Tchaikovsky, Symphony No.6 in B minor, Op.74, Lorin Maazel conducting the Vienna Philarmonic Orchestra.
Di questa esecuzione, uscita nel 1964/65 [la P cerchiata nell’etichetta indica il 1964, quella sulla cover il 1965], ho due stampe Decca 'made in England':
Un Decca SXL 6164, degli anni sessanta e quindi con l’etichetta ‘wide band’ come quella riportata qui sopra [Per comodità, tutte le foto sono prese dal Web].
Qui, un'altra immagine dell’etichetta ‘wide band’, identica a quella della mia copia:
L’etichetta ‘wide band’ distingue i dischi stampati dalla Decca fino al 1970 quando la label britannica introdusse la ‘narrow band’.
La mia seconda copia è una stampa degli anni settanta e fa fa parte di un cofanetto contenente l’integrale delle sinfonie di Tchaikowsky, il Decca SXL 6476-80, questo:
I cinque lp presenti hanno tutti l’etichetta ‘narrow band’, del tutto simile a questa che riporto per un confronto tra le due etichette:
Ovviamente, tutti i Decca SXL 'made in England', a partire da una certa data di produzione (e numero di catalogo) hanno questa etichetta; la “linea di confine”, secondo ‘Spiral Classic’ sembra essere stata tracciata poco prima del mio cofanetto Decca SXL 6476-80:
“All SXLs from SXL 6449 onwards have a narrow band label as their original label”.
https://www.spiralclassics.co.uk/guide-to-collecting/decca
Come però già detto in altri post, l’analisi delle stampe Decca in mano agli appassionati è enormemente facilitata dalla lettura del runout del vinile dove troviamo tutto quel che è necessario sapere - eccezioni sono sempre possibili, come vedremo, purtroppo, tra poco - senza il bisogno di uno studio scrupoloso della etichetta e delle sue variazioni, come invece è purtroppo necessario in altri casi, ovvero ogniqualvolta non abbiamo i codici o non li sappiamo decodificare.
Nel mio caso abbiamo:
1) Decca SXL 6164.
La mia copia riporta a h. 6 del lato 1: ZAL 6333-2W; sappiamo che ‘W’ è il codice responsabile di questo mastering mentre 6333 è il numero identificativo del master/laquer master corrispondente ai primi due movimenti della sinfonia; ciò che conta è quel ‘2’: su questa facciata è stato utilizzata la seconda laquer master prodotta a partire dal nastro master. Mi sposto a h. 9 e trovo 1; quindi per il mio vinile è stata utilizzata la prima delle due o tre metal mother che scaturiscono dal processo di trasformazione della laquer master. A questo punto porgo lo sguardo a h. 3 e non trovo nessuna delle lettere indicanti il numero di stamper! E’ la prima volta che mi capita, forse il disco è stato stampato di lunedì o durante un’agitazione sindacale .
Lato 2: ZAL 6334-1W; qui è stata utilizzata la prima laquer master, il che mi fa pensare che in fase di produzione fossero presenti contemporaneamente più coppie di laquer master/metal mother. Anche in questo caso trovo a h. 9 ‘1’ come indicazione della prima metal mother e a h. 3 non trovo indicazione di nessuna lettere indicante lo stamper;
2) Decca SXLC 6480
Lato 1: h.6 ZAL 6333-7W; h.9 ‘1’ ; h.3 ‘U’
Lato 2: h.6 ZAL 6334-6W; h.9 ‘1’ ; h.3 ‘H’
Ricordo il codice degli stamper:
B U C K I N G H A M
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
Abbiamo qui lo stesso identico punto di partenza, il nastro - o una delle sue copie, naturalmente, il che può non essere indifferente sul risultato sonico finale - della durata compatibile con quella di un LP, e quindi lo ZAL 6333 per la side 1 e il 6334 per la 2 che viene riutilizzato per la sesta e settima volta al fine di darci altre coppie o terne di metal mother che, a loro volta, possono garantire una decina di stamper, possibilità che qui è stata chiaramente sfruttata (il lato 2 del Decca SXLC 6480 è il frutto dell’ottavo stamper, ‘H’, della coppia laquer master 6/metal mother 1).
Siccome questo avviene a distanza di poco più di un lustro, possiamo dire che questa produzione Decca ha goduto di un buon successo commerciale, cosa non difficile da pronosticare visto il programma, la Patetica di Tchaikovsky, la presenza di un’orchestra straordinaria, i Wiener Philarmoniker e di quel quel Lorin Maazel che all’epoca era considerato una stella nascente al pari di Claudio Abbado anche se, al contrario del direttore italiano, non ha forse mantenuto completamente le promesse.
