http://www.renatogiussani.it/varie/Audioplay/Articoli/Interazione_debole_AP.pdf
Letta molti anni fà,capito nulla.
Riletta adesso con gli occhi dell'esperienza fatta finora,è una goduria.E vediamo cosa capisco oggi allora.
"Alterazioni anche deboli del segnale stereofonico possono essere interpretate all'ascolto in termini di alterazione dell'immagine sonora a condizione che siano correlate con il segnale musicale."
Questa è l'ipotesi che sta alla base della "teoria dell'interazione debole".
Affermazione banale se vogliamo,aggiunge Paolo Nuti,ma io non direi,almeno finchè non sono certo di averne compreso appieno il significato.
In sostanza mi rimane il solo dubbio se al posto di segnale stereofonico possiamo sostituire segnale monofonico senza alterare il significato.Cioè,parlare di segnale stereofonico significa escludere il monofonico,oppure si tratta del modo corrente di indicare un generico segnale audio da riprodurre?
Sono dannatamente pignolo e analitico,lo sò.
Ma sò che il miglior modo di capire le cose è praticarle,ed è proprio alla luce della mia maggior pratica che sto rileggendo.
Proseguendo nella lettura si capisce che lo scopo della teoria è quello di rendere conto di certi presunti effetti dell'hi-end relegandoli però solo appunto nel campo della scena.
Ma perchè interazioni deboli?
Perchè si parla di modifiche al segnale nelle sue componenti deboli,cioè quelle teoricamente al di sotto della soglia dell'udibilità.
Si porta ad esempio il caso della codofica Atrac del MiniDisc,laddove l'eliminazione dei segnali deboli determina un sistematico appiattimento della scena,da cui nasce il legittimo il sospetto esclusivo di un collegamento fra interazioni deboli e scena acustica.
Poi c'è la questione della correlazione fra il disturbo,inteso anche nell'ampia accezione di manomissione del segnale fatta ad arte, e il segnale originale.
Questo è un punto che fà parte della mia esperienza percettiva,tanto da chiedermi quanto abbia lavorato in me sottotraccia l'antica lettura dell'articolo,allora non compreso.
Vediamo come và oggi.
Ma qui mi fermo adesso per darvi modo di leggere se volete l'articolo e di meditare e/o di rispondere.
Vi lascio momentaneamente con una riflessione su quanto finora letto.
Da un lato il limite posto dalla teoria sull'influenza relativa alla sola scena sembra limitarne la portata.Dall'altro i "misteriosi" legami fra la scena acustica,fittizia quanto volete, e il godimento della musica in sè,porterebbe a pensare ad una sua portata estensiva.
Diego Nardi dichiara infatti di non perseguire mai la scena acustica nel progetto delle sue casse,ma quando c'è il suono sembra a ruota seguire anche la scena.Io faccio lo stesso colla progettazione dei miei cavi e arrivo alle stesse conclusioni.
Ciao,Sebastiano.
Letta molti anni fà,capito nulla.
Riletta adesso con gli occhi dell'esperienza fatta finora,è una goduria.E vediamo cosa capisco oggi allora.
"Alterazioni anche deboli del segnale stereofonico possono essere interpretate all'ascolto in termini di alterazione dell'immagine sonora a condizione che siano correlate con il segnale musicale."
Questa è l'ipotesi che sta alla base della "teoria dell'interazione debole".
Affermazione banale se vogliamo,aggiunge Paolo Nuti,ma io non direi,almeno finchè non sono certo di averne compreso appieno il significato.
In sostanza mi rimane il solo dubbio se al posto di segnale stereofonico possiamo sostituire segnale monofonico senza alterare il significato.Cioè,parlare di segnale stereofonico significa escludere il monofonico,oppure si tratta del modo corrente di indicare un generico segnale audio da riprodurre?
Sono dannatamente pignolo e analitico,lo sò.
Ma sò che il miglior modo di capire le cose è praticarle,ed è proprio alla luce della mia maggior pratica che sto rileggendo.
Proseguendo nella lettura si capisce che lo scopo della teoria è quello di rendere conto di certi presunti effetti dell'hi-end relegandoli però solo appunto nel campo della scena.
Ma perchè interazioni deboli?
Perchè si parla di modifiche al segnale nelle sue componenti deboli,cioè quelle teoricamente al di sotto della soglia dell'udibilità.
Si porta ad esempio il caso della codofica Atrac del MiniDisc,laddove l'eliminazione dei segnali deboli determina un sistematico appiattimento della scena,da cui nasce il legittimo il sospetto esclusivo di un collegamento fra interazioni deboli e scena acustica.
Poi c'è la questione della correlazione fra il disturbo,inteso anche nell'ampia accezione di manomissione del segnale fatta ad arte, e il segnale originale.
Questo è un punto che fà parte della mia esperienza percettiva,tanto da chiedermi quanto abbia lavorato in me sottotraccia l'antica lettura dell'articolo,allora non compreso.
Vediamo come và oggi.
Ma qui mi fermo adesso per darvi modo di leggere se volete l'articolo e di meditare e/o di rispondere.
Vi lascio momentaneamente con una riflessione su quanto finora letto.
Da un lato il limite posto dalla teoria sull'influenza relativa alla sola scena sembra limitarne la portata.Dall'altro i "misteriosi" legami fra la scena acustica,fittizia quanto volete, e il godimento della musica in sè,porterebbe a pensare ad una sua portata estensiva.
Diego Nardi dichiara infatti di non perseguire mai la scena acustica nel progetto delle sue casse,ma quando c'è il suono sembra a ruota seguire anche la scena.Io faccio lo stesso colla progettazione dei miei cavi e arrivo alle stesse conclusioni.
Ciao,Sebastiano.