Qualche rocker lo citerà prima o poi nelle sue canzoni come ha fatto Ian Dury con Peter Blake, o Jonathan Richman con Picasso? Per il momento è lui, Jack Vettriano, a trovare nei versi musicali di Leonard Cohen, Joni Mitchell, i Beatles, i Four Tops diretta ispirazione per i suoi dipinti. Così è stato anche per il suo famoso The singing butler, in cui solo alla fine si accorse che quella coppia raffigurata danzava sulla spiaggia senza neanche un grammofono e s’inventò allora che il maggiordomo munito di ombrello cantasse Come fly
with me di Frank Sinatra. I titoli musicali sono una costante nella produzione artistica di Vettriano, uno dei pittori più diffusi nelle case di mezzo mondo grazie ai tre milioni di poster venduti con lavori suoi tutti ispirati a un mondo rétro.
Careless love (amore trascurato, frase presa dalla biografia di Elvis Presley) racconterà di una coppia sfaldata, di una lei a cui lui più non rivolge attenzioni, anteponendo il proprio egoismo anche alle più piccole richieste di affettività. A trace of sadness (da una canzone dell’Electric Light orchestra) indica come anche nella gioia si possa avere l’intuizione dell’infelicità. Due titoli psicologici, insidiosi, non facili da trasferire sulla tela. «Dipingendo mi attengo scrupolosamente a quei titoli, sono il solco da seguire e, rileggendoli, correggo il soggetto se mai dovessi allontanarmi dall’idea iniziale».
Sotto, «Dance me to the end of love» (da un titolo di una canzone di Leonard Cohen).
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with me di Frank Sinatra. I titoli musicali sono una costante nella produzione artistica di Vettriano, uno dei pittori più diffusi nelle case di mezzo mondo grazie ai tre milioni di poster venduti con lavori suoi tutti ispirati a un mondo rétro.
Careless love (amore trascurato, frase presa dalla biografia di Elvis Presley) racconterà di una coppia sfaldata, di una lei a cui lui più non rivolge attenzioni, anteponendo il proprio egoismo anche alle più piccole richieste di affettività. A trace of sadness (da una canzone dell’Electric Light orchestra) indica come anche nella gioia si possa avere l’intuizione dell’infelicità. Due titoli psicologici, insidiosi, non facili da trasferire sulla tela. «Dipingendo mi attengo scrupolosamente a quei titoli, sono il solco da seguire e, rileggendoli, correggo il soggetto se mai dovessi allontanarmi dall’idea iniziale».
Sotto, «Dance me to the end of love» (da un titolo di una canzone di Leonard Cohen).
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