Il suono dei due vinili.
Naturalmente ho ascoltato a varie riprese i quattro movimenti della sinfonia, utilizzando le combinazioni più disparate. Ma, davvero, in questo caso si è trattato di un esercizio del tutto inutile. Il giudizio risulta chiaro anche ascoltando una frazione di un singolo movimento con un rapido confronto A/B: la differenza in termini di qualità sonora del transiente musicale, del corpo, del timbro dei singoli strumenti è facilmente percepibile.
Tuttavia, per puro piacere ho riascoltato in A/B varie volte il III movimento, l’ ‘Allegro molto vivace’, che è una delle pagine più esaltanti della sinfonismo di Tchaikovsky.
Cominciamo col dire che tutto il ciclo Tchaikowsky/Wiener/Maazel di metà anni sessanta appartiene al novero delle grandi registrazioni Decca, il che, visto e considerato il livello medio sempre molto alto delle produzione dell’etichetta britannica dal punto di vista della qualità sonora, significa che tutti gli appassionati che avranno la possibilità di trovare in buone condizioni viniliche questi Decca non rimarranno delusi.
La mia copia SXLC 6480 ‘narrow band’ suona molto, molto bene. Il cofanetto con l’integrale è a casa mia da molto tempo ed è uno dei miei numerosi riferimenti per quanto riguarda il suono Decca.
‘L’Allegro molto vivace’, con quel ritmo di marcia sostenuto dagli archi con un figurazione terzinata incalzante sopra la quale il tema viene esposto a varie riprese dai legni, è un brano perfetto, con la sua dinamica e la differenziazione timbrica dei vari strumenti, per “giustificare” anche alle orecchie di un musicofilo estraneo al nostro mondo l’allestimento di un impianto hi-fi domestico d’alto livello.
Parlo per esperienza diretta, perché questo post nasce da un ascolto recente proprio di questa sinfonia con una ospite che da anni ha l’abbonamento alla stagione concertistica del ‘Maggio Musicale Fiorentino’ ma non si trastulla con l’Hi-Fi: “Ecco perché vieni solo quando trovi dei posti buoni!", mi ha detto, con aria tra il divertito e lo stupito, alla fine del lato 1, da lei ascoltato senza proferire verbo.
Io non posso che confermare la valutazione fatta al tempo dell’acquisto: per me questo vinile, in ottime condizioni, vale 8 e mezzo. Alla mia copia che, proprio all’inizio del III movimento, mostra qualche rumorino di troppo, probabilmente perché il sistema testina/braccio/antiskating del precedente proprietario non era esente da colpe, tolgo qualcosa: 82/100.
Passare all’ascolto del SXL 6164 ‘wide band’ 2W/1W significa fare un deciso, inequivocabile passo in avanti in termini di realismo, d’approssimazione all’ascolto in sala da concerto. Davvero c’è poco da aggiungere. Tutti gli strumenti suonano più simili a quello che è possibile percepire dal vivo.
Ovviamente, l’approssimazione - o meglio, l’immaginare d’essere di fronte - all’evento reale è a sua volta condizionata dalle condizioni domestiche; nel mio caso, in una stanza di circa 12 mq con una catena d’alto ma non eccezionale livello lo sforzo immaginativo è sicuramente superiore a quello richiesto ad altri appassionati dotati di condizioni di partenza più favorevoli (stanza e catena); però, francamente, è facile accontentarsi quando si ascoltano vinili di questo livello.
A proposito del livello, il voto - provvisorio, in attesa di un riascolto di tutti i vinili di classica d’alto lignaggio che, probabilmente, non avverrà
mai - è 95/100.
Mi tengo in tasca 5/100 perché credo d'aver ascoltato qualche vinile superiore nella resa timbrica dei violini e nella profondità della scatola sonora; però poi bisogna vedere se questi vinili hanno la stessa qualità nelle riproduzione dei legni - clarinetti e fagotti, in primis, degli ottoni, e dei contrabbassi; per non parlare della tenuta timbrica di tutta l’orchestra al salire della dinamica…
Sarebbe davvero interessante verificare se in altre catene, fondate su front end analogici "filosoficamente" distanti dal mio, le distanze sonore tra stampe diverse dello stesso contenuto musicale si mantengono, come io ipotizzo, oppure no.
Nel frattempo, godiamoci le gioie sonore dei Decca 'made in England', early pressing o ristampe che siano.
