« “Contessa, che è mai la vita?
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La favola breve è finita,
Il vero immortale è l'amor »
(Giosuè Carducci, Jaufre Rudel)
Devo alla cortesia di alcuni amici la possibilità di un confronto tra le cuffie Sennheiser HD 430, AKG340 (entrambe uscite nel 1979), Sennheiser HD650, Sennheiser HD800 e gli amplificatori per cuffia VHF-1 dell' amico Bandalex (versione di McNerone: bilanciato, sbilanciato e uscita bilanciata a trasformatori Megahertz) e il cosiddetto Clone dell' amico Domenico ADO (d' ora in poi lo chiamerò direttamente ADO). La sorgente utilizzata è un modesto e decoroso Denon 1611-UD, lettore universale da 449 E. di listino, il cui DAC è il BB 1781.
I primi giorni ho avuto a disposizione unicamente l' amplificatore ADO e le cuffie AKG340 e Sennheiser HD430. L' impatto non è stato positivo. Entrambe le cuffie esigono bassi volumi di ascolto e presentano imbarazzanti ristrettezze dinamiche. Capita tale esigenza ed escluse (per via di una serie di controlli incrociati, effettuati a più riprese) responsabilità dell' amplificatore ADO in ordine al loro pilotaggio, ho provato a tarare i livelli di ascolto a quelli sostenibili dalle cuffie.
La Sennheiser HD430 ha una timbrica eccezionale, notevole soprattutto nella restituzione degli archi e dei fiati. Un ascolto più meditato avverte una leggera chiusura dell' acuto, che, tuttavia, poco toglie alla luminosità degli strumenti, che sfuma con grazia incomparabile.
E' tale voluttuosità capiente a mascherare una bassa capacità di dettaglio, che si indetermina in un suono avvolgente e indistinto. Le basse frequenze vanno più intuite che ascoltate. I limiti dinamici sono drammatici: non solo il volume di ascolto deve essere prossimo al sussurro, ma per la prima volta mi è capitato di imbattermi in crescendo rossiniani che non crescono. Passato lo sconcerto (e non è stato facile), ho compreso perché questa cuffia, a partire da chi me l' ha prestata, ha i suoi estimatori. Non solo per i meriti di cui ho appena riferito, ma perché, per quanto fuorviante, quel suono argenteo e sussurrato, unito alla leggerezza e comodità della cuffia (la più comoda tra tutte quelle che ho provato) si sposa con ascolti mollemente adagiati , sottofondi libreschi, fugaci bisbigli nelle ore di ufficio.
La AKG340 per me rimane un mistero. Non capisco come per mesi un oggetto in fondo così modesto sia stata fatto oggetto di culto, con ricorrenti e inusitate espressioni di giubilo in un climax di pandemica eccitazione. Ha limiti dinamici importanti, anche se non arriva alle sciagure della Sennheiser HD430, acuti armonicamente poco definiti (sferraglianti con tendenza allo strillo, ove appena ci si illuda di poter alzare il volume), nessuna magia, voci impiegatizie, bassi dotati di una qualche consistenza in confronto con la HD430, ma flosci e neghittosi.
Nell' epicedio dei suoi difetti, la HD 430 può essere considerata una cuffia onirica: folle, ma divertente, se si accettano i suoi limiti (per me difficilmente digeribili).
La AKG340 così modesta, così mediocre, così umana, ci ricorda che l' obitorio è la nostra stazione finale e che nella decomposizione dei corpi nessuna redenzione ci attende.
Le sue prestazioni sono blandamente peggiorate con l' utilizzo del VHF-1: nessun vigore aggiunto dall' amplificatore di Bandalex (che si è dimostrato nel tempo un progetto intelligente e meditato), ancora più insofferenza nell' ostentazione della sua natura prosaica.
