Esce a novembre il nuovo libro molto interesante del Maestro..quasi una strenna natalizia..da regalare..ma soprattutto..da ricevere in regalo
Come si spiega che mostri del calibro di Hitler e Stalin si commuovessero fino alle lacrime ascoltando musica? Chiaramente avranno associato l’emozione umana a qualche aspetto della musica, omettendo al tempo stesso di stabilire un legame tra la sfera etica e quella estetica. Reputavano la musica alla stregua di un porto sicuro, al di fuori dell’esistenza reale, e la associavano al puro godimento. In altri termini, relegavano la bellezza della musica – da me definita espressione fisica dell’animo umano – in un’area remota del loro cervello dittatoriale, dove non sussisteva la possibilità di entrare in contatto con altre aree dell’intelletto in grado di influenzare direttamente pensiero e comportamento. Qualunque fosse l’aspetto della musica capace di commuoverli, non aveva alcun riscontro nella vita e nell’operato di tutti i giorni.
Questa anomalia, che pare particolarmente grottesca alla luce delle atrocità compiute dai due uomini in questione, può sembrare irrilevante nel contesto della vita della gente comune. Eppure il rapporto tra etica ed estetica o, per fare un esempio più concreto, tra la comprensione della vita e la comprensione della musica, ha conseguenze terribili per una società che soffre ogni giorno di più per gli effetti alienanti della specializzazione.
Non c’è limite a quello che ci può insegnare la musica, se siamo disposti a conoscerla nel profondo e a non segregarla al di fuori della nostra sfera intellettuale. La musica è stata confinata per lunghi anni in un regno remoto di piacere e di evasione, partendo dal presupposto che non avesse niente da dire alle nostre aree cerebrali preposte ai pensieri o alla vita di tutti i giorni. Triste stato di cose per tutti i diretti interessati!
La musica ha il potere di esprimere il potenziale di un’umanità che sa oltrepassare i suoi limiti. La musica ha la capacità di mettere in relazione gli esseri umani, senza distinzioni di sesso, razza o nazionalità. E questo perché ci guida sulla via che dal caos porta all’ordine, sulla via che, partendo da un’idea – magari confusa –, procede verso lo sviluppo e il completamento di un’opera sorretta e supportata da una propria logica interna. Se sono in grado di capire il processo creativo che culmina nell’opera finita e di ricostruire i passaggi che vanno dal materiale disorganizzato a un tema conciso, allora – quando eseguo un pezzo musicale – sarò nelle condizioni di ricrearlo in modo autentico, muovendo dal punto di partenza opposto, vale a dire partendo dall’opera finita e attuando un processo di decostruzione e analisi, allo scopo di arrivare all’idea essenziale, originale. Se in più riesco a cogliere un parallelismo tra questo processo e quanto mi interessa e mi tocca nella vita, allora avrò compreso la vera natura della musica. Se il ventesimo secolo si è contraddistinto per la sua tendenza alla decostruzione, alla parcellizzazione e alla specializzazione, è mio augurio che il ventunesimo si accolli il compito non facile di ricostruire, ricompattare e allargare la conoscenza.
Oggigiorno l’informazione è disponibile in ogni momento e in ogni luogo, ma l’informazione non è conoscenza; al contrario, l’accesso permanente all’informazione ci induce a liquidare la conoscenza come qualcosa di obsoleto e laborioso da acquisire. Il flusso costante di informazioni, ai giorni nostri, in realtà richiede una comprensione molto approfondita dei nessi tra fatti o idee diversi. I leader politici attuali, per esempio, affrontano sfide del tutto differenti da quelle degli anni sessanta o settanta. Un capo di governo degli anni sessanta aveva accesso a molte più informazioni di un cittadino medio, il che già di per sé costituiva una buona parte del suo potere. Il potere dei governanti di oggi invece si fonda sulla destrezza nell’utilizzo di informazioni a cui quasi tutti hanno accesso. I governanti di oggi devono avere una profonda, articolata capacità di analizzare le informazioni e di collegare tra loro gli avvenimenti e le idee più rilevanti. Non ci sarà mai un surrogato della conoscenza umana o della capacità di stabilire associazioni tra attività o pensieri diversi allo scopo di produrre nuovo significato o nuova comprensione. Non c’è massa di informazioni non elaborate nell’era di Internet che possa contribuire a far nascere intuizioni sulla natura della mente o dello spirito umano. Credo che la musica sia una componente essenziale e irrinunciabile dell’educazione collettiva. Nella nostra società la musica, confinata nella sua torre d’avorio, soffre ancora di isolamento, il che vale sia per chi la esegue, sia per chi l’ascolta. Nessuno si sforza di integrare i principi musicali nel nostro modo di ragionare corrente e il pensiero analitico di rado si fa strada nei territori spesso impervi della musica classica.
L’educazione di chi ha a che fare professionalmente con la musica dovrebbe essere improntata a un diffuso senso di compenetrazione con un insieme di saperi più vasto ed esauriente che non sia quello strettamente pertinente alla musica. La maestria tecnica, che ovviamente è essenziale al musicista di professione, è priva di senso se non partecipa a un processo cognitivo che includa un’ampia base di conoscenza e di cultura.