Di questa esecuzione, uscita nel 1964/65 [la P cerchiata nell’etichetta indica il 1964, quella sulla cover il 1965], ho due stampe Decca 'made in England':
Un Decca SXL 6164, degli anni sessanta e quindi con l’etichetta ‘wide band’ come quella riportata qui sopra [Per comodità, tutte le foto sono prese dal Web].
Qui, un'altra immagine dell’etichetta ‘wide band’, identica a quella della mia copia:
L’etichetta ‘wide band’ distingue i dischi stampati dalla Decca fino al 1970 quando la label britannica introdusse la ‘narrow band’.
La mia seconda copia è una stampa degli anni settanta e fa fa parte di un cofanetto contenente l’integrale delle sinfonie di Tchaikowsky, il Decca SXL 6476-80, questo:
I cinque lp presenti hanno tutti l’etichetta ‘narrow band’, del tutto simile a questa che riporto per un confronto tra le due etichette:
Ovviamente, tutti i Decca SXL 'made in England', a partire da una certa data di produzione (e numero di catalogo) hanno questa etichetta; la “linea di confine”, secondo ‘Spiral Classic’ sembra essere stata tracciata poco prima del mio cofanetto Decca SXL 6476-80:
“All SXLs from SXL 6449 onwards have a narrow band label as their original label”.
https://www.spiralclassics.co.uk/guide-to-collecting/decca
Come però già detto in altri post, l’analisi delle stampe Decca in mano agli appassionati è enormemente facilitata dalla lettura del runout del vinile dove troviamo tutto quel che è necessario sapere - eccezioni sono sempre possibili, come vedremo, purtroppo, tra poco - senza il bisogno di uno studio scrupoloso della etichetta e delle sue variazioni, come invece è purtroppo necessario in altri casi, ovvero ogniqualvolta non abbiamo i codici o non li sappiamo decodificare.
Nel mio caso abbiamo:
1) Decca SXL 6164.
La mia copia riporta a h. 6 del lato 1: ZAL 6333-2W; sappiamo che ‘W’ è il codice responsabile di questo mastering mentre 6333 è il numero identificativo del master/laquer master corrispondente ai primi due movimenti della sinfonia; ciò che conta è quel ‘2’: su questa facciata è stato utilizzata la seconda laquer master prodotta a partire dal nastro master. Mi sposto a h. 9 e trovo 1; quindi per il mio vinile è stata utilizzata la prima delle due o tre metal mother che scaturiscono dal processo di trasformazione della laquer master. A questo punto porgo lo sguardo a h. 3 e non trovo nessuna delle lettere indicanti il numero di stamper! E’ la prima volta che mi capita, forse il disco è stato stampato di lunedì o durante un’agitazione sindacale .
Lato 2: ZAL 6334-1W; qui è stata utilizzata la prima laquer master, il che mi fa pensare che in fase di produzione fossero presenti contemporaneamente più coppie di laquer master/metal mother. Anche in questo caso trovo a h. 9 ‘1’ come indicazione della prima metal mother e a h. 3 non trovo indicazione di nessuna lettere indicante lo stamper;
2) Decca SXLC 6480
Lato 1: h.6 ZAL 6333-7W; h.9 ‘1’ ; h.3 ‘U’
Lato 2: h.6 ZAL 6334-6W; h.9 ‘1’ ; h.3 ‘H’
Ricordo il codice degli stamper:
B U C K I N G H A M
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
Abbiamo qui lo stesso identico punto di partenza, il nastro - o una delle sue copie, naturalmente, il che può non essere indifferente sul risultato sonico finale - della durata compatibile con quella di un LP, e quindi lo ZAL 6333 per la side 1 e il 6334 per la 2 che viene riutilizzato per la sesta e settima volta al fine di darci altre coppie o terne di metal mother che, a loro volta, possono garantire una decina di stamper, possibilità che qui è stata chiaramente sfruttata (il lato 2 del Decca SXLC 6480 è il frutto dell’ottavo stamper, ‘H’, della coppia laquer master 6/metal mother 1).
Siccome questo avviene a distanza di poco più di un lustro, possiamo dire che questa produzione Decca ha goduto di un buon successo commerciale, cosa non difficile da pronosticare visto il programma, la Patetica di Tchaikovsky, la presenza di un’orchestra straordinaria, i Wiener Philarmoniker e di quel quel Lorin Maazel che all’epoca era considerato una stella nascente al pari di Claudio Abbado anche se, al contrario del direttore italiano, non ha forse mantenuto completamente le promesse.
