ADVISORY: questo 3D è espressamente dedicato a colui il quale definì questa pietra migliare
"quattro accordi elementari intorno a una voce da tacchino castrato"
con la speranza che possa presto redimersi...
Amen.
ps:raga..lo stiamo perdendo..
Non avevano la camaleonticita' dei LED ZEPPELIN, e neppure il rigoro classico dei DEEP PURPLE, la loro vena musicale, non era neppure attraversata da certe reminescenze progressive come poteva capitare negli URIAH HEEP; i Black Sabbath sono stati unici nel loro genere, unici nel proporsi visivamente, e nelle tematiche che servivano per creare le premesse a quel loro particolare universo popolato da molteplici ombre e sinistre figure.Tony Iommi e' stato da sempre il riff-man per eccellenza del Rock Duro, con quel suono fatto di spigoli vivi, e suoni distorti sporchi ai confini dell'udibilita', Ozzy, era l'anfitrione: non un grande cantante, tecnicamente parlando, ma dotato di quell'espressivita' pazzesca, e di quel carismatico modo di essere da non riuscire a scindere il confine che separa la follia dalla normalita'. Un grande attore sulla strada impetuosa del Rock e sui sentieri della vita.Geezer Butler e Bill Ward, la macchina ritmica di questa potente fuoriserie; si badi bene che questa potenza non era dettata esclusivamente solo da velocita' e rozzezza, anzi, il loro modo di suonare, e di muoversi in simbiosi ha generato un palpitante e preciso battere ritmico, anche virtuoso in certi momenti, che raramente il rock duro ha trovato pari.Fecero il loro splendido esordio fra sinistri rintocchi di campana e venti autunnali agli albori del 1970 con un magistrale album di esordio dal titolo omonimo: BLACK SABBATH.In esso erano contenute autentiche perle che in seguito avrebbero creato un genere ben lungi dall'affievolirsi, canzoni come N.I.B., o SLEEPING VILLAGE, solo per citarne appena un paio ne sono di esempio; proseguirono con opere sempre di elevato spessore artistico fino alla meta' degli anni 70 con dischi come VOL. 4, o SABBATH BLOODY SABBATH, o ancora MASTER OF REALITY, dove altre canzoni davano sfoggio in quell'oscura e paradossale brillantezza di se stesse.
Anyway...
WAR PIGS (7.57): un riff pesante di gravita' assoluta, e lontane sirene ci catapultano immediatamente nei meandri di questo incubo vissuto ad occhi aperti attraverso il narrante cantare di Ozzy: perfetto per interpretazione. Il brano e' un susseguirsi di stacchi improvvisi intervallati da piccole parti solistiche di chitarra, il ritmo abbandona quella sua gravita' di partenza per lanciarsi in una ritmica rullante come quella di Ward suggerisce.Puro Sabbath Sound, per quelle atmosfere sinistre che da sempre ha trovato linfa vitale nelle opere piu' ispirate. La parte centrale e' un solismo di chitarra che fa' da spartiacqua alla seconda parte della canzone, in cui Ozzy si prodiga ancor di piu' in quel suo particolare cantilenante modo di.......vocalizzare. La parte finale e' strumentale, ed e' bellissima: Iommi sale in cattedra e' ridisegna il genere duro del rock, prima attraverso riffs che fanno da base melodica, e al tempo stesso creano i presupposti per quel suo particolare solismo "malsano".
PARANOID (2.52): altro caposaldo del genere, e canzone questa che venne sapientemente usata all'epoca come trampolino di lancio a 45 giri per tutto il disco. E' una canzone, semplice, immediata nella sua ruvida vena melodica, eppure conserva tutte quelle priorita' stilistiche che da sempre hanno marchiato il suono Sabbath. Batteria e basso che scandiscono velocemente in piena intesa e precisione i tempi, chitarra che subito si adegua, e Ozzy che salendo di una tonalita' rispetto al brano precedente fa' emergere quella sua particolare timbrica talmente sgraziata, da risultare al tempo stesso perfetta per la riuscita di questa canzone.........questa brano lo puo' cantare solo Ozzy e nessun altro.
PLANET CARAVAN (4.34): i suoni improvvisamente si affogano in paludose e torbide acque psichedeliche, i tempi sono morti, e figurativi al tempo stesso, da rendere vividi in lontananza colori grigi e nebulosi, il cantato e' una nenia filtrata proveniente da una lontana dimensione, primitivi e naturali tambureggianti suoni fanno da tappeto musicale, per un solismo di Iommi in sottotono, niente velocita', niente distorsione, qui prendono forma toni limpidi e angusti, dal rendere il tutto talmente magistrale, perche' Iommi qui si produce in quello che di solito la musica del Sabba raramente richiede: pace, e abbandono.
