Audiofilia
Con il termine Audiofilia si intende la materia che studia il miglioramento della musica riprodotta da apparecchiature elettroniche in ambiente domestico, da parte di un appassionato audiofilo. La sorgente del suono può essere il disco in vinile, un Compact disc, nastro magnetico o un file audio.
Da: Wikipedia, sul termine "audiofilia"
Questa definizione è fondamentale, ma molti di coloro che trattano e scrivono di alta fedeltà su internet sembra che se la siano dimenticata. O forse non sono mai venuti a conoscenza dei moventi reali che dovrebbero giustificare la loro stessa esistenza. Naturalmente non è sufficiente avere l'amplificatore o la cuffia più costosi per definirsi audiofili, è una cosa per la quale non bastano i soldi, come in tutte le discipline che si rispettino. Forse il termine disciplina può sembrare eccessivo per una materia all'apparenza così futile come può esserlo l'audiofilia, ma è chiaro che non può esistere alcuna forma di espressione, neanche un semplice hobby, senza regole ben precise.
Leggendo bene la definizione di Wikipedia si possono scoprire alcune di queste regole; può essere utile rivederle un attimo insieme.
Con Audiofilia si intende la materia che studia il miglioramento
L'inizio di questa frase mi piace molto, perchè fa capire che tale materia è tuttora cosa viva: il miglioramento di cui si tratta evidentemente è ancora in corso, non si è raggiunta la perfezione e ancora si deve lavorare per questo. Alla faccia di coloro che invece pensano che si sia già detto tutto e amen.
che studia il miglioramento della musica riprodotta
Questa è la prima regola, tenetela bene a mente. La differenza la fa il termine riprodotta. Senza quel termine non solo cambierebbe il senso della frase (si parlerebbe di musica e musicisti) ma verrebbe a mancare l'essenza stessa della materia, che è la riproduzione sonora. Può apparire banale, ma è chiaro che non è sufficiente essere dei musicisti o dei grandi frequentatori di sale da concerto per capirne di audio e riproduzione sonora. Anzi, la parola musica non doveva neanche essere usata, perchè l'obiettivo è quello del miglioramento della riproduzione di un evento sonoro, qualunque esso sia. Per questo l'alta fedeltà è compatibile con il cinema, ad esempio.
che studia il miglioramento della musica riprodotta da apparecchiature elettroniche
Qui si entra nello specifico, diciamo che si indicano gli strumenti utilizzati dall'audiofilo. Non si tratta però di strumenti musicali ma di apparecchiature elettroniche, che evidentemente l'audiofilo deve ben conoscere. Amplificatori, lettori cd, convertitori, e tutto il resto che viene utilizzato per la riproduzione sonora in un ambito ben delineato e cioè
in ambiente domestico.
E questa è la terza regola, secondo me quella che caratterizza di più tutta la materia. Con questa regola si tengono fuori il professionale (ivi compresa la cosiddetta "alta efficienza" e tutte le limitazioni legate al suo uso), i portatili (quindi niente riproduttori come iPod, iPad, iCazz e tutte le varianti del caso, inclusi ovviamente i cellulari e le cuffiette da passeggio), gli ambienti ostili ad una riproduzione audio di qualità (treni, aerei, metropolitane, cantieri, automobili e autobus) e in generale tutto ciò che possa sovrapporsi alla naturale emissione sonora e alla sua ottimale fruizione. E' la regola più "aristocratica" dell'audiofilo, ma è anche quella che va difesa con più fermezza se si vuole dare un senso a tutta la materia. Il che non vuol dire che non si possa continuare ad ascoltare musica in automobile, ad esempio. Solo che tale tipo di ascolto non può essere considerato "hi-fi" per via delle notevoli limitazioni a cui è soggetto.
Se la definizione si fermasse a questo punto, avrebbe reso un buon servizio alla causa dell'audiofilia. Invece nelle righe successive compare un po' di confusione, quella stessa confusione che regna sovrana da troppi anni, e che complica le cose anche a chi è già esperto in materia.
Si legge infatti:
Lo scopo dell'audiofilo è l'ottenimento in riproduzione, di un suono quanto più reale possibile, attraverso la combinazione di vari apparecchi...
Fin qui, è perfettamente condivisibile ed è proprio l'obiettivo primario: la riproduzione il più possibile fedele di un evento sonoro. Notate nella frase precedente l'uso della parola "suono", mentre prima la definizione parlava di "musica". La mano è diversa, oppure è l'effetto della confusione in atto. Inoltre il termine "suono" da solo non vuol dire assolutamente nulla, in quanto un suono può essere qualunque cosa, per sua natura non facilmente identificabile. Se l'audiofilo non può identificare un suono, non può nemmeno capire se l'impianto che lo riproduce è fedele o meno, e quindi occorre che il suono sia inserito quantomeno in un contesto ben preciso e riconoscibile, ad esempio un evento dal vivo, come un mercato all'aperto caratterizzato dai rumori tipici di persone che parlano, rumori di oggetti, ecc.
...secondo criteri prettamente acustici ed empirici.
