Pazzoperilpianoforte ha scritto:Anche Gould negli anni '80 ha eseguito un Bach tastieristico grottescamente privo di ogni ritornello, come se negli anni '80 la filologia ancora non esistesse. Evidentemente la sua formazione si era fermata agli anni '50. Probabilmente anche Karajan era nella stessa posizione intellettuale.
Riguardo ai nostri giorni, pensala anche così: non siamo in epoca di nuovi grandi interpreti - ad esempio - di Beethoven o Brahms (anche se il Beethoven tastieristico di Schiff è nuovo e prezioso), ma di grandi interpreti di Handel e Vivaldi. Repertorio in cui Christie, Dantone, Rousset, Curtis, Egarr, ecc. ecc. stanno scrivendo pagine notevolissime e di rilievo assoluto.
Ogni epoca ha i suoi miti, i suoi autori, i suoi meriti.
Chiedo scusa a tutti per l'OT, ma quando capita di discorrere di queste cose occorr approfittarne....
... ritornando all'argomento: a me invece non è mai capitato di scappare da teatro, ma mi è spesso capitato di scappare dagli impianti malsuonanti!!!!!!!
Perché un Mahler diretto da Rattle non è un grande momento? o un Wagner da Jansons o da Thielemann? Un Glinka da Gergiev? Secondo alcuni forse non ancora ai livelli "emozionali" e quasi mitici di un Mahler diretto da Klemperer o di un Wagner diretto da Mengelberg (Hatink/Jochum/Sawallisch) ... o di un Kleiber alle prese con Strauss o con Schubert o con Beethoven o .... ma i tempi non sono gli stessi e di evoluzione (per molti involuzione) ne abbiamo vissuta per cui ricercare in una interpretazione di oggi le stesse sensazioni di quelle di ieri, a mio avviso è un percorso che può ( e forse deve) passare per altra strada.
Pur amando i grandi del passato, credo che il tempo abbia lasciato un alone di luce, una patina di nostalgia che possono, a volte, un po' influenzare la mente.
Pietro