La Sennheiser HD800 è stata, per me, una rivelazione. Nulla di quanto letto sui suoi presunti difetti si è dimostrato vero, nella mia esperienza. Non gli acuti, i migliori in assoluto tra tutte le cuffie in cui mi sia capitato di imbattermi, anche se, come ovvio, inferiori per qualità e quantità a un qualunque ascolto dal vivo di musica acustica. Dico questo, all' apparenza ovvio, perché il primo concerto che ho ascoltato dopo l' arrivo della HD800 mi ha confortato sulla correttezza del suo bilanciamento tonale. Non nella resa delle basse frequenze, finalmente soddisfacenti, per estensione, forza, articolazione, impatto. Non nella restituzione delle voci, al limite di ogni possibile realismo.
Perché allora tanto sconcerto, così variamente espresso, su una cuffia eccellente?
Ho provato a darmi una risposta, anche grazie ai confronti che ho potuto fare con i due amplificatori a disposizione. La Sennheiser hd 800 propone un tipo di suono, non solo con riferimento alla sua localizzazione, ma complessivamente come qualità dell' esperienza sonora, che simula una posizione di ascolto in balconata a teatro o, nei teatri all' italiana, propria del cosiddetto palco reale (ho avuto la ventura, per vicende rocambolesche, di sedere in prima fila al palco reale della Fenice). I suoni, rispetto a quando si siede in platea, ovvero si condivide il pavimento con il palco, sembrano galleggiare in aria. L' estensione e l' intelleggibilità è totale, ma la percezione delle basse frequenze, anche le più gravi, emesse da un timpano o una grancassa, mancano di quella evidenza tattile riscontrabile in un ascolto da platea. Il bilanciamento tonale è leggermente più bianco e sembra di molto più nitido. Sono sicuro di questo perché, in occasione del concerto di Pogorelich al Toniolo di Mestre, ebbi l' accortezza di ascoltare la prima metà del concerto all' estrema sinistra della prima fila della balconata, per scendere, durante la seconda parte, nel posto corrispondente in platea, anche se dalla parte opposta, in nona fila. Il suono in platea appariva più "sporco" rispetto alla chiarezza e alla pulizia di quanto percepito in balconata.
Per chi è abituato ad un ascolto in platea, il mediobasso della HD800 non potrà che risultare eccessivamente smorzato, così come inesistente l' impatto delle frequenze più gravi. Qui peraltro capisco come si acuisca lo sconcerto. Da un lato infatti chiunque può sentire un' estensione in frequenza nella parte bassa dello spettro incomparabilmente superiore a quella, per fare un esempio, della Sennheiser hd 650. D' altra parte a questa percezione si accompagna la netta impressione di un mancamento nell' aspetto più visivamente tattile dell' impatto delle basse frequenze. Questo già un minimo sconcerta, o affascina, a teatro, nella realtà dell' ascolto della balconata rispetto alla platea. Nella riproduzione in cuffia, quest' aspetto, non etereo, ma di una fisicità quasi inconscia, non può che sconcertare nel caso di ascolti di musica non classica (in senso metastorico).
La HD 800 ha tutto per fare teoricamente felice un ascoltatore di musica rock o metal, o prog, o hard: fulmineità dei transienti, una dinamica davvero ampia, bassissima distorsione, sorprendente estensione in frequenza. Tuttavia questo modo distante e aereo di offrire la germinazione dei suoni, che appare sempre lontano anche quando è vicino, non può che indispettire chiunque non ascolti musica cosiddetta classica, perché estraneo alla concreta prassi dell' esperienza concertistica.
Di contro la Sennheiser hd 650 (in sé una cuffia nemmeno brutta, ma palesemente superata) può essere più appagante per l' ascoltatore di musica rock e dintorni, pur avendo una troppo grande minore estensione in bassa frequenza e, contrariamente a quanto più volte scritto, un impatto minuscolo se confrontato con quello della HD 800. Questo perché il suono che nella HD650 spinge dentro la testa può dare l' illusione di un più puntuale effetto presenza, a differenza della HD 800 che fa di tutto per ricordarci come l' aria sia il medio della propagazione sonora, che compie un tragitto per arrivare sino a noi e per farlo impiega del tempo.
