Folgoranti (quasi accecanti) nella loro creatività, gli One Direction marciano sicuri verso il futuro della musica "rave" adattata alla generazione attuale che ormai stanca delle cacofonie punk e del noise-techno chiede, e a ragione, verità, autenticità, nobiltà, sensibilità, fantasia e, non da ultimo, bellezza. Sono dei bei ragazzi, inutile negarlo. Nel giro di pochi anni sono riusciti a prendere confidenza con il dream-pop alla Cocteau Twins o alla Dead Can Dance portandolo a velocità mai udite prima. Oggi li ritroviamo più lucidi, perfettamente calati nei ritmi dell'industria discografica attuale, demiurghi consacrati del pop super melodico, next big thing, eredi naturali dei Verve, Oasis, Blur e Radiohead.
In ogni loro album la dose viene rincarata. Gli One Direction sono in grado di tratteggiare spazi infiniti sublimi. Ogni nota è una fiaccola ardente che va a deformare e sconvolgere 40 anni di bruttura psichedelica. Da insolenti ministri del sintetizzatore digitale spargono a larga mano miracoli di suite, arrangiamenti di celestiale luce adorni e fughe melodiche da ascoltare finché non muore il giorno. Le loro armonie sono atti di favelle surreali in grado di mostrare da lontano le origini vaudeville. Pensiamo all'ultima fatica, Midnight Memories ... memorie di mezzanotte. Cosa potrebbero essere queste memorie, questi nostalgici ricordi se non acquarelli al servizio degli spiriti della notte? Non v'è qui oceano di menzogne o fantasie irreali, ma un crescendo di arabeschi cromatici che esplorano il lato oscuro d'ogni commossa fan in cerca d'autografi. Una gioventù che si fa Arte, non per gioco, non per distrazione, né per futile passatempo. Una gioventù che si accorge, come in passato fece Giorgio de Chirico, che i tempi della metafisica sono finiti ed è giunto il momento di entrare nelle grazie dei vari Rubens, Tiziano, Tintoretto.
Ed estrema emozione mi dà quella canzone che fa "Written in these walls are the stories that i can’t explain
I leave my heart open but it stays right here empty for days"