Cosa c’è di più precario nel mondo di un audiofilo?
Semplice: il proprio impianto!
L’audiofilo si nutre di incertezza, sguazza nell’insoddisfazione, predilige la sostituzione periodica dei propri componenti. E’ compulsivo, a tratti nevrotico. Per trovare i punti deboli ascolta l’impianto e sempre gli stessi dischi.
Ma lo fa in buona fede. Ad ogni cambio di un qualsiasi componente afferma immediatamente che è l’ultimo salvo poi ricredersi dopo qualche giorno o addirittura dopo qualche ora.
E così l’incertezza aumenta, l’insoddisfazione monta. E via a sfogliare riviste alla ricerca della recensione ad hoc, a leggere tutti i possibili forum italiani ed esteri, a ricercare i più costosi e miracolosi ammennicoli capaci di trasformare il proprio impianto nel migliore sulla faccia della Terra.
Lo ammetto: anche io non faccio eccezione.
Come tutti, nella mia “carriera” audiofila quasi quarantennale, sono stato preso dal desiderio del cambiamento. Da me sono passati marchi come Sansui, Wadia, AM Audio, Accuphase, Tannoy, Cerwin Vega, Sonus Faber ed ogni volta, ad ogni sostituzione, ho pensato e dichiarato che sarebbe stata l’ultima.
Ovviamente non è stato così.
Nell’ultimo periodo, cioè dopo la “svolta valvolare”, il pre PV15 ed il finale MV60 Conrad Johnson hanno sostituito il pur ottimo Accuphase E306-V così come il Lector 7 ha preso il posto del buon Accuphase DP-65V.
Le meravigliose Guarneri Homage, purtroppo insufficienti a sonorizzare la mia sala audio di 40 mq., sono state sostituite da un altro gioiello di acustica: le Wilson Sophia II.
Successivamente il PV15 è stato sostituito dal Premier 17LS a sua volta sostituito dal Premier 17LSII, così come il più performante Premier 140 ha preso il posto dell’MV 60, finale dolcissimo e raffinatissimo ma poco potente per pilotare adeguatamente le Sophia II.
Stessa sorte è toccata al Lector, arresosi al McIntosh MCD500.
Quindi, fino a qualche mese fa, questo sarebbe stato il set-up definitivo:
- Lettore McIntosh MCD 500
- Pre Conrad Johnson Premier 17LSII
- Finale Conrad Johnson Premier 140
- Diffusori Wilson Sophia II.
Ma, come detto, la vita di un audiofilo è costellata di dubbi e di incertezze ma anche di curiosità.
Pur avendo trovato le valvole giuste per il pre CJ Pr 17LSII ed avendolo messo in condizione di esprimersi al meglio, mi ha sempre pervaso la curiosità di ascoltare/possedere un pre top di gamma della casa americana.
Dopo aver provato l’ACT2, che reputo una grande macchina ma che, in tutta onestà, non mi ha fatto perdere il sonno, ho rivolto le mie attenzioni al CJ Premier 16, pre derivato direttamente dall’inarrivabile 2 telai ART che tutta la stampa ha reputato e reputa come uno dei migliori pre mai costruiti al mondo.
Per chi non lo conoscesse, il PR16 è un ART in un unico telaio che da quest’ultimo mutua per oltre il 95% le caratteristiche soniche.
In questo tourbillon di cambi, sostituzioni, ingressi, uscite, il mio MCD 500 ha cominciato a fare le bizze.
La storia è ormai nota.
Dopo 2 interventi non risolutivi in garanzia, il buon Alessandro Faccendini – patron della MPI – dispone di sostituirmelo con uno nuovo di pacca. A questo punto, consigliato dal mio amico Vincenzo, decido di fare il grande passo e di prendere il nuovo e più performante (…nonché più costoso!!!!) McIntosh MCD 1100.
Nelle more dell’arrivo, riesco anche a coronare un altro sogno: appunto il Premier 16.