IRON MAN (5.56): altro classico, e altro brano inaugurato da tanta vena sinistra a base di riff potente e peso per gravita', ove Ozzy riesce a trovarsi talmente a suo agio in una di quelle prove vocali che ne hanno fatto di questa canzone una delle sue prove fra le piu' leggendaria.Il cantato procede in simbiosi scandendo la stessa vena melodica del riff, Ward alle percussioni "riempie" come non mai, tanto che egli stesso insieme ad Iommi accelerano i tempi per prodursi in un intermezzo centrale strumentistico bellissimo che sembra quasi gli stessi strumenti come acque in un fiume, stiano per abbattere argini, e liberarsi da ogni inibizione restrittiva, ma e' solo un momento che verra' rimandato di qualche strofa, tanto che l'apoteosi il brano lo raggiungera' nella parte finale dove avra' un po' piu' spazio alla ricerca di quella liberta' strumentistica, di cui parlavo prima: chitarra lanciante gemiti di dolore, percussioni velocissime come non mai, e basso vorticoso, da creare tutto l'impasto sonoro come un unica palla di fuoco lanciata a gran velocita'.
ELECTRIC FUNERAL (4.52): i suoni pregni di tanta malsanita' trionfano in questa veglia, dove il cantato non e' un cantato, bensi' una recita funebre, i ritmi in sottofondo sono sornioni ma obliqui ed ambigui, dopo questo intermezzo, Iommi si lancia in uno dei "suoi" riffs colmi di tanta malata bellezza, e Ozzy subito si adegua prodigandosi in un azzeccato controcanto. Il brano prosegue e termina in quel suo particolare incedere, sfumato, sempre piu' lontano.....
HAND OF DOOM (7.05): il malefico tocco satanico e' appannaggio questa volta di un introduzione bassistica in sottotraccia e beffarda, tanto che e' solo un momento che subito ci troviamo in mezzo ad autentiche esplosioni elettriche dove i vocalizzi di Ozzy si impennano. Prosegue il tutto fra stacchi e botti per 3 minuti, quando la canzone mostra la sua seconda anima, cambiando pelle, e azzannando il lirismo musicale attraverso improvvisi tempi in battere velocissimi che in futuro avrebbero generato la corrente trash del genere.Parte solistiche sul finire della canzone molto introspettiva da parte di Iommi, tanto che disegna una linea melodica da cui non sembra riuscire a spiccare il volo espressivo.......e' solo una beffa questa, che crea i presupposti per proiettare la canzone verso quelle tracce di partenza fatte di ombre, stacchi, e secche impennate strumentistiche.
RAT SALAD (2.30): atipico brano questo, perche' altri non e' che il presupposto per quello che verra' poi........ si tratta di una parte strumentale fatta di tempi diversi in cui fra varie rullate si lancia Iommi in quel suo solismo stridente, e Ward in un assolo in cui a tratti riemerge quel suo lontano ormai tocco jazzistico.
FAIRIES WEAR BOOTS (6.14): i presupposti del brano precedente hanno qui la loro onorata giustificazione in questo splendido capolavoro Sabbathiano, che secondo mia opinione non e' soltanto la piu' bella e completa canzone del disco, ma addirittura di tutto il catalogo Sabbath.
Prende inizio il tutto da un riff lontano, che sempre piu' riemerge attraverso un linea melodica drammatica, la chitarra in questo episodio geme e chiede pieta' offrendo sottomissione, per poi spiccare il volo in completa solitudine e duellando al tempo stesso con nevrotiche rullate di Ward.Il ritmo trova "pace" attraverso un ondivago tempo ritmico, ove compare Ozzy...... che qui e' assolutamente divino! Un misto di rabbia ed aggressivita' urlata a squarciagola con disprezzo e perfetta immedesimazione, fra rasoiate chitarristiche e un basso di Butler violentissimo; un secondo e via! La canzone cambia tutto, tempi, melodia, e si rigenera in un susseguirsi musicale che sembra non finire mai; hard rock di gran classe, per varieta' di suono e umore, mai uguale a se stesso, tecnicamente perfetto, e soprattutto carico di tutto quel coinvolgimento emotivo che riesce a fare la differenza fra un lavoro qualunque ed un capolavoro. Mai piu' i Sabbath toccheranno questi vette, ma hanno avuto la fortuna e la capacita' di respirare ad altitudini spaventosamente alte.
buon ascolto,
liz
"quattro accordi elementari intorno a una voce da tacchino castrato"
con la speranza che possa presto redimersi...
Amen.
ps:raga..lo stiamo perdendo..
"Quando la luna, regina della notte,
diffonde sulla terra la sua dolce luce argentea,
le ostriche dai fondali marini salgono in superficie
ed aprono le valve lasciandosi cullare dalle onde del mare.
