Io parto da Beethoven e segnalerò principalmente cose per pianoforte, seguendo un percorso più o meno cronologico.
Suggerisco un'integrale delle sonate che pochi conoscono, ma che, per intelligenza interpretativa e cura esecutiva sta nel gruppo di testa. Sì quello con Backhaus, Arrau e compagnia bella.
Di Schubert non si può non fare il nome di Sviatoslav Richter, del quale indicherei il disco Philips con la sonata in sol maggiore e la D840. Sì è violenza sul testo, bella e buona. Non esiste criterio in base al quale quella non si possa ritenere "violenza". Dopodiché basta ascoltare per decidere.
Dopo Schubert segnalo di Mendelssohn i due concerti per pianof. e orch. di Perahia, un modello prelibato di gusto e classe.
Con Chopin andrei sul classico: il cofanetto di Pollini (Studi, Preludi e Polacche) alla fine è un po' una Magna Charta della musica per pianoforte dell'800, per cui gli diamo la palma chopiniana. Già la copertina, d'altronde parla chiaro...,
Con Schumann è più difficile, essendo più sfuggente il soggetto stesso, e qiundi segnalo una cosa fatta da un non pianista, un direttore come Bruno Walter che accompagna al pianoforte una cantante. I risultati sono celebri e giustamente celebrati. Dopodiché, Walter alle prese con la Toccata continuo a non vedercelo. Per chi invece volesse una esecuzione pianistica come non ce ne sono altre, c'è il concerto, che piace sempre a tutti con il Michelangeli del 1948 nel suo debutto americano con Mitropoulos... abbagliante.
Per Liszt starei sul versante che coniuga gli aspetti intellettualistici di ricerca strumentale con la spettacolarizzazione dell'istrione da palco: gli Studi Trascendentali possono prendersi nella versione "strutturale" di Arrau (che pensa al poema sinfonico), in quella "giocolieresca" di Cziffra (che pensa alla rapsodia ungherese) o nella via di mezzo perfetta di Lazar Berman, con il quale non si rinuncia nè ad una nè all'altra cosa io alla versione del 59, di relativamente facile reperibilità, preferisco la super rara versione del 1963, stereo, che si trova oggi in CD in qualche edizione russa, o nel preziosissimo originale Victor JVC. In vinile si trova invece con facilità. Chi avesse poi la pazienza di cercare e la fortuna di trovare il disco giapponese di Kemal Gekic, beh... non se lo lasci sfuggire.
questa è la versione del '59
questa una ristampa russa della versione del '63, un triplo cofanetto CD che si trova su hmv.co.jp con la sonata ed il mephisto in studio del 1975, e i lieder di Schubert sempre in studio. Imperdibile
Di Brahms indicherei il giovane delle tre sonate opp. 1,2, e 5 possibilmente nella strabiliante esecuzione di Zimerman (il doppio CD non esiste più, e ha quotazioni stratosferiche, sopra i 1000 dollari, ma in vinile si trova facilmente). Del secondo concerto, darei vincente Richter con Leinsdorf (anche qui, violenza al testo a piene mani...), mentre dell'ultima produzione per pianoforte direi che Katchen e Radu Lupu alla fine sono tra i più equilibrati. Visto che poi Katchen Brahms l'ha inciso tutto... perché rinunciare?
Va da sè che chi non ce l'ha, si deve prendere ed ascoltare il disco di Pogorelich.
Ce n'è una copia su Amazon a 2000 USD.
Per Ciaikowsky un nome solo, quelli di Mikhail Pletnev che, a più riprese, ha inciso tantissimo. Partirei dai concerti per pianoforte con Fedoseev, che è la più vivace e divertente integrale oggi disponibile, insieme a quella di Hough. Chi avesse la fortuna di trovare il disco con il primo concerto suonato da Lazar Berman e diretto da Yuri Temirkanov, ecco, quello è uno dei dischi più belli di tutti i tempi.
Berman con Temirkanov in vinile
Rachmaninoff, in giappone si trova facile la riedizione del terzo concerto con Abbado e Berman, che fa 6-0 6-0 con qualsiasi altro concorrente; si difende van Cliburn ed ovvviamente Horowitz, del quale andrei con la entusiasmante e densissima ripresa del 1978 con Ormandy.
Di Scriabin c'è un recente disco Arbiter di Sofronitzky che è sufficientemente rappresentativo: le incisioni scriabiniane di Sofronitzky sono migliaia, e non esiste una raccolta organica, ma quel disco è ottimo. Obiettare sulla qualità della resa strumentale ed interpretativa sarebbe ridicolo.
Per Debussy cercherei le incisioni di Alfred Cortot del primo libro dei preludi e di Children's Corner: grandissima umanità e pianismo stellare per una musica che è troppo facile congelare (Michelangeli) in una perfezione minacciosa.
non c'è solo Debussy, e pure il resto, come dire..., vale la pena.
Ravel, qui sì Michelangeli è senza rivali, a partire dal Concerto per il quale va benissimo la versione in studio, ma anche con Celibidache non è che si sta a scherzare (ci sono in giro dei bootleg con regitrazioni del 1982 e del 1992, a Londra e Monaco, ambedue da collezione. Anche i live (Arezzo '52 con i Valse e Londra '59 con il Gaspard) sono da avere senza chiedersi perché.
Un disco di musica d'inizio '900, con una versione degli Etudes di Bartok e delle Sonatine di Busoni da far girare la testa, è quello di Paul Jacobs. Ci stanno anche le trascrizioni dei corali bachiani di Busoni eseguite da brividi, così come le trascrizioni del Brahms organistico per pianoforte... insomma uno di quei dischi pianistici che valgono ogni bit.
I concerti di Bartok con Pollini e Abbado sono anche quelli da non lasciare in negozio: semplicemente fantastici.
Un altro disco importante di musica del primo '900 è quello della Uchida con Boulez, nel quale c'è un concerto di Schonberg di purezza e bellezza cristalline, ed una sonata di Berg di un lirismo "femminile" molto convincente.
Per la musica pianistica di Schonberg, tre nomi su tutti, Pollini, Gould ed il già citato Paul Jacobs. Con Gould in vantaggio per la attitudine parlante del suo pianismo e gli altri due per la descrizione geometrica del testo.
Il doppio CD Gouldiano con l'integrale di Schonberg per voce e pianoforte è obbligatorio averlo per tutte le persone che si dicano amanti della musica.
Il Concerto di Busoni è da conoscere, essendo una delle pagine pianistiche più ambiziose mai scritte, per giunta scritta da una delle menti pianistiche più intellettualmente affilate e trascinanti. Occhio a non perdersi nella versione un po' troppo pesante di Ogdon, o in quella di Hamelin, forse un po' troppo leggera: trovo Garrick Ohlsson un ottimo punto di medio.
Ashkenazy, che per quanto alla fine non mi piaccia, resta un pianista di primissimo rango e con i Preludi op.87 di Shostakovich è pienamente convincente, e anche il suo suono da catenaccio si adatta bene alla musica.
Per Messiaen suggerirei sia il Catalogue d'oiseaux di Ugorsky, leggero e fatato, sia i Regards sur l'Enfant Jesus di Ogdon, molto densi e colorati.
E mi fermo qui, visto che siamo arrivati al secondo dopoguerra, in un territorio nel quale occorre procedere con un po' di attenzione.
Ciao
C