Il “nuovo” pre (…acquistato rigorosamente usato) conferma immediatamente la fama che lo accompagna.
Grande soundstage, incredibile ricostruzione dei piani sonori, matericità e dolcezza uniti in un fantastico mix.
Dopo qualche settimana, arriva anche l’MCD 1100 ed il quadro è finalmente completo.
Ovviamente ci vuole qualche giorno prima che il lettore si rodi un pochino e che l’impianto riprenda a suonare dopo tanto e prolungato silenzio.
Il primo ascolto, io e Vincenzo, lo facciamo giusto per capire se tutto funziona come si deve. Il lettore ha circa 10 ore di funzionamento ma già è possibile riscontrare le sue caratteristiche soniche: liquidità, ariosità, trasparenza e soprattutto analogicità.
Per quanto ovvio, lasciamo che la musica scorra, riservandoci di condurre un’altra e più approfondita prova a lettore più rodato.
Questa puntualmente avviene lo scorso 25 aprile.
Impianto già caldo, caffè e pastarella di rito e si va ad iniziare.
I dischi che normalmente utilizziamo per le nostre prove sono, tra gli altri:
- Otto e Mezzo – La Passerella (Fabrizio Bosso – L’incantesimo di Nino Rota) CD
- Napule è (Pino Daniele – Ricomincio da 30) CD
- Pricesa (Fabrizio De Andrè – Anime salve) CD
- Disamistade (Fabrizio De Andrè – Anime salve) CD
- The carnival is over (Dead Can Dance – Into the labyrinth) CD e SACD
- You and your way (Dire Straits – On every street) CD
- Eighty-eight days in my veins (E.S.T. – Viaticum) CD e SACD
- The well-wisher (E.S.T. – Viaticum) CD e SACD
- Gare Saint Charles (Renaud Garcia-Fons – La linea del sur) CD
- Onda Minore (Enzo Pietropaoli – Yatra) CD
- Concierto de Aranjuez (Pepe Romero – Rodrigo/Concierto de Aranjuez)
- Primaluna (Vincenzo Zitello – La via)
- Venere (Moro Quartet – Omonimo)
- Selections from Pirates of the Caribbean (Erich Kunzel and Cincinnati Pops Orchestra – Masters and Commanders) SACD
- Nomali (Hugh Masekela – Hope) SACD
- Do you know the way to San Jose? (Traincha and Metropole Orchestra – The look of love) CD
- Soyeusement (Michel Godard – Monteverdi/A trace of grace) CD
Prima di passare a descrivere l’esito della prova mi preme sottolineare che, ancora una volta, abbiamo avuto l’ulteriore conferma, ascoltando prima il cd e poi l'analoga versione in sacd (in questo caso Viaticum degli EST) della superiorità del formato in alta definizione.
Ad oggi, un solo sacd non ci ha convinto pienamente ed è, purtroppo (visto quello che mi è costato) quello dei Dead Can Dance, Into the labirynth, atteso che il cd sembra suonare in modo più dolce e naturale.
Ma veniamo alla prova.
L’impianto ha suonato in modo, oserei dire, ammaliante, emozionante, commovente.
L’innesto del nuovo lettore e del nuovo pre hanno consentito di fare un notevole passo avanti soprattutto per quanto riguarda la ricostruzione dello stage e dei piani sonori innalzando così tanto le prestazioni soniche da portare il piacere d'ascolto a livelli altissimi.
Ne ha tratto grande giovamento anche il finale che ora sembra addirittura più performante sia in termini di dinamica che di potenza.
Il suono, durante la prova, non proveniva dai diffusori, che sembravano assolutamente muti, ma da tutta la stanza. Lo stage orizzontale si allargava ben oltre il limite fisico dei diffusori e si propagava in profondità quasi a considerare il muro alle spalle dell’impianto un ostacolo e, di conseguenza, a volerlo abbattere.