Peraltro, i bassi maestosi della HD800 possono essere compiutamente apprezzati sono ad un ascolto a volume realistico o che comunque tenti di approssimarvisi. In caso di ascolto a volume medio più basso, la pesante equalizzazione della HD650 risulta preferibile. Pertanto la HD800 conferma la sua predilezione con musica ad alta dinamica, come la musica "classica", a differenza della 650, che non apprezza gli scarti dinamici, ma può confortare con il proprio illusorio effetto-presenza.
Ho avuto modo di apprezzare le differenze tra l' amplificatore Ado e il VHF-1 proprio con la HD800 e la HD650.
L' Ado, raffinatissimo, si sposa alla perfezione con la HD800, pare essere stato progettato apposta per lei.
Il tipo di suono che offre, e non solo per ciò che riguarda la "scena", è comparabile a quello da lontano della HD800. Infatti descrive un arco che parte dalla sommità centrale del capo, sino alla perpendicolare delle orecchie. Questo può dare all' inizio l' impressione di un raggruppamento centrale dell' evento sonoro, che diventa benedetto in occasione del picco orchestrale, quando il suono si dispiega felicemente ai lati, libero di espandersi.
Al contrario, il VHF-1 tende a offrire una finestra di ascolto assai più prossima, schiacciato sulla testa, con marcata separazione tra i canali. Tale effetto fa perdere quel po' di illusione di profondità di cui è capace la HD800 con alcune registrazioni (con atre sembra di ascoltare con l' orchestra alle spalle: i suoni frontali stannlo a metà della parte superiore della testa, sviluppandosi in quella posteriore. Ricordo ne parlò Ema) disordinandone la ricostruzione non solo prospettica, ma sintattica del discorso musicale. Bilanciando la cuffia, la situazione peggiora drasticamente, spingendo il suono ai bordi dell' estremo inferiore dell' orecchio, come se stesse appiccicato ai lobi e pollice e indice li tirassero giù.
Ciò non comporta effetti solo per quanto concerne la distribuzione spaziale, ma insiste anche sul bilanciamento tonale e la qualità del suono proposto.
L' ADO offre l' acuto proprio come in un ascolto non da troppo vicino, possibilmente in balconata o palco reale: c'è tutto, è chiarissimo, lucente, ma ha quel minimo di garbo in più, rispetto al tocco puntiglioso di un ascolto di prima fila in platea. Nel caso della HD800 si avverte come l' ADO operi nella medesima situazione, senza sforzo, in simbiosi. Con il VHF-1 si avverte che il movimento dell' amplificatore, che ci vuole portare nella prima fila della platea, è antagonista rispetto a quello della cuffia, saldamente assisa in posizione di parapetto di palco centrale. Questa sorta di sofferenza per mancato garbo, dagli esiti sovraeccitati e tonitruanti, è amplificata dall' utilizzo del VHF-1 nella configurazione a ponte.
L' effetto è il medesimo di uno che prendesse a calci sul sedere un corridore: non è che quello corre di più, gli dà solo fastidio!
La situazione risulta perfettamente rovesciata con l' utilizzo della HD650 (che non sono riuscito a utilizzare in bilanciato XRL). L' ADO le conferisce una dolcezza zuccherosa nelle voci femminili, che può piacere, ma non è per nulla realistica. Gli acuti sembrano non freddi, ma troppo essenziali, come se si sentisse la fondamentale, ma non le armoniche. Al contrario il VHF-1 fa della HD650 una cuffia equilibrata, con un acuto non smagliante, ma sicuramente più luminoso, nei limiti delle possibilità di quella cuffia, delle voci non così magiche, ma sicuramente più credibili (soprattutto le maschili, improvvidamente svrilizzate dall' ADO).
