Io mi permetto di fare una considerazione.
Una cosa è parlare di musica e interpreti (o di generi musicali), una cosa è parlare di riproduzione.
Dico di seguito e dico alla rinfusa dei pensieri che mi sono venuti leggendo gli interventi di Iano e Fausto.
1. Anche la musica migliore, se male interpretata, finisce per diventare mediocre e poco comunicativa. Anche l'opera più mediocre, se ben eseguita, può svelare comunque una piacevolezza che sulla carta non sembrava avere.
2. Il genere musicale è solo una gabbia in cui ci rinchiudiamo per stereotipo. Normalmente a me non piace il sinfonico, ma le sinfonie beethoveniane sono, anche per me, fantastiche. Chiunque le esegua: quindi parlo di opere, non di esecuzioni.
3. Alcuni artisti non sono esecutori ma cantautori. Quindi autori ed esecutori al contempo. Neil Young e la Mitchell sono fra questi. Lì non sono solo le interpretazioni a distinguere le loro opere dal genere cui appartengono: è proprio il valore dell'opera che è diverso da quello medio nella musica dello stesso genere. Come paragonare un Beethoven che esegue Beethoven ad un Clementi che esegue Clementi (con tutto il rispetto per Clementi): non c'è interpretazione che terrebbe, anche se l'interpretazione ci metterebbe sicuramente del suo.
4. Il compito dell'impianto non è interpretare. Il compito dell'impianto è riprodurre interpretando il meno possibile, al tempo stesso non privando la musica di quell'infinità di colori, di quell'infinità di contrasti dinamici, di quella infinità di accenti che la rendono comunicativa ed emotiva. E' un compito chirurgico, da strumento di precisione. Ma non da interprete. L'impianto che interpreta, che mette del suo, è l'impianto colorato, l'impianto distorto, l'impianto che fa sentire la sua presenza. E che non aiuta la musica ma la distrugge.
L'impianto che svolge il suo lavoro correttamente, che non interpreta, come il grande interprete rende la musica meglio comprensibile e più coinvolgente. Ma questa è l'unica analogia tra i due. La differenza sostanziale - che rende tra loro l'impianto e l'interprete due fenomeni agli antipodi - è che l'interprete ha un ruolo attivo, artistico, creativo nello svolgere il suo compito. L'impianto no: non fa arte, non crea, se crea sbaglia, deve essere una bilancia di precisione: 1 in ingresso, 1 in uscita; 2,754 in ingresso, 2,754 in uscita; 0,453678 in ingresso, 0,453678 in uscita..... e così via....
Una cosa è parlare di musica e interpreti (o di generi musicali), una cosa è parlare di riproduzione.
Dico di seguito e dico alla rinfusa dei pensieri che mi sono venuti leggendo gli interventi di Iano e Fausto.
1. Anche la musica migliore, se male interpretata, finisce per diventare mediocre e poco comunicativa. Anche l'opera più mediocre, se ben eseguita, può svelare comunque una piacevolezza che sulla carta non sembrava avere.
2. Il genere musicale è solo una gabbia in cui ci rinchiudiamo per stereotipo. Normalmente a me non piace il sinfonico, ma le sinfonie beethoveniane sono, anche per me, fantastiche. Chiunque le esegua: quindi parlo di opere, non di esecuzioni.
3. Alcuni artisti non sono esecutori ma cantautori. Quindi autori ed esecutori al contempo. Neil Young e la Mitchell sono fra questi. Lì non sono solo le interpretazioni a distinguere le loro opere dal genere cui appartengono: è proprio il valore dell'opera che è diverso da quello medio nella musica dello stesso genere. Come paragonare un Beethoven che esegue Beethoven ad un Clementi che esegue Clementi (con tutto il rispetto per Clementi): non c'è interpretazione che terrebbe, anche se l'interpretazione ci metterebbe sicuramente del suo.
4. Il compito dell'impianto non è interpretare. Il compito dell'impianto è riprodurre interpretando il meno possibile, al tempo stesso non privando la musica di quell'infinità di colori, di quell'infinità di contrasti dinamici, di quella infinità di accenti che la rendono comunicativa ed emotiva. E' un compito chirurgico, da strumento di precisione. Ma non da interprete. L'impianto che interpreta, che mette del suo, è l'impianto colorato, l'impianto distorto, l'impianto che fa sentire la sua presenza. E che non aiuta la musica ma la distrugge.
L'impianto che svolge il suo lavoro correttamente, che non interpreta, come il grande interprete rende la musica meglio comprensibile e più coinvolgente. Ma questa è l'unica analogia tra i due. La differenza sostanziale - che rende tra loro l'impianto e l'interprete due fenomeni agli antipodi - è che l'interprete ha un ruolo attivo, artistico, creativo nello svolgere il suo compito. L'impianto no: non fa arte, non crea, se crea sbaglia, deve essere una bilancia di precisione: 1 in ingresso, 1 in uscita; 2,754 in ingresso, 2,754 in uscita; 0,453678 in ingresso, 0,453678 in uscita..... e così via....