Ma è stata la raffinatezza della “voce” dell’MCD 1100 a dare il tocco finale. Quando si ha a che fare con apparecchi del genere, si percepisce immediatamente che si tratta diun lettore di fascia altissima, non solo di prezzo. Oltre alla ricchezza armonica ed alla correttezza timbrica, uno dei pregi è la grande analogicità della macchina.
Il suono scorreva liscio e levigato, mai affaticante, con una palpabile presenza fisica degli strumenti nell'aria.
Questi ultimi ma soprattutto le voci acquisivano una carnalità, uno spessore, una tridimensionalità, una immanenza nello spazio mai sentita prima.
Altro ulteriore passo in avanti è stata quella della trasparenza. In alcuni dischi è stata letteralmente tangibile la presenza fisica degli esecutori anche quando non facevano altro che muoversi vicino ai microfoni. Non è il solito rumore dei respiri ma è anche quello del movimento dell'aria spostata dai cantanti nell'atto di avvicinarsi al microfono aperto.
Una menzione particolare va al disco di Michel Godard, disco che vi consiglio caldamente di acquistare.
È stato registrato ad aprile del 2011 nell’Abbazia di Noirlac in Francia. Nel brano che abbiamo usato come test, della durata di circa 8’, già alle prime note è possibile cogliere la maestosità della location e immaginare gli archi, le colonne, l’altissima navata. Ma quello che lascia realmente interdetti sono gli assoli: prima quelli di Michel Godard, che suona uno strumento particolare denominato “serpent”, accompagnato dal violino di Fanny Paccoud e, successivamente, quello di Gavino Murgia il cui sassofono sembra che voglia addirittura parlare. Una interpretazione “da brivido”!!!!!
Che altro aggiungere?
Abbiamo passato più di due ore di puro godimento. Il bello è che, nonostante avessimo già sentito innumerevoli volte quei dischi, sembrava che fosse la prima volta tanto era diversa ed esaltante la riproposizione.
A questo punto mi chiedo se finalmente si può parlare di quadratura del cerchio e se forse sarebbe il caso di mettere finalmente la parola FINE.
Aldo
Semplice: il proprio impianto!
L’audiofilo si nutre di incertezza, sguazza nell’insoddisfazione, predilige la sostituzione periodica dei propri componenti. E’ compulsivo, a tratti nevrotico. Per trovare i punti deboli ascolta l’impianto e sempre gli stessi dischi.
Ma lo fa in buona fede. Ad ogni cambio di un qualsiasi componente afferma immediatamente che è l’ultimo salvo poi ricredersi dopo qualche giorno o addirittura dopo qualche ora.
E così l’incertezza aumenta, l’insoddisfazione monta. E via a sfogliare riviste alla ricerca della recensione ad hoc, a leggere tutti i possibili forum italiani ed esteri, a ricercare i più costosi e miracolosi ammennicoli capaci di trasformare il proprio impianto nel migliore sulla faccia della Terra.
Lo ammetto: anche io non faccio eccezione.
Come tutti, nella mia “carriera” audiofila quasi quarantennale, sono stato preso dal desiderio del cambiamento. Da me sono passati marchi come Sansui, Wadia, AM Audio, Accuphase, Tannoy, Cerwin Vega, Sonus Faber ed ogni volta, ad ogni sostituzione, ho pensato e dichiarato che sarebbe stata l’ultima.
Ovviamente non è stato così.
Nell’ultimo periodo, cioè dopo la “svolta valvolare”, il pre PV15 ed il finale MV60 Conrad Johnson hanno sostituito il pur ottimo Accuphase E306-V così come il Lector 7 ha preso il posto del buon Accuphase DP-65V.
Le meravigliose Guarneri Homage, purtroppo insufficienti a sonorizzare la mia sala audio di 40 mq., sono state sostituite da un altro gioiello di acustica: le Wilson Sophia II.
Successivamente il PV15 è stato sostituito dal Premier 17LS a sua volta sostituito dal Premier 17LSII, così come il più performante Premier 140 ha preso il posto dell’MV 60, finale dolcissimo e raffinatissimo ma poco potente per pilotare adeguatamente le Sophia II.