All'interno delle valve i raggi lunari in un atto d'amore,
si fondono con le gocce di rugiada notturna dando origine
alle perle…"
diffonde sulla terra la sua dolce luce argentea,
le ostriche dai fondali marini salgono in superficie
ed aprono le valve lasciandosi cullare dalle onde del mare.
All'interno delle valve i raggi lunari in un atto d'amore,
si fondono con le gocce di rugiada notturna dando origine
alle perle…"
Non avevano la camaleonticita' dei LED ZEPPELIN, e neppure il rigoro classico dei DEEP PURPLE, la loro vena musicale, non era neppure attraversata da certe reminescenze progressive come poteva capitare negli URIAH HEEP; i Black Sabbath sono stati unici nel loro genere, unici nel proporsi visivamente, e nelle tematiche che servivano per creare le premesse a quel loro particolare universo popolato da molteplici ombre e sinistre figure.Tony Iommi e' stato da sempre il riff-man per eccellenza del Rock Duro, con quel suono fatto di spigoli vivi, e suoni distorti sporchi ai confini dell'udibilita', Ozzy, era l'anfitrione: non un grande cantante, tecnicamente parlando, ma dotato di quell'espressivita' pazzesca, e di quel carismatico modo di essere da non riuscire a scindere il confine che separa la follia dalla normalita'. Un grande attore sulla strada impetuosa del Rock e sui sentieri della vita.Geezer Butler e Bill Ward, la macchina ritmica di questa potente fuoriserie; si badi bene che questa potenza non era dettata esclusivamente solo da velocita' e rozzezza, anzi, il loro modo di suonare, e di muoversi in simbiosi ha generato un palpitante e preciso battere ritmico, anche virtuoso in certi momenti, che raramente il rock duro ha trovato pari.Fecero il loro splendido esordio fra sinistri rintocchi di campana e venti autunnali agli albori del 1970 con un magistrale album di esordio dal titolo omonimo: BLACK SABBATH.In esso erano contenute autentiche perle che in seguito avrebbero creato un genere ben lungi dall'affievolirsi, canzoni come N.I.B., o SLEEPING VILLAGE, solo per citarne appena un paio ne sono di esempio; proseguirono con opere sempre di elevato spessore artistico fino alla meta' degli anni 70 con dischi come VOL. 4, o SABBATH BLOODY SABBATH, o ancora MASTER OF REALITY, dove altre canzoni davano sfoggio in quell'oscura e paradossale brillantezza di se stesse.
Anyway...
WAR PIGS (7.57): un riff pesante di gravita' assoluta, e lontane sirene ci catapultano immediatamente nei meandri di questo incubo vissuto ad occhi aperti attraverso il narrante cantare di Ozzy: perfetto per interpretazione. Il brano e' un susseguirsi di stacchi improvvisi intervallati da piccole parti solistiche di chitarra, il ritmo abbandona quella sua gravita' di partenza per lanciarsi in una ritmica rullante come quella di Ward suggerisce.Puro Sabbath Sound, per quelle atmosfere sinistre che da sempre ha trovato linfa vitale nelle opere piu' ispirate. La parte centrale e' un solismo di chitarra che fa' da spartiacqua alla seconda parte della canzone, in cui Ozzy si prodiga ancor di piu' in quel suo particolare cantilenante modo di.......vocalizzare. La parte finale e' strumentale, ed e' bellissima: Iommi sale in cattedra e' ridisegna il genere duro del rock, prima attraverso riffs che fanno da base melodica, e al tempo stesso creano i presupposti per quel suo particolare solismo "malsano".
PARANOID (2.52): altro caposaldo del genere, e canzone questa che venne sapientemente usata all'epoca come trampolino di lancio a 45 giri per tutto il disco. E' una canzone, semplice, immediata nella sua ruvida vena melodica, eppure conserva tutte quelle priorita' stilistiche che da sempre hanno marchiato il suono Sabbath. Batteria e basso che scandiscono velocemente in piena intesa e precisione i tempi, chitarra che subito si adegua, e Ozzy che salendo di una tonalita' rispetto al brano precedente fa' emergere quella sua particolare timbrica talmente sgraziata, da risultare al tempo stesso perfetta per la riuscita di questa canzone.........questa brano lo puo' cantare solo Ozzy e nessun altro.
PLANET CARAVAN (4.34): i suoni improvvisamente si affogano in paludose e torbide acque psichedeliche, i tempi sono morti, e figurativi al tempo stesso, da rendere vividi in lontananza colori grigi e nebulosi, il cantato e' una nenia filtrata proveniente da una lontana dimensione, primitivi e naturali tambureggianti suoni fanno da tappeto musicale, per un solismo di Iommi in sottotono, niente velocita', niente distorsione, qui prendono forma toni limpidi e angusti, dal rendere il tutto talmente magistrale, perche' Iommi qui si produce in quello che di solito la musica del Sabba raramente richiede: pace, e abbandono.