Come nella situazione descritta nel paragrafetto precedente, ma puntualmente rovesciata, è avvertibile che il VHF-1 opera nella stessa direzione della HD650 e risulta premiata la medesima direzione di marcia. Al contrario l' ADO sembra nell' occasione un maschio imbelle incapace di soddisfare, scuotendola a sferza, le voglie di una femmina smaniosa.
Stessa sorte è toccata alla mia modesta HD555.
Questo mi ha dato modo di riflettere su due considerazioni, su cui mi piacerebbe confrontarmi con voi.
La prima è che, contrariamente a quanto spesso mi è capitato di leggere, l' amplificatore non deve correggere, operando in senso opposto, la cuffia che è chiamato a pilotare. Anzi viene premiata la combinazione felicemente simbiotica.
La seconda riguarda la dinamica e la sua percezione. L' ADO e il VHF-1 non mi pare differiscano quanto a capacità di pilotaggio, almeno con le cuffie da me provate. L' ADO pilota molto bene la AKG 340, quanto il VHF-1 dal punto di vista elettrico, meglio di lui da quello sonoro.
Tuttavia l' ADO appare più signorile, anche se parimenti fermo, esattamente come il suono di un 'orchestra sinfonica in palco centrale a 15 metri di distanza rispetto al medesimo in prima fila in platea. Il VHF-1 sembra sempre pronto a scuotere. Non che abbia più dinamica o prontezza nella risposta impulsiva dell' ADO. Si trova bene con le cuffie che in qualche modo desiderano essere sottomesse e premute sino allo sgorgare del piacere, come se il godimento venisse esperito da un viatico di violenza. L' amplificatore di Bandalex si conferma come un progetto meditato e intelligente perchè si sposa benissimo con le cuffie Sennheiser dalla fine degli anni 90 a prima della HD 800.
Questo induce a dedurre che la 650 non ha bisogno di "tanta corrente", come spesso si è scritto, in aperto contrasto con le specifiche della casa produttrice, i cui dati testimoniano di una cuffia dalla buona efficienza. Eppure in quell' errore c' era del vero: si è confuso come richiesta di corrente un tipo di trattamento del suono da parte dell' amplificazione ai limiti della rudezza, ma questa esigenza non ha a che fare con la quantità di corrente erogata, ma col tipo di proposta sonora offerta dall' amplificazione.
Significa che c'è qualcosa, che io non-tecnico non riesco a definire e che provo a illustrare con imperfetta metafora, che non importando l ' erogazione della corrente e nemmeno, credo, la semplice raffinatezza circuitale (entrambi la possono vantare), impronta una determinata firma sonora, il cui felice abbinamento con il carico parrebbe non riassumibile nel mero soddisfacimento delle richieste elettriche.
PS: ringrazio Dino, Salvatore, Massimiliano, Domenico, Alessandro per l' istruttiva possibilità offertami e tutti gli amici di inesauste chiaccherate telefoniche ed espistolari, a partire da Zio BoB e Fabri 61. Mi scuso se dimentico di nominare qualcuno. Mi scuso ancora di più per avere tardato così gravemente a terminare la stesura delle mie impressioni di ascolto. Non dirò che ci ho messo molto, perché non sarebbe vero. Il tempo impiegato corrisponde a due mezze serate. La verità, quella più facile a dire, è che più passo il tempo e più divento pigro. La seconda, più complicata da raccontare, è che passato l' istante in cui tutto sembra sulla punta del cervello, nell' immediatezza postrema, i ricordi non scompaiono ma si inabissano in una fossa solipsistica e la loro estrazione per il racconto esige il forcipe. Ci vuole delicatezza e voglia per non danneggiarli.
Ultima modifica di Lo Zio il Ven Set 16 2011, 22:58 - modificato 3 volte.