Stessa sorte è toccata al Lector, arresosi al McIntosh MCD500.
Quindi, fino a qualche mese fa, questo sarebbe stato il set-up definitivo:
- Lettore McIntosh MCD 500
- Pre Conrad Johnson Premier 17LSII
- Finale Conrad Johnson Premier 140
- Diffusori Wilson Sophia II.
Ma, come detto, la vita di un audiofilo è costellata di dubbi e di incertezze ma anche di curiosità.
Pur avendo trovato le valvole giuste per il pre CJ Pr 17LSII ed avendolo messo in condizione di esprimersi al meglio, mi ha sempre pervaso la curiosità di ascoltare/possedere un pre top di gamma della casa americana.
Dopo aver provato l’ACT2, che reputo una grande macchina ma che, in tutta onestà, non mi ha fatto perdere il sonno, ho rivolto le mie attenzioni al CJ Premier 16, pre derivato direttamente dall’inarrivabile 2 telai ART che tutta la stampa ha reputato e reputa come uno dei migliori pre mai costruiti al mondo.
Per chi non lo conoscesse, il PR16 è un ART in un unico telaio che da quest’ultimo mutua per oltre il 95% le caratteristiche soniche.
In questo tourbillon di cambi, sostituzioni, ingressi, uscite, il mio MCD 500 ha cominciato a fare le bizze.
La storia è ormai nota.
Dopo 2 interventi non risolutivi in garanzia, il buon Alessandro Faccendini – patron della MPI – dispone di sostituirmelo con uno nuovo di pacca. A questo punto, consigliato dal mio amico Vincenzo, decido di fare il grande passo e di prendere il nuovo e più performante (…nonché più costoso!!!!) McIntosh MCD 1100.
Nelle more dell’arrivo, riesco anche a coronare un altro sogno: appunto il Premier 16.
Il “nuovo” pre (…acquistato rigorosamente usato) conferma immediatamente la fama che lo accompagna.
Grande soundstage, incredibile ricostruzione dei piani sonori, matericità e dolcezza uniti in un fantastico mix.
Dopo qualche settimana, arriva anche l’MCD 1100 ed il quadro è finalmente completo.
Ovviamente ci vuole qualche giorno prima che il lettore si rodi un pochino e che l’impianto riprenda a suonare dopo tanto e prolungato silenzio.
Il primo ascolto, io e Vincenzo, lo facciamo giusto per capire se tutto funziona come si deve. Il lettore ha circa 10 ore di funzionamento ma già è possibile riscontrare le sue caratteristiche soniche: liquidità, ariosità, trasparenza e soprattutto analogicità.
Per quanto ovvio, lasciamo che la musica scorra, riservandoci di condurre un’altra e più approfondita prova a lettore più rodato.
Questa puntualmente avviene lo scorso 25 aprile.
Impianto già caldo, caffè e pastarella di rito e si va ad iniziare.
I dischi che normalmente utilizziamo per le nostre prove sono, tra gli altri:
- Otto e Mezzo – La Passerella (Fabrizio Bosso – L’incantesimo di Nino Rota) CD
- Napule è (Pino Daniele – Ricomincio da 30) CD
- Pricesa (Fabrizio De Andrè – Anime salve) CD
- Disamistade (Fabrizio De Andrè – Anime salve) CD
- The carnival is over (Dead Can Dance – Into the labyrinth) CD e SACD
- You and your way (Dire Straits – On every street) CD
- Eighty-eight days in my veins (E.S.T. – Viaticum) CD e SACD
- The well-wisher (E.S.T. – Viaticum) CD e SACD
- Gare Saint Charles (Renaud Garcia-Fons – La linea del sur) CD
- Onda Minore (Enzo Pietropaoli – Yatra) CD
- Concierto de Aranjuez (Pepe Romero – Rodrigo/Concierto de Aranjuez)
- Primaluna (Vincenzo Zitello – La via)
- Venere (Moro Quartet – Omonimo)
- Selections from Pirates of the Caribbean (Erich Kunzel and Cincinnati Pops Orchestra – Masters and Commanders) SACD
- Nomali (Hugh Masekela – Hope) SACD
- Do you know the way to San Jose? (Traincha and Metropole Orchestra – The look of love) CD
- Soyeusement (Michel Godard – Monteverdi/A trace of grace) CD
Prima di passare a descrivere l’esito della prova mi preme sottolineare che, ancora una volta, abbiamo avuto l’ulteriore conferma, ascoltando prima il cd e poi l'analoga versione in sacd (in questo caso Viaticum degli EST) della superiorità del formato in alta definizione.
