aircooled ha scritto: petrus ha scritto:Vorrei semplicemente indagare il mondo degli audiofili e quello dei musicofili attraverso l'analisi del diverso modo di percepire, se diverso poi è
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Lorenzo
a me interessa solo il lato estetico della musica, fatto salvo quello che ascolta pavel e dè generis
che proprio non riesco ad ascoltare, da li in poi che ascolti l'ultimo di Andreas Vollenweider o un Harmonia mundi con su canti gregoriani non fa differenza, l'importante è che quello che esce dai diffusori a livello di puro suono mi emozioni
non so ho risposto alla tua domanda, ma almeno ci ho provato
Sia il musicofilo che l'audiofilo vogliono emozionarsi: se non proviamo emozione durante l'ascolto del brano c'è qualcosa che ovviamente non torna, l'ascoltare perde scopo.
Ci deve essere dell'altro.
Credo che l'osservazione di Petrus non sia priva di fondamento. Nel senso: io credo che mentre il musicofilo ascolta il discorso musicale nel suo evolversi attendendo che questo manifesti un senso compiuto dal punto di vista estetico(e quindi in quest'ottica l'impianto è il mezzo che non deve disturbare, non deve nascondere, non deve celare ma anzi deve rendere manifesto il lavoro dell'interprete del brano musicale), l'audiofilo non cerca necessariamente o comunque in prima istanza il messaggio estetico veicolato dall'opera tramite l'interprete bensì gode della concatenazione di suoni così come è espressa dal suo impianto Hi-Fi. Per l'audiofilo, in un certo qual senso, l'interprete è l'impianto Hi-Fi, ed è interprete tanto più attendibile quanto meno interpreta, colora, vincola il segnale musicale originario.
Per l'audiofilo l'emozione deriva dal superamento della sfida a cui espone il mezzo tecnico. Per il musicofilo l'emozione deriva dall'aver percepito il lavoro dell'interprete senza il velo limitante dell'impiante di riproduzione.
Se prestiamo l'attenzione al valore musicale ed interpretativo effetuando una sommatoria di elementi dispersi nel tempo, quindi ordinando mentalmente gli elementi che sono ordinati nel tempo a costituire la raffigurazione di un insieme che è il brano, siamo dei musicofili. Se invece la nostra attenzione è volta al superamento del limite, il nostro piacere estetico è legato non dal percepire il senso della somma di momenti isolati, ma il percepire i singoli momenti validi emozionalmente come singole prove che non costruiscono una somma unitaria che abbia senso superiore legato all'opera d'arte.
Va detto peraltro che:
1. Non è detto che le due fruizioni di cui sopra siano presenti o l'una e l'altra e mai compresenti. Anzi credo che spesso le due si sommino in percetuali di ognuna variabili nel tempo per ogni musicfilo audiofilo, anche se probabilmente una delle due tende sempre a prevalere sull'altra.
2. Non credo che si tratti di due tipi di emozione (quello legato all'opera d'arte, quella legata alla qualità di suoni) che sono diversificabili in termini di valore, in termini gerarchici. perché entrambi gli ascolti in qualche modo hanno un senso estetico.
Vito
P:S: Peraltro l'osservazione di Petrus sul suono che fa perdere il senso del tempo, lo annulla, contrapposto al suono che si dispiega, si compie grazie al tempo, mi ha fatto pensare allo sviluppo dell'opera lirica nella cultura occidentale, nel passaggio dal barocco (XVIII secolo) al romanticismo (XIX secolo). Infatti si è passati in questi due secoli da una drammaturgia per arie isolate (dove quello che contava era la dilatazione dell'attimo emotivo in una dimensione atemporale in cui si perdeva la percezione del tempo reale per percepire un tempo emozionale al di fuori del tempo verosimile), ad una drammaturgia per musica continua senza pezzi chiusi (dramma musicale, Wagner) dove non conta più la dimensione emotiva privata, atemporale, astratta dell'affetto provato dal personaggio, quanto lo sviluppo dinamico dell'azione legato al concatenarsi dei fatti ed alle interazioni tra personaggi, strettamente legato al tempo reale dell'azione. Da un teatro di affetti ad un teatro di fatti. Da un tempo musicale in cui un attimo di tempo reale diviene molti minuti(l'aria) ed il pubblico ascolta ignaro del tempo che scorre, ad un tempo musicale dove la musica scorre nel tempo come l'azione ed in cui il rispetto della veridicità di tempo è il solo mezzo per coinvolgere il pubblico. Da una drammaturgia priva di tempo ad una drammaturgia di fatti compiuti nel tempo. Da un pubblico senza orologio ad un pubblico con l'orologio... dal pre industriale al post industriale?
Non direi quindi che si tratta di una opposizione cultura occidentale/cultura orientale. Si tratta di far forse riferimento ad un senso ludico dell'esperienza (il senso alla base dell'estetica barocca, dove tutto è godimento e ricerca del bello, ed il tempo ha valore ma non viene contato di continuo) ad un senso moralistico dell'esperienza (il senso alla base dell'esperienza romantica) dove tutto è impegno comportamentale, dovere, ed il bello è faceto e demoniaco, peccaminoso, ed il tempo non va sprecato. Forse allora, semplicemente, la cultura orientale sarebbe diversa dalla nostra soltanto perché non segnata nell'ottocento da una esperienza culturale analoga al nostro romanticismo.... Ma quest'ultima è solo una ipotesi. Non conosco abbastanza la cultura orientale per poterlo affermare con un qualche oggettivo fondamento....
Bye Bye