Il suono dei due vinili.
Naturalmente ho ascoltato a varie riprese i quattro movimenti della sinfonia, utilizzando le combinazioni più disparate. Ma, davvero, in questo caso si è trattato di un esercizio del tutto inutile. Il giudizio risulta chiaro anche ascoltando una frazione di un singolo movimento con un rapido confronto A/B: la differenza in termini di qualità sonora del transiente musicale, del corpo, del timbro dei singoli strumenti è facilmente percepibile.
Tuttavia, per puro piacere ho riascoltato in A/B varie volte il III movimento, l’ ‘Allegro molto vivace’, che è una delle pagine più esaltanti della sinfonismo di Tchaikovsky.
Cominciamo col dire che tutto il ciclo Tchaikowsky/Wiener/Maazel di metà anni sessanta appartiene al novero delle grandi registrazioni Decca, il che, visto e considerato il livello medio sempre molto alto delle produzione dell’etichetta britannica dal punto di vista della qualità sonora, significa che tutti gli appassionati che avranno la possibilità di trovare in buone condizioni viniliche questi Decca non rimarranno delusi.
La mia copia SXLC 6480 ‘narrow band’ suona molto, molto bene. Il cofanetto con l’integrale è a casa mia da molto tempo ed è uno dei miei numerosi riferimenti per quanto riguarda il suono Decca.
‘L’Allegro molto vivace’, con quel ritmo di marcia sostenuto dagli archi con un figurazione terzinata incalzante sopra la quale il tema viene esposto a varie riprese dai legni, è un brano perfetto, con la sua dinamica e la differenziazione timbrica dei vari strumenti, per “giustificare” anche alle orecchie di un musicofilo estraneo al nostro mondo l’allestimento di un impianto hi-fi domestico d’alto livello.
Parlo per esperienza diretta, perché questo post nasce da un ascolto recente proprio di questa sinfonia con una ospite che da anni ha l’abbonamento alla stagione concertistica del ‘Maggio Musicale Fiorentino’ ma non si trastulla con l’Hi-Fi: “Ecco perché vieni solo quando trovi dei posti buoni!", mi ha detto, con aria tra il divertito e lo stupito, alla fine del lato 1, da lei ascoltato senza proferire verbo.
Io non posso che confermare la valutazione fatta al tempo dell’acquisto: per me questo vinile, in ottime condizioni, vale 8 e mezzo. Alla mia copia che, proprio all’inizio del III movimento, mostra qualche rumorino di troppo, probabilmente perché il sistema testina/braccio/antiskating del precedente proprietario non era esente da colpe, tolgo qualcosa: 82/100.
Passare all’ascolto del SXL 6164 ‘wide band’ 2W/1W significa fare un deciso, inequivocabile passo in avanti in termini di realismo, d’approssimazione all’ascolto in sala da concerto. Davvero c’è poco da aggiungere. Tutti gli strumenti suonano più simili a quello che è possibile percepire dal vivo.
Ovviamente, l’approssimazione - o meglio, l’immaginare d’essere di fronte - all’evento reale è a sua volta condizionata dalle condizioni domestiche; nel mio caso, in una stanza di circa 12 mq con una catena d’alto ma non eccezionale livello lo sforzo immaginativo è sicuramente superiore a quello richiesto ad altri appassionati dotati di condizioni di partenza più favorevoli (stanza e catena); però, francamente, è facile accontentarsi quando si ascoltano vinili di questo livello.
A proposito del livello, il voto - provvisorio, in attesa di un riascolto di tutti i vinili di classica d’alto lignaggio che, probabilmente, non avverrà
mai - è 95/100.
Mi tengo in tasca 5/100 perché credo d'aver ascoltato qualche vinile superiore nella resa timbrica dei violini e nella profondità della scatola sonora; però poi bisogna vedere se questi vinili hanno la stessa qualità nelle riproduzione dei legni - clarinetti e fagotti, in primis, degli ottoni, e dei contrabbassi; per non parlare della tenuta timbrica di tutta l’orchestra al salire della dinamica…
Sarebbe davvero interessante verificare se in altre catene, fondate su front end analogici "filosoficamente" distanti dal mio, le distanze sonore tra stampe diverse dello stesso contenuto musicale si mantengono, come io ipotizzo, oppure no.
Nel frattempo, godiamoci le gioie sonore dei Decca 'made in England', early pressing o ristampe che siano.
Ultima modifica di Bertox il Ven Feb 25 2022, 20:40 - modificato 1 volta.