Secondo questa singolare teoria relativista, che io rispetto ma non condivido, l'ascolto della musica è un'attività della psiche (priva di substrato organico?) del tutto svincolata da fenomeni fisici reali, dalla valenza altamente "creativa" e in quanto tale fortemente influenzata dalla soggettività individuale. L'alta fedeltà è dunque materia ideale di dissertazione astratta a causa della complessità dei fenomeni in gioco e della sostanziale impossibilità di definire metodologie e regole universali di giudizio. Le recensioni, poi, sono peggio dell'aria fritta, perché la descrizione del suono di un sistema riproduttivo è ampiamente opinabile a causa della mancanza di parametri o criteri oggettivi per riconoscere la qualità dei suoi componenti.
A dir la verità a me non sembra sia così, anzi sono convinto che il ruolo della soggettività nei giudizi audiofili sia ampiamente sopravvalutato. Al contrario trovo che, a certi livelli di eccellenza e di esperienza, i giudizi descrittivi siano molto spesso simili e in alcuni casi perfino identici e la cosa non mi sorprende affatto perché certe qualità o ci sono, e in questo caso si sentono, oppure non ci sono e allora non puoi inventartele. Allo stesso modo non tutte le recensioni sono uguali. A volte leggo delle recensioni straordinariamente istruttive e piacevoli, che descrivono perfettamente il carattere sonico degli oggetti hi-end e al tempo stesso rivelano la passione e la competenza del loro autore.. all'estremo opposto ci sono i "resoconti" noiosissimi che sembrano scritti con la calcolatrice da un ragioniere o da un "aspirante giornalista" terrorizzato dall'idea di dire la parola sbagliata nel luogo sbagliato e scontentare anche un solo lettore (calcolo che oltre a rivelare la vanità e il meschino amor proprio dello scrivente si rivela perfettamente inutile perché tanto accade comunque, nonostante tutti i virtuosismi dialettici e le precauzioni). Ma andiamo avanti.
Dunque tutte le opinioni sono "vere" (fino a prova contraria? No, sono vere e basta, perché già ammettere l'onere della prova è un'idea molesta), tutte le opinioni si equivalgono e tutti i giudizi sono arbitrari perché, alla fin fine, si tratta sempre e solo di una questione di gusti o di "preferenze soggettive" insindacabili al pari de: "il mio colore preferito è il giallo", "io preferisco il mare alla montagna, le bionde alle more, il tè al caffè, etc. ". (Mah!)
Come corollario di questa audace versione della Teoria del Caos, chiunque può scrivere qualsiasi cosa e tutti posso sostenere tutto e il contrario di tutto tanto non esisterebbe la possibilità di dimostrare l'errore, né di essere smentiti. Tutti hanno ragione e non importa se in questo modo nessuno ha ragione (paradosso logico). In questo strano ambiente vige, inviolabile, il sacro principio del "non esiste una strada migliore di altre" (One Best Way), mutuato forse, ma non ci scommetterei troppo, dal principio dell'equifinalità della teoria dei sistemi, secondo il quale: "in un sistema aperto tutte le strade portano a risultati equiparabili" e tutti i percorsi (anche quelli casuali o provvisori o improvvisati o obbligati?) sono equivalenti. Coerentemente con tale impostazione, gli audiofili pensano che tutte le strade sono lecite ed è per questo motivo che impiegano tante risorse ed energie nella ricerca incessante di nuovi componenti, nuovi abbinamenti, nuove sinergie, cambi, sostituzioni, prove, etc., un'attività del tutto comprensibile secondo queste premesse. Curiosamente, però, molti fautori dell'orientamento sistemico (che non c'entra nulla con il relativismo) smentiscono se stessi un istante dopo quando affermano, ad esempio, che il tal abbinamento "x+y" è senz'altro migliore dell'abbinamento "x+z", in evidente contraddizione con il principio dell'equifinalità (se il comportamento finale -il risultato- di un sistema aperto è determinato da un'influenza reciproca tra le parti, gli stessi risultati possono avere origini diverse. E risultati diversi possono essere prodotti dalle stesse cause.). E' di solare evidenza che, se non esiste un metodo o procedimento unico per risolvere i problemi o raggiungere obiettivi di qualunque genere, allora non può esistere neppure una soluzione migliore delle altre! Questo tipo di relativismo, meglio conosciuto come “pensiero debole”, cade nell’errore confusionale di asserire l’impossibilità di stabilire che qualcosa, qualcuno o qualche sistema possa essere considerato migliore o peggiore di qualcos’altro.
