6 minuti, si ha notizia di Gillan, e come al solito e' magistrale riuscendo a dosare espressivita' al brano e personalizzandolo a proprio piacimento.
SPACE TRUCKIN' (19.53): autentica maratona sonora. Dal vivo i Purple amavano iniziare lunghe prove in tono dimesso, quasi timido, pure qui tutto e' affidato alla sapienza di Lord che disegna trame quasi di sottofondo; poco dopo la canzone esplode in tutto il suo potenziale.Gillan che, grida, le corde vocali sembrano foderate d'acciaio, e' un grido di rabbia e ribellione, un invito o una sfida a far si che quell'antipatico di Blackmore si faccia avanti!Naturalmente l'uomo in nero non e' tipo da lasciarsi suggestionare, si fa' avanti, eccome se si fa' avanti......Dopo 6/7 minuti dal suo inizio la canzone lascia spazio a Lord e alle proprie elucubrazioni sinfoniche, attraverso un lunga parentesi di spessore classicheggiante/sperimentale; la canzone ormai ha perso i propri connotati di partenza, e' un fiume in piena, potrebbe proseguire per delle ore, fino a che la voglia, e la vena improvvisativa e' viva, fino allo sfinimento fisico dei 5 attori sul palco, con Blackmore che si diletta con il "rientro" del feedback e con Paice che sussulta senza fermarsi mai........Musica dal vivo mai uguale a se stessa come si usava fare un po' di tempo fa' senza risparmiarsi e che nasce e rinasce piu' volte dalle proprie ceneri.
BLACK NIGHT (6.17): questo brano e' un hard rock'n' roller, ha i caratteristici crismi duri, ma al contempo e' infarcito da un disempegno melodioso scanzonato per niente serioso come certe sonorita dure impongono. Gillan si districa subito attraverso un cantato quasi fanciullesco e solare, cadenzato da ritmo gioioso, chi non ride mai e' come al solito Blackmore che fa' sibilare la sua strato color panna con autentici giochetti domati sapientemente dall'uso del tremolo, Lord invece impreziosisce questi momenti con la sua rigorosa gravita' quasi fosse un dotto e vetusto studioso universiatario.
SPEED KING (7.25): e' la canzone fra le piu' violente dell'intero catalogo Purple. Un inno ultra forsennato alla distorsione, canzone che fara' da battistrada al futuro genere Speed, proprio appunto per le tematiche veloci ai confini del cardiopalma.Salvo che in questa versione dal vivo, il tutto non e' contraddistinto dall'immane violenza e velocita', come era loro solito fare i Purple stravolgono la canzone, portandola la dove suggerisce la vena e l'istinto dell'artista/musicista di razza......qui il duello ha per protagonisti prima Lord e Gillan a chi arriva piu' lontano, poi a Lord si sostituisce Blackmore con Gillan sempre nel mezzo armato solo di corde vocali, e per ultimo e' una resa dei conti fra Blackmore/ Lord, una divertente sfida nella sida che dimostra ancora se ce ne fosse bisogno l'interscambilita' di ruoli fra un manipolo di virtuosi. Il brano sfuma nella parte finale con le medesime melodie iniziali.
LUCILLE (8.03): atmosfera di attesa per la parte iniziale del brano ad appannaggio dell'Organo di Lord, sembra un momento introspettivo, in cui il gruppo si guarda intorno sul da farsi, ognuno non va' sopra le righe ma a modo suo disegna personali linee melodiche, finche' timidamente la chitarra suggerisce un motivo, in cui viene subito supportato dalle tastiere...... sembra nasca tutto cosi' per caso, ma spontaneamente il brano prende forme attraverso un cadenzato giro boogie vecchia maniera.
Gillan da provetto rocker anni 50 si dimostra valido nel calarsi fin da subito in quel vecchio universo musicale, il resto del gruppo non e' da meno, salvo che negli anni 50 non esisteva in nessuna band una sezione ritmica cosi' pesante e potente da trasformare un semplice giro boogie in un boogie ad altissimo voltaggio.
Degna conclusione per uno dei piu' grandi dischi dal vivo di tutti i tempi, e per il piu' grande in assoluto disco di hard rock.
Buon ascolto,
liz