pluto ha scritto: (...)causa deperimento di questi [nastri, n.d. Bertox] Masters.
Nessuno lo dice ma si deteriorano e non di poco.
Che bel 3d che è scaturito da un ...fraintendimento!
Io avevo semplicemente chiesto al nuovo moderatore
come suonava quella
sua registrazione rispetto a un
suo vinile omologo (diciamo: un quartetto jazz se il concerto era di un quartetto jazz) a mo' di curiosità, senza pretendere una riflessione più ampia su digitale vs. analogico o nastro vs vinile.
Insomma, volavo molto più basso
. Pazienza, ora mi toccherà andare a Turin per togliermi lo sfizio, a meno che
@lalosna non si presenti a casa mia col Revox.
Meglio così, il livello si è alzato e tra le tante cose interessanti mi preme sottolineare quanto riporto estrapolando dal post di pluto: i nastri (master) sono soggetti a deterioramento.
Perché mi interessa tutto ciò? Perché è un dato di fatto - uno dei più importanti, probabilmente il più importante - che mi permette di dare una spiegazione razionale a quanto praticamente ho esperito in anni di selezione fra stampe viniliche diverse dello stesso titolo musicale.
Ne ho già parlato del 3d
"La caccia al vinile nell'epoca di discogs: qualche avviso ai naviganti"
In quell’occasione ho fatto ricorso a diversi “omissis”, facendo probabilmente felici alcuni per la maggiore sintesi ma scontentando altri.
Bene, le “regole” lì descritte e, in particolare, la più importante di tutte ai fini della ricerca del buon suono di un determinato titolo, ovvero che
“3) (*) RISALIRE ALL’EDIZIONE DELLA DATA D’INCISIONE COMPORTA UN MIGLIORAMENTO SONICO”
da una parte, almeno per me, è difficilmente contestabile (l’eccezioni da me trovate si contano in poche unità a fronte di centinaia di prove e, naturalmente, le buone condizioni del vinile sono un presupposto per la validità della prova: il confronto, per es., I stampa solcata e rumorosa vs. stampa giapponese silenziosissima può servire solo come indizio, ovvero a far capire “come andrebbe a finire se la I stampa fosse in buone condizioni”); dall’altra, lascia scoperto il campo alla spiegazione razionale: "perché tutto ciò".
Il
deterioramento del nastro master è alla base di quel “perché tutto ciò”. Il master si degrada nel tempo, soprattutto se mal conservato, e il passaggio dal master alle copie-master (quelle che venivano spedite per le “stampe” nei singoli paesi) difficilmente avviene senza perdita, anche minima, di segnale, a maggior ragione se le operazioni venivano svolte da piccole etichette che avevano problemi di budget.
Per quanto riguarda il degrado in funzione del tempo, ricordo uno straordinario contributo di
@pepe57 - che, purtroppo, non so ritrovare; ciao pepe - sulla necessità di conservare i master in ambienti a temperatura controllata e che mi sembra parlasse di celle frigorifere o qualcosa di simile.
In quasi 45 anni di letture sulle cose del jazz ho incrociato notizie su incendi devastanti case discografiche, perdita di master per semplice negligenza di tante piccole label che hanno fatto la storia di questa musica e, per quanto ci riguarda, quella di grandi registrazioni (Blue Note, Prestige, Verve, Contemporary, Pacific Jazz, Atlantic…); non ho mai letto di conservazione in ambienti a temperatura controllata e credo proprio che non leggerò mai niente di simile.
E il pop-rock? Qui il peso specifico delle major sale e raggiunge l’apice, ovviamente, con la musica classica. Per quanto riguarda quest’ultima, i dischi Decca mantengono una tenuta di suono negli anni rassicurante, il che non significa che non ci siano differenze tra stampe e ristampe. Magari avrò modo di tornarci.
Il livello assai alto di molte stampe dei cantautori italiani nella mia discoteca (un solo esempio per farla breve: la RCA italiana. Tutti i dischi che ho di De Gregori, Dalla, Conte sono per me dischi audiofili) mi fa pensare che pepe avesse conoscenze dirette della e nella industria discografica italiana quando parlava di corretta conservazione dei nastri.
Mentre scrivo sto ascoltando l’ultimo acquisto: ‘Crazy Moon’ (1978) dei Crazy Horse, la backing band di Neil Young in tanti suoi album. Qui i ruoli si ribaltano e Neil fa il chitarrista/orchestrale. Ho trovato una prima emissione italiana: il timbro Siae è quello degli anni 1978/79 e uno sguardo a ‘discogs’, che lo data 1979, sembra confermare tutto ciò.
La mia copia è questa:
https://www.discogs.com/it/release/4812512-Crazy-Horse-Crazy-Moon
E’ un bel disco di rock californiano anni ’70 e suona davvero molto bene con una riproduzione del basso tra le migliori della mia discoteca.
Se date un’occhiata alla lista delle edizioni troverete una decina d’emissioni sparse per il mondo coeve all’uscita dell’edizione originale USA e una recente ristampa (2016) UK della ‘Dust Bug Records’ che porta in dote l’inevitabile corollario cui siamo abituati in questo millennio:
“Numbered Limited Edition on 180 g vinyl. 800 copies total.
500 transparent Blue
300 Black
Cut from the original 1/4 inch tape. 100% Analogue pressing. Includes 4 page insert with sleeve notes by Ralph Molina.
Limited Edition Number is contained on the front cover sticker”.
Ora, a parte le note aggiunte di Ralph Molina che leggerei volentieri, le possibilità che la ‘Dust Bug Records’ abbia avuto dalla RCA USA l’originale master tape per stampare 800 copie, comunque appesantito da 38 primavere, per me rasentano lo zero. Forse, e dico forse, ha stretto accordi con la RCA UK che 38 anni fa stampò il disco. In ogni caso, non credo che la copia master dal magazzino RCA UK sia mai uscita. Se va bene, l’accordo avrà previsto una copia della copia master, e fatico a credere che non sia in formato digitale.
Ma queste sono solo mie supposizioni.
Detto questo, avendo proprio in questi giorni la possibilità di fare l'ennesimo confronto, in questo caso di
‘Thelonious in Action’, T. Monk quartet, Riverside (1958, mono; 1960, stereo)
tra
- la ristampa OJC/Fantasy, USA del 1984;
- la ristampa Analog Production del 2004 in due LP a 45 gg.;
penso di potermi sbilanciarmi nel dire che…mai e poi mai andrò alla ricerca dell’edizione ‘Dust Bug Records’ di ‘Crazy Moon'
.
A presto le impressioni d’ascolto di ‘Thelonious in Action’.
Buona musica a tutti i gazebini (nastro o vinile, digitale solido o liquido; non importa
)