Ad oggi, un solo sacd non ci ha convinto pienamente ed è, purtroppo (visto quello che mi è costato) quello dei Dead Can Dance, Into the labirynth, atteso che il cd sembra suonare in modo più dolce e naturale.
Ma veniamo alla prova.
L’impianto ha suonato in modo, oserei dire, ammaliante, emozionante, commovente.
L’innesto del nuovo lettore e del nuovo pre hanno consentito di fare un notevole passo avanti soprattutto per quanto riguarda la ricostruzione dello stage e dei piani sonori innalzando così tanto le prestazioni soniche da portare il piacere d'ascolto a livelli altissimi.
Ne ha tratto grande giovamento anche il finale che ora sembra addirittura più performante sia in termini di dinamica che di potenza.
Il suono, durante la prova, non proveniva dai diffusori, che sembravano assolutamente muti, ma da tutta la stanza. Lo stage orizzontale si allargava ben oltre il limite fisico dei diffusori e si propagava in profondità quasi a considerare il muro alle spalle dell’impianto un ostacolo e, di conseguenza, a volerlo abbattere.
Ma è stata la raffinatezza della “voce” dell’MCD 1100 a dare il tocco finale. Quando si ha a che fare con apparecchi del genere, si percepisce immediatamente che si tratta diun lettore di fascia altissima, non solo di prezzo. Oltre alla ricchezza armonica ed alla correttezza timbrica, uno dei pregi è la grande analogicità della macchina.
Il suono scorreva liscio e levigato, mai affaticante, con una palpabile presenza fisica degli strumenti nell'aria.
Questi ultimi ma soprattutto le voci acquisivano una carnalità, uno spessore, una tridimensionalità, una immanenza nello spazio mai sentita prima.
Altro ulteriore passo in avanti è stata quella della trasparenza. In alcuni dischi è stata letteralmente tangibile la presenza fisica degli esecutori anche quando non facevano altro che muoversi vicino ai microfoni. Non è il solito rumore dei respiri ma è anche quello del movimento dell'aria spostata dai cantanti nell'atto di avvicinarsi al microfono aperto.
Una menzione particolare va al disco di Michel Godard, disco che vi consiglio caldamente di acquistare.
È stato registrato ad aprile del 2011 nell’Abbazia di Noirlac in Francia. Nel brano che abbiamo usato come test, della durata di circa 8’, già alle prime note è possibile cogliere la maestosità della location e immaginare gli archi, le colonne, l’altissima navata. Ma quello che lascia realmente interdetti sono gli assoli: prima quelli di Michel Godard, che suona uno strumento particolare denominato “serpent”, accompagnato dal violino di Fanny Paccoud e, successivamente, quello di Gavino Murgia il cui sassofono sembra che voglia addirittura parlare. Una interpretazione “da brivido”!!!!!
Che altro aggiungere?
Abbiamo passato più di due ore di puro godimento. Il bello è che, nonostante avessimo già sentito innumerevoli volte quei dischi, sembrava che fosse la prima volta tanto era diversa ed esaltante la riproposizione.
A questo punto mi chiedo se finalmente si può parlare di quadratura del cerchio e se forse sarebbe il caso di mettere finalmente la parola FINE.
Aldo