Nel suo insieme questa precisazione rappresenta un'ovvietà e una falsità. E' ovvio che l'audiofilo abbia a che fare con eventi acustici, visto che utilizza le sue orecchie per giudicare la qualità della riproduzione, ma limitare all'empirico le sue possibilità sembra proprio una forzatura, i motivi della quale diventano chiari proseguendo nella lettura della definizione data da Wikipedia:
Anche i cavi che collegano le varie apparecchiature sono considerati elementi che possono modificare le caratteristiche del suono, alla pari degli altri componenti della catena.
In questa frase ci sono almeno tre cose che non vanno. Innanzitutto, l'utilizzo - ancora - della parola "suono" che usata in questo modo è assolutamente priva di senso. Il suono di cosa? Si induce il lettore a credere che i cavi possano avere un loro suono, e che ce l'abbiano anche le varie apparecchiature elettroniche utilizzate, suono che i cavi contribuirebbero a modificare. E' in tutta questa giungla di suoni più o meno controllabili che si dovrebbe collocare l'empirismo dell'audiofilo di cui parlava prima l'autore? Se tutto ha un suono, compresi i cavi, allora chi stabilisce qual è il suono giusto? Utilizzate il metodo empirico, please. Non è un granchè come regola, perchè in questo modo tutti possono dire tutto e il contrario di tutto, e l'audiofilia, "materia che studia ecc." va a farsi benedire.
Poi si mettono sullo stesso piano i cavetti e le elettroniche nella loro capacità di modificare la riproduzione. Ovviamente ciò è sbagliato. E' come se un appassionato di auto parlasse dei bulloni delle ruote dicendo che "contribuiscono alla tenuta di strada alla pari degli altri elementi dell'automobile". E' ovvio che i bulloni sono necessari ma, una volta che si sia appurato che essi sono robusti a sufficienza, non contribuiscono affatto alla guidabilità di un'autovettura, che siano fatti di acciaio o di oro puro conta poco. In un collegamento audio si hanno dei parametri elettrici ben definiti i quali devono essere rispettati, e il cavo serve proprio a questo: a trasferire segnali elettrici senza alterarli. Se l'utilizzo di un cavo fosse così critico da essere determinante, pensate a quanto sarebbe rischioso l'utilizzo di un'automobile se i bulloni delle ruote o del motore fossero altrettanto critici.
E' questa differenza fondamentale che rende l'appassionato di automobili una persona credibile, e invece l'audiofilo una persona da prendere in giro. Se anche su Wikipedia leggiamo simili sciocchezze, e nessun vero audiofilo le corregge, vuol dire che non c'è più speranza.
Con il termine Audiofilia si intende la materia che studia il miglioramento della musica riprodotta da apparecchiature elettroniche in ambiente domestico, da parte di un appassionato audiofilo. La sorgente del suono può essere il disco in vinile, un Compact disc, nastro magnetico o un file audio.
Da: Wikipedia, sul termine "audiofilia"
Questa definizione è fondamentale, ma molti di coloro che trattano e scrivono di alta fedeltà su internet sembra che se la siano dimenticata. O forse non sono mai venuti a conoscenza dei moventi reali che dovrebbero giustificare la loro stessa esistenza. Naturalmente non è sufficiente avere l'amplificatore o la cuffia più costosi per definirsi audiofili, è una cosa per la quale non bastano i soldi, come in tutte le discipline che si rispettino. Forse il termine disciplina può sembrare eccessivo per una materia all'apparenza così futile come può esserlo l'audiofilia, ma è chiaro che non può esistere alcuna forma di espressione, neanche un semplice hobby, senza regole ben precise.
Leggendo bene la definizione di Wikipedia si possono scoprire alcune di queste regole; può essere utile rivederle un attimo insieme.
Con Audiofilia si intende la materia che studia il miglioramento
L'inizio di questa frase mi piace molto, perchè fa capire che tale materia è tuttora cosa viva: il miglioramento di cui si tratta evidentemente è ancora in corso, non si è raggiunta la perfezione e ancora si deve lavorare per questo. Alla faccia di coloro che invece pensano che si sia già detto tutto e amen.
che studia il miglioramento della musica riprodotta
Questa è la prima regola, tenetela bene a mente. La differenza la fa il termine riprodotta. Senza quel termine non solo cambierebbe il senso della frase (si parlerebbe di musica e musicisti) ma verrebbe a mancare l'essenza stessa della materia, che è la riproduzione sonora. Può apparire banale, ma è chiaro che non è sufficiente essere dei musicisti o dei grandi frequentatori di sale da concerto per capirne di audio e riproduzione sonora. Anzi, la parola musica non doveva neanche essere usata, perchè l'obiettivo è quello del miglioramento della riproduzione di un evento sonoro, qualunque esso sia. Per questo l'alta fedeltà è compatibile con il cinema, ad esempio.
che studia il miglioramento della musica riprodotta da apparecchiature elettroniche
Qui si entra nello specifico, diciamo che si indicano gli strumenti utilizzati dall'audiofilo. Non si tratta però di strumenti musicali ma di apparecchiature elettroniche, che evidentemente l'audiofilo deve ben conoscere. Amplificatori, lettori cd, convertitori, e tutto il resto che viene utilizzato per la riproduzione sonora in un ambito ben delineato e cioè
in ambiente domestico.