" Gli ideali sono cose pericolose. E' meglio la realtà: ferisce, ma vale di più". (O. Wilde)
Che le cose non stiano proprio così - ha ragione Vattimo nel sostenere l'impossibilità logica della esistenza reale di un relativista, cioè di qualcuno che "mentre dice una cosa affermi insieme che qualunque altra, contraddittoria con la prima, ha lo stesso valore di verità" - e che solo in casi rari esiste una vera accettazione delle verità diverse dalle proprie, lo dimostrano proprio i forum dove le discussioni audiofile finiscono spesso e volentieri in accese dispute etico-morali, filosofiche, ideologiche ed economiche che assomigliano più a dialoghi tra sordi che a scambi di opinioni tra "relativisti", cioè tra persone che ripudiano ogni forma di assolutismo e autoritarismo ideologico. Il richiamo alla "soggettività" è allora un pretesto per "relativizzare" i giudizi altrui che non si condividono e, in ultima analisi, evitare il confronto, vissuto come una competizione invece di un libero scambio di idee tra appassionati interessati a scambiarsi informazioni utili e a realizzare una comunicazione efficace, il cui obiettivo è (o dovrebbe essere) quello di pervenire ad un sapere condiviso. Quando il soggetto è diverso da sé stesso e il suo pensare diventa contrasto o alternativa, allora subentra il rigetto della soggettività (altrui) sotto forma di intolleranza.
I risultati e le conseguenze pratiche di questa bella "weltashaung" sono sotto gli occhi di tutti e sono a dir poco desolanti: persone capaci e generose esposte al pubblico ludibrio, costrette sulla difensiva o bandite perché fuori dal coro del grigiore generale dei "massimi sistemi", idee innovative e interventi coraggiosi che cadono nel vuoto dell'indifferenza generale, neofiti assoluti che invece di chiedere, far domande e imparare da chi ha trent'anni e più di esperienza alle spalle, danno fiato alle trombe (alquanto sfiatate), parlando di cose mai viste né sentite (o sentite nel caos del Top Audio, che è la stessa cosa), anonimi predatori che saccheggiano a loro piacimento i siti altrui senza neanche presentarsi come se fosse una cosa normale entrare in casa d'altri senza bussare solo perché la porta è aperta, dittatorelli in cerca di autorevolezza (e impunità) che reagiscono scomposti quando qualcuno gli fa notare che hanno detto una stronzata (il problema è saperlo!), per non parlare di quelli che aprono bocca solo per criticare, campioni di uno sport nazionale di cui esser fieri, quello di parlar male alle spalle di chiunque.
In alcuni casi però, devo ammetterlo, le cose diventano davvero interessanti. Visto che l'esperienza non te la puoi inventare e nemmeno nasconderla, alcune persone hanno trovato un escamotage realmente “geniale” per superare qualunque obiezione, hanno inventato il relativismo critico! Sono i cosiddetti "relativisti dell'IMHO", quelli che affermano: "forse dico una stronzata ma è la mia stronzata!" (vuoi mettere la soddisfazione!) o "non mi importa se i miei giudizi non hanno alcuna corrispondenza con i tuoi (o piuttosto con la realtà?).. ognuno ha la sua verità, io la mia, tu la tua, etc. (chissà che ne pensa il Papa) o peggio, i teorici della contraffazione, quelli sul genere del "forse la meccanica Kalista è superiore a quella dell'Oppo (forse?), ma io preferisco il secondo, perché nel mio sistema (presumo acquistato su Marte) suona meglio del primo" (non stento a crederlo). E' proprio vero, ognuno ha i gusti che si merita.