Come si spiega che mostri del calibro di Hitler e Stalin si commuovessero fino alle lacrime ascoltando musica? Chiaramente avranno associato l’emozione umana a qualche aspetto della musica, omettendo al tempo stesso di stabilire un legame tra la sfera etica e quella estetica. Reputavano la musica alla stregua di un porto sicuro, al di fuori dell’esistenza reale, e la associavano al puro godimento. In altri termini, relegavano la bellezza della musica – da me definita espressione fisica dell’animo umano – in un’area remota del loro cervello dittatoriale, dove non sussisteva la possibilità di entrare in contatto con altre aree dell’intelletto in grado di influenzare direttamente pensiero e comportamento. Qualunque fosse l’aspetto della musica capace di commuoverli, non aveva alcun riscontro nella vita e nell’operato di tutti i giorni.
Questa anomalia, che pare particolarmente grottesca alla luce delle atrocità compiute dai due uomini in questione, può sembrare irrilevante nel contesto della vita della gente comune. Eppure il rapporto tra etica ed estetica o, per fare un esempio più concreto, tra la comprensione della vita e la comprensione della musica, ha conseguenze terribili per una società che soffre ogni giorno di più per gli effetti alienanti della specializzazione.
Non c’è limite a quello che ci può insegnare la musica, se siamo disposti a conoscerla nel profondo e a non segregarla al di fuori della nostra sfera intellettuale. La musica è stata confinata per lunghi anni in un regno remoto di piacere e di evasione, partendo dal presupposto che non avesse niente da dire alle nostre aree cerebrali preposte ai pensieri o alla vita di tutti i giorni. Triste stato di cose per tutti i diretti interessati!
La musica ha il potere di esprimere il potenziale di un’umanità che sa oltrepassare i suoi limiti. La musica ha la capacità di mettere in relazione gli esseri umani, senza distinzioni di sesso, razza o nazionalità. E questo perché ci guida sulla via che dal caos porta all’ordine, sulla via che, partendo da un’idea – magari confusa –, procede verso lo sviluppo e il completamento di un’opera sorretta e supportata da una propria logica interna. Se sono in grado di capire il processo creativo che culmina nell’opera finita e di ricostruire i passaggi che vanno dal materiale disorganizzato a un tema conciso, allora – quando eseguo un pezzo musicale – sarò nelle condizioni di ricrearlo in modo autentico, muovendo dal punto di partenza opposto, vale a dire partendo dall’opera finita e attuando un processo di decostruzione e analisi, allo scopo di arrivare all’idea essenziale, originale. Se in più riesco a cogliere un parallelismo tra questo processo e quanto mi interessa e mi tocca nella vita, allora avrò compreso la vera natura della musica. Se il ventesimo secolo si è contraddistinto per la sua tendenza alla decostruzione, alla parcellizzazione e alla specializzazione, è mio augurio che il ventunesimo si accolli il compito non facile di ricostruire, ricompattare e allargare la conoscenza.
Oggigiorno l’informazione è disponibile in ogni momento e in ogni luogo, ma l’informazione non è conoscenza; al contrario, l’accesso permanente all’informazione ci induce a liquidare la conoscenza come qualcosa di obsoleto e laborioso da acquisire. Il flusso costante di informazioni, ai giorni nostri, in realtà richiede una comprensione molto approfondita dei nessi tra fatti o idee diversi. I leader politici attuali, per esempio, affrontano sfide del tutto differenti da quelle degli anni sessanta o settanta. Un capo di governo degli anni sessanta aveva accesso a molte più informazioni di un cittadino medio, il che già di per sé costituiva una buona parte del suo potere. Il potere dei governanti di oggi invece si fonda sulla destrezza nell’utilizzo di informazioni a cui quasi tutti hanno accesso. I governanti di oggi devono avere una profonda, articolata capacità di analizzare le informazioni e di collegare tra loro gli avvenimenti e le idee più rilevanti. Non ci sarà mai un surrogato della conoscenza umana o della capacità di stabilire associazioni tra attività o pensieri diversi allo scopo di produrre nuovo significato o nuova comprensione. Non c’è massa di informazioni non elaborate nell’era di Internet che possa contribuire a far nascere intuizioni sulla natura della mente o dello spirito umano. Credo che la musica sia una componente essenziale e irrinunciabile dell’educazione collettiva. Nella nostra società la musica, confinata nella sua torre d’avorio, soffre ancora di isolamento, il che vale sia per chi la esegue, sia per chi l’ascolta. Nessuno si sforza di integrare i principi musicali nel nostro modo di ragionare corrente e il pensiero analitico di rado si fa strada nei territori spesso impervi della musica classica.
L’educazione di chi ha a che fare professionalmente con la musica dovrebbe essere improntata a un diffuso senso di compenetrazione con un insieme di saperi più vasto ed esauriente che non sia quello strettamente pertinente alla musica. La maestria tecnica, che ovviamente è essenziale al musicista di professione, è priva di senso se non partecipa a un processo cognitivo che includa un’ampia base di conoscenza e di cultura.