E questa è la terza regola, secondo me quella che caratterizza di più tutta la materia. Con questa regola si tengono fuori il professionale (ivi compresa la cosiddetta "alta efficienza" e tutte le limitazioni legate al suo uso), i portatili (quindi niente riproduttori come iPod, iPad, iCazz e tutte le varianti del caso, inclusi ovviamente i cellulari e le cuffiette da passeggio), gli ambienti ostili ad una riproduzione audio di qualità (treni, aerei, metropolitane, cantieri, automobili e autobus) e in generale tutto ciò che possa sovrapporsi alla naturale emissione sonora e alla sua ottimale fruizione. E' la regola più "aristocratica" dell'audiofilo, ma è anche quella che va difesa con più fermezza se si vuole dare un senso a tutta la materia. Il che non vuol dire che non si possa continuare ad ascoltare musica in automobile, ad esempio. Solo che tale tipo di ascolto non può essere considerato "hi-fi" per via delle notevoli limitazioni a cui è soggetto.
Se la definizione si fermasse a questo punto, avrebbe reso un buon servizio alla causa dell'audiofilia. Invece nelle righe successive compare un po' di confusione, quella stessa confusione che regna sovrana da troppi anni, e che complica le cose anche a chi è già esperto in materia.
Si legge infatti:
Lo scopo dell'audiofilo è l'ottenimento in riproduzione, di un suono quanto più reale possibile, attraverso la combinazione di vari apparecchi...
Fin qui, è perfettamente condivisibile ed è proprio l'obiettivo primario: la riproduzione il più possibile fedele di un evento sonoro. Notate nella frase precedente l'uso della parola "suono", mentre prima la definizione parlava di "musica". La mano è diversa, oppure è l'effetto della confusione in atto. Inoltre il termine "suono" da solo non vuol dire assolutamente nulla, in quanto un suono può essere qualunque cosa, per sua natura non facilmente identificabile. Se l'audiofilo non può identificare un suono, non può nemmeno capire se l'impianto che lo riproduce è fedele o meno, e quindi occorre che il suono sia inserito quantomeno in un contesto ben preciso e riconoscibile, ad esempio un evento dal vivo, come un mercato all'aperto caratterizzato dai rumori tipici di persone che parlano, rumori di oggetti, ecc.
...secondo criteri prettamente acustici ed empirici.
Nel suo insieme questa precisazione rappresenta un'ovvietà e una falsità. E' ovvio che l'audiofilo abbia a che fare con eventi acustici, visto che utilizza le sue orecchie per giudicare la qualità della riproduzione, ma limitare all'empirico le sue possibilità sembra proprio una forzatura, i motivi della quale diventano chiari proseguendo nella lettura della definizione data da Wikipedia:
Anche i cavi che collegano le varie apparecchiature sono considerati elementi che possono modificare le caratteristiche del suono, alla pari degli altri componenti della catena.
In questa frase ci sono almeno tre cose che non vanno. Innanzitutto, l'utilizzo - ancora - della parola "suono" che usata in questo modo è assolutamente priva di senso. Il suono di cosa? Si induce il lettore a credere che i cavi possano avere un loro suono, e che ce l'abbiano anche le varie apparecchiature elettroniche utilizzate, suono che i cavi contribuirebbero a modificare. E' in tutta questa giungla di suoni più o meno controllabili che si dovrebbe collocare l'empirismo dell'audiofilo di cui parlava prima l'autore? Se tutto ha un suono, compresi i cavi, allora chi stabilisce qual è il suono giusto? Utilizzate il metodo empirico, please. Non è un granchè come regola, perchè in questo modo tutti possono dire tutto e il contrario di tutto, e l'audiofilia, "materia che studia ecc." va a farsi benedire.
Poi si mettono sullo stesso piano i cavetti e le elettroniche nella loro capacità di modificare la riproduzione. Ovviamente ciò è sbagliato. E' come se un appassionato di auto parlasse dei bulloni delle ruote dicendo che "contribuiscono alla tenuta di strada alla pari degli altri elementi dell'automobile". E' ovvio che i bulloni sono necessari ma, una volta che si sia appurato che essi sono robusti a sufficienza, non contribuiscono affatto alla guidabilità di un'autovettura, che siano fatti di acciaio o di oro puro conta poco. In un collegamento audio si hanno dei parametri elettrici ben definiti i quali devono essere rispettati, e il cavo serve proprio a questo: a trasferire segnali elettrici senza alterarli. Se l'utilizzo di un cavo fosse così critico da essere determinante, pensate a quanto sarebbe rischioso l'utilizzo di un'automobile se i bulloni delle ruote o del motore fossero altrettanto critici.
E' questa differenza fondamentale che rende l'appassionato di automobili una persona credibile, e invece l'audiofilo una persona da prendere in giro. Se anche su Wikipedia leggiamo simili sciocchezze, e nessun vero audiofilo le corregge, vuol dire che non c'è più speranza.