Audio Technica AT33 PTG/IIAlla fine la mia scelta è ricaduta su questo modello sempre di casa Audio Technica, per una serie di ragioni che, teoricamente, me l’hanno fatta preferire ad altre considerate.
Per chi non la conoscesse è una MC con doppio magnete in neodimio, cantilever in boro placcato in oro e cablaggio OFC. Ha un uscita a 0.3 mV ed un taglio Micro Linear.
Una compliance di 10x10-6 (100Hz) quindi identica alla mia attualmente in uso (AT95ML/SH) con cui condivide anche il taglio dello stilo (microlineare), affiancato dallo Shibata (intercambiabili).
La AT33 ha un peso di 6.9 g. che unitamente alla shell, alle viti e dadi, determina una massa complessiva di 19 g. (rispetto ai 15 g. della precedente con l’AT95) che ha richiesto un bilanciamento quasi al limite per il braccio del Technics C100CEG.
Unico neo del montaggio è stato che le viti in dotazione sono un paio troppo corte ed un altro paio troppo lunghe (19 mm) con un risultato estetico discutibile. Quelle che avevo in casa non mi hanno risolto. Devo trovarne, credo, da 16 mm che dovrebbe essere la misura giusta.
Apro una piccola parentesi. Per un fatto estetico (di proporzioni e forma) e per provare, ho anche installato il peso addizionale di 8 g. al braccio determinando così una massa “spropositata” in termini di rapporto con la cedevolezza della testina (dal p.d.v. teorico riferito in particolare alla risonanza braccio/testina) inequivocabilmente smentita dalla prova di ascolto del sistema, in termini positivi dell’esperienza. Chiusa parentesi.
Dopo un adeguato rodaggio di 50/60 ore è cominciato l’ascolto della “voce” di questa testina. Ovviamente il resto dell’impianto è rimasto invariato.
Uno strumento che ritengo particolarmente significativo, per valutare il suono, è il pianoforte sia dal punto di vista dinamico ma soprattutto timbrico.
Mi ha lasciato quasi a bocca aperta la riproduzione delle note di “Where or When” “ di Art Tatum in una incisione del 21 gennaio 1944 in Los Angeles,inclusa in uno dei tanti V-Disc (i dischi della Vittoria incisi gratuitamente dalle case discografiche americane, durante la seconda guerra mondiale, per essere inviati alle truppe sui vari fronti). La naturalezza del suono, per un incisione così datata, e l’estensione di gamma (che le manone di Tatum consentono di apprezzare in pieno) sono eccellenti. L’ascolto di incisioni più recenti (da Gould a Uchida per la classica, da Brubeck a Bill Evans a Mazzariello per il jazz) non hanno fatto altro che confermare il giudizio.
Altrettanto sorprendente e appagante sentire il respiro del grande bassista Oscar Pettiford che fa da contrappunto al suo “a solo”, con il quartetto di C. Hawkins (Swing Four), nel brano “The Man I love”, dando una sensazione del dettaglio ottima, in un incisione in N.Y. City del 23 dicembre 1943!
Passando a qualcosa di più moderno diventa puro godimento la riproduzione del disco di Max Roach, con il suo ensemble di percussioni M’BoomRePercussion, per la Soul Note, intitolato “M’Boom Collage”. Dal campanello alle campane passando per vibrafono, batteria, steel drums e mille altre diavolerie, tutto è al proprio posto timbricamente (dove in particolare il vibrafono non scherza) ma soprattutto spazialmente sia in larghezza che in profondità ma soprattutto in altezza (ed è questa la differenza principale, in questo caso, rispetto alla AT95).
L’aria tra gli strumenti è aumentata notevolmente. La conferma definitiva deriva dall’ascolto del “Take five” (immancabile) del quartetto di Dave Brubeck (
Time Out) dove la timbrica eccellente del piano del leader e del sax contralto di Paul Desmond sono perfette e distanziate in misura nettamente maggiore rispetto al precedente. Discorso a parte merita l’assolo formidabile del batterista Joe Morello con uno strumento addirittura “troppo” grande
La chitarra di Leo Kottke in “6 & 12 string guitar” viene perfettamente restituita in tutta la sua pienezza dalla maestria di Leo. Sembra di averlo seduto sul suo sgabello proprio di fronte a me, alla giusta altezza. I passaggi più veloci fanno venire i brividi. Lo stesso dicasi per quella di Mike Knopfler passando “Private Investigations” dei Dire Straits.
Le voci trovano l’apoteosi in un mix di naturalezza, potenza e dettaglio. Da quella di Antonella Ruggiero in “Registrazioni Moderne” (basso prodigioso in “Fantasia” con i Blue Vertigo) a quelle in “Woman in chains” dei Tears for Fears (Seeds of Love). La vociona di Tennessee Ernie Ford in “Country hits … feelin’ blue” lascia sbalorditi per l’impatto che genera stando di fronte ai diffusori. La delizia continua con Joni Mitchell in “Night Ride Home”.
Se parliamo di voci non può certo mancare quella del “più grande poeta del dopoguerra” (come lo definiva Fernanda Pivano) cioè Fabrizio De André. Dal suo bellissimo “Anime Salve” si parte al 100% con Princesa e la potenza della perfetta dizione sommata alla profondità del tono della sua voce meravigliosa si stagliano perentorie al centro della scena, con un impatto emotivo fortissimo, ed una autorevolezza nella riproduzione a livello di eccellenza soprattutto nel dettaglio.
