Ieri, domenica 11 marzo, il pubblico multigenerazionale accorso anche da fuori Genova al Teatro Carlo Felice per assistere alla data locale della sua tournée italiana ne ha avuto la lieta ed emozionata possibilità.
La prima parte del concerto è stata interamente dedicata alla riproposizione dell'album Tommy, punto epico di non ritorno della storia della musica rock.
Inutile dire che si è trattato di una cavalcata sonora da pelle d'oca: le qualità vocali di Daltrey e l'indubbia bravura dei suoi musicisti hanno saputo riproporre il fascino di un disco che stupisce ancora oggi per inventiva e soluzioni musicali. Christmas, Sensation, Sally Simpson, Fiddle About, 21, Sparks: la scaletta di uno degli album più venduti di sempre (ad oggi, ben quaranta milioni di copie) è stata pienamente rispettata, arrangiamenti originali compresi.
Acid Queen, Pinball Wizard e Go to the Mirror hanno letteralmente acceso il teatro: il pubblico si è riversato dai loggioni fin nelle prime file, conquistando ogni interstