Mi permetto di riportare questo stralcio su Le Corbusier che tempo fa mi avvicinò moltissimo a questo fantastico architetto ...la mia passione per James Eames è passata al secondo posto dopo questa lettura anche se di Eames ho la fortuna di avere la sua fantastica poltrona che mi permette di ascoltare musica in assoluto relax .... Fantastico unire due passioni ...musica e architettura
«La musique est: temps et espace, comme l’architecture» (Le Corbusier, 1954, p. 29): per Le Corbusier musica e architettura sono da sempre i due linguaggi delle geometriche strutture dello spazio e del tempo. Melomane competente ed entusiasta, elegante creatore di metafore musicali, Le Corbusier pensa l’architettura come sintesi delle arti, compendio misurato di forme, volumi, colore, sonorità e musica. Il suo Modulor, utilizzato da Xenakis in Metastaseis nel 1955, è il manifesto di un ideale architettonico e cosmologico che contempla al proprio interno la misura musicale, l’armonia, come il lettore induce dal sottotitolo del libro: «Essai sur une mesure harmonique à l’échelle humaine applicable universellement à l’architecture et à la mécanique». Non per caso l’opera si apre col riferimento a Pitagora, che nella storia della cultura musicale europea è non solo l’inventore dei numeri sonori e delle consonanze musicali fondate sui rapporti numerici, ma anche il filosofo che ha applicato la teoria matematica della musica all’architettura del cosmo, innalzando quindi l’ordine e la misura a criterio di organizzazione e ordinamento del tutto. Dopo l’omaggio a Pitagora, Le Corbusier disegna un excursus storico che dal canto gregoriano giunge ai compositori e alle musiche atonali del Novecento, passando per Bach, Mozart, Beethoven, Debussy, Ravel, fino a Erik Satie e Stravinsky. Il teorico delle forme spazio-temporali dichiara che nel proprio progetto demiurgico ha costantemente presente la musica, perché per lui «la musique e l’architecture dépendent de la mesure». E nelle sue Précisions sur l’état présent de l’architecture (Parigi, 1994, p. 12), Le Corbusier scrive: «Architecture et musique sont sœurs, très intimes …, l’architecture est dans la musique, la musique dans l’architecture».
Se dalla testimonianza dell’architetto contemporaneo volgiamo l’attenzione al millenario passato delle due ‘arti sorelle’, non tardiamo a ritrovare le stesse convinzioni che animano Le Corbusier, la stessa attitudine ad associare le due arti dello spazio e del tempo. Nella cultura antica e nella sua eredità rinascimentale e moderna, musica e architettura sono due potenti contenitori, spaziale e temporale, due ‘forme a priori’ della mente (come dice Kant) progettate dal pensiero per contenere e accordare i moti disarmonici del vivente. Attraverso lo spazio architettonico e il tempo musicale l’uomo diventa cittadino d’un altro mondo, è partecipe di un cosmo prodotto dal pensiero, parallelo alla realtà e modello della realtà, valore ideale che aiuta l’uomo a vivere e che stimola l’uomo a migliorare la propria condizione nel mondo. Non è un caso che l’esperienza estetica dell’uomo nello spazio e nel tempo ideati dall’architettura e dalla musica sia stata percepita e pensata nella storia millenaria della cultura europea in maniera e con modalità del tutto analoghe all’esperienza umana del divino, all’intima comunione dell’uomo con le potenze superiori che dall’alto governano la vita del mondo. È in virtù della contiguità dell’architettura e della musica col divino che fin dalla classicità, precisamente dalle teorie cosmologiche formulate da Platone nel Timeo, Dio è rappresentato come un divino demiurgo, come il dio geometra, musico e saggio architetto celeste animato dalla ricerca del bene, che crea l’architettura del tempio mondano ornandolo della musica prodotta dal moto circolare dei corpi celesti e dai ritmi eterni dell’anima del mondo, allo scopo di contenere e accogliere nel modo più consono le menti e la vita degli uomini di passaggio su questa terra.
Arti sorelle, musica e architettura hanno costruito e custodito il loro prestigio nella cultura europea basandosi sulla potenza del numero, della misura, della simmetria e della proporzione, in breve, dell’armonia. La loro gloria è fondata da due millenni sull’affinità del numero con l’anima dell’uomo, sulla proprietà del numero di accordare l’affetto. Nel Proemio al primo dei cinque libri del De institutione musica, intitolato «La musica è per natura legata a noi, ed eleva o distrugge i costumi», Boezio (V-VI secolo d.C.) afferma che, delle quattro discipline matematiche (aritmetica e musica, geometria e astronomia) che hanno in comune la ricerca della verità, solo la musica è connessa alla moralità e ai costumi: «Nulla è infatti così strettamente umano quanto l’abbandonarsi a dolci armonie e il sentirsi contratti dalle discordanti: ciò non si limita a gusti singoli o a singole età, ma abbraccia le tendenze di tutti; e così i bambini, i giovani e pur anco i vecchi sono rivolti alle armonie musicali in virtù di naturale e per così dire spontanea disposizione, in modo che non esiste un’età che si sottragga al fascino di una dolce melodia». L’udito è per Boezio il più potente dei sensi, perché ha accesso diretto alla mente: «In ogni campo non c’è via più diretta dell’udito per raggiungere la mente. E quando, per questo tramite, i ritmi e i modi sono penetrati nell’anima, non v’è dubbio che essi, conformemente alla loro natura, influenzino e regolino la mente». Nel cuore della «scienza della musica» di Boezio c’è l’uomo, c’è la convinzione che «la musica è congiunta a noi sul piano naturale in modo che, anche se vogliamo, non possiamo farne a meno».