Impagabili le voci di Armstrong e di Ella Fitzgerald in “A Foggy Day” (in London Town) da “Ella and Louis” così come la cornetta di Armstrong che perde ogni durezza ed acquista spessore.
La tromba di Fabrizio Bosso in “
We Wonder” rivela la sua ambratura in pieno, così come tutti gli strumenti del resto del quartetto, allargato agli ottimi interventi di Nico Gori al clarinetto. Questo ottimo disco ha la sua forza negli arrangiamenti e nell’esecuzione di prim'ordine ed è registrato bene timbricamente ma è abbastanza “in cantina” dal p.d.v. prospettico dell’immagine. La testina riesce a sollevarlo almeno al piano terra
In termini di dinamica, dettaglio e ampiezza della scena sonora il godimento è alle stelle con gli effetti delle elettroniche ed i suoni di sintesi degli Art of Noise in “Below the Waste”.
Per la classica, oltre ai concerti per pianoforte e orchestra di Mozart interpretati magistralmente da Mitsuko Uchida con la English Chamber Orchestra diretta da Sir Jeffrey Tate, mi ritrovo poi, all’interno della Basilica di Saint-Madeleine in Vézelay-Yonne dove il violoncello di Rostropovich viene restituito con tutte le sue sfumature e con un effetto di ambienza eccellente. Questo cofanetto capolavoro (J.S. Bach Cello Suites – Warner Classics) è una di quelle opere del genere umano da portare sulla Luna ed il piacere nel sentirlo così ben riprodotto appaga veramente tanto.
Per chiudere passo alle Stagioni di Vivaldi (dal cimento dell’Armonia e dell’Inventione) eseguite dal The English Concert diretto da Trevor Pinnock con il violino solista di Simon Standage (Arkiv Produktion). Disco non facile da riprodurre correttamente sia per la dinamica feroce sia per l’individuazione degli strumenti sia anche per il timbro degli archi nell’ensemble. La disposizione spaziale è molto più identificabile ed il violino solista si staglia ed è timbricamente perfetto senza il minimo accenno di durezza. Gli insiemi sono piacevoli e mai affaticanti. Ottima performance per una riproduzione non facile!
La prova definitiva della bontà del dettaglio arriva con l’ascolto in cuffia (Ifi Zen Can + Sennheiser HD560s) del capolavoro (della musica moderna non solo del Jazz) di John Coltrane “A Love Supreme” dove la batteria di Elvin Jones emerge, con tutta la sua africanità, nella pelle del rullante e nello scintillio dei piatti, sui quali Elvin è maestro assoluto. Il mantra è ovviamente quello del brano Acknowledgement. Il giro di basso di Jimmy Garrison e il pianismo totalizzante di McCoy Tyner concludono il quadro di uno dei gruppi più importanti della storia del Jazz.
Inutile dire che l’ascolto non può che proseguire con l’altro capolavoro, unico affiancabile a quello sopra, cioè “Kind of Blue” di Miles Davis, dove accanto allo stesso Coltrane e al leader troviamo ancora J. Garrison, Jimmy Cobb alla batteria mentre al piano si alternano altri due giganti: Bill Evans e Wynton Kelly. Ma una stella altrettanto lucente è Julian “Cannonball” Adderley sulla cui splendida voce del contralto mi concentro, con un a solo meraviglioso in Flamenco Sketches, tale che si avvicina molto, se non supera, a Coltrane come tensione emotiva ed espressività del fraseggio.
Devo dire che la “prova di ascolto” alla fine si è rivelata una piacevolissima corsa ad ascoltare questo e quello, tutto ciò che mi veniva in mente e alzare il volume fino alla lite condominiale (scherzo ovviamente): tutti segnali che il godimento subentra all’analisi perché la musica viene prima ma ascoltarla bene la incalza da vicino.
Conclusione: è una testina che fa della naturalezza il suo punto di forza, priva di qualsiasi asperità, non perde niente in dinamica e potenza con un dettaglio ed un immagine eccellenti.
La AT95ML/SH si conferma un ottima scelta per la sua fascia di prezzo ed anche di più. La AT33 credo che possa ricalcare il giudizio precedente ma ad un livello nettamente superiore, da tutti i punti di vista, compreso quello del prezzo. Soddisfatto? Entusiasta come un bambino, soprattutto di godere tutta questa musica meravigliosa con rinnovata curiosità ed energia! Il pre fono Ifi Zen ha dimostrato, anche in questo caso, tutta la sua potenzialità (in termini di purezza intesa come non aggiungere niente di suo se non una riproduzione precisa) ed il settaggio su MC-low (per testine con output>0.25 Mv) è risultato appropriato anche in assenza di settaggio dell’impedenza (la testina richiede >100 ohm e qui siamo a 1000). Inoltre la sua alimentazione dedicata ha migliorato ulteriormente la definizione del suono e gli ha dato buoni 10Hz in più di estensione in basso (verificato anche con la precedente testina). Sarei curioso di sentire la At33 con componenti superiori (come ho letto con alcune prove in rete) ma come sapete questa è la strada della perdizione.
Ultima modifica di @mau il Lun Dic 19 2022, 12:45 - modificato 1 volta.