IRON MAN (5.56): altro classico, e altro brano inaugurato da tanta vena sinistra a base di riff potente e peso per gravita', ove Ozzy riesce a trovarsi talmente a suo agio in una di quelle prove vocali che ne hanno fatto di questa canzone una delle sue prove fra le piu' leggendaria.Il cantato procede in simbiosi scandendo la stessa vena melodica del riff, Ward alle percussioni "riempie" come non mai, tanto che egli stesso insieme ad Iommi accelerano i tempi per prodursi in un intermezzo centrale strumentistico bellissimo che sembra quasi gli stessi strumenti come acque in un fiume, stiano per abbattere argini, e liberarsi da ogni inibizione restrittiva, ma e' solo un momento che verra' rimandato di qualche strofa, tanto che l'apoteosi il brano lo raggiungera' nella parte finale dove avra' un po' piu' spazio alla ricerca di quella liberta' strumentistica, di cui parlavo prima: chitarra lanciante gemiti di dolore, percussioni velocissime come non mai, e basso vorticoso, da creare tutto l'impasto sonoro come un unica palla di fuoco lanciata a gran velocita'.
ELECTRIC FUNERAL (4.52): i suoni pregni di tanta malsanita' trionfano in questa veglia, dove il cantato non e' un cantato, bensi' una recita funebre, i ritmi in sottofondo sono sornioni ma obliqui ed ambigui, dopo questo intermezzo, Iommi si lancia in uno dei "suoi" riffs colmi di tanta malata bellezza, e Ozzy subito si adegua prodigandosi in un azzeccato controcanto. Il brano prosegue e termina in quel suo particolare incedere, sfumato, sempre piu' lontano.....
HAND OF DOOM (7.05): il malefico tocco satanico e' appannaggio questa volta di un introduzione bassistica in sottotraccia e beffarda, tanto che e' solo un momento che subito ci troviamo in mezzo ad autentiche esplosioni elettriche dove i vocalizzi di Ozzy si impennano. Prosegue il tutto fra stacchi e botti per 3 minuti, quando la canzone mostra la sua seconda anima, cambiando pelle, e azzannando il lirismo musicale attraverso improvvisi tempi in battere velocissimi che in futuro avrebbero generato la corrente trash del genere.Parte solistiche sul finire della canzone molto introspettiva da parte di Iommi, tanto che disegna una linea melodica da cui non sembra riuscire a spiccare il volo espressivo.......e' solo una beffa questa, che crea i presupposti per proiettare la canzone verso quelle tracce di partenza fatte di ombre, stacchi, e secche impennate strumentistiche.
RAT SALAD (2.30): atipico brano questo, perche' altri non e' che il presupposto per quello che verra' poi........ si tratta di una parte strumentale fatta di tempi diversi in cui fra varie rullate si lancia Iommi in quel suo solismo stridente, e Ward in un assolo in cui a tratti riemerge quel suo lontano ormai tocco jazzistico.
FAIRIES WEAR BOOTS (6.14): i presupposti del brano precedente hanno qui la loro onorata giustificazione in questo splendido capolavoro Sabbathiano, che secondo mia opinione non e' soltanto la piu' bella e completa canzone del disco, ma addirittura di tutto il catalogo Sabbath.
Prende inizio il tutto da un riff lontano, che sempre piu' riemerge attraverso un linea melodica drammatica, la chitarra in questo episodio geme e chiede pieta' offrendo sottomissione, per poi spiccare il volo in completa solitudine e duellando al tempo stesso con nevrotiche rullate di Ward.Il ritmo trova "pace" attraverso un ondivago tempo ritmico, ove compare Ozzy...... che qui e' assolutamente divino! Un misto di rabbia ed aggressivita' urlata a squarciagola con disprezzo e perfetta immedesimazione, fra rasoiate chitarristiche e un basso di Butler violentissimo; un secondo e via! La canzone cambia tutto, tempi, melodia, e si rigenera in un susseguirsi musicale che sembra non finire mai; hard rock di gran classe, per varieta' di suono e umore, mai uguale a se stesso, tecnicamente perfetto, e soprattutto carico di tutto quel coinvolgimento emotivo che riesce a fare la differenza fra un lavoro qualunque ed un capolavoro. Mai piu' i Sabbath toccheranno questi vette, ma hanno avuto la fortuna e la capacita' di respirare ad altitudini spaventosamente alte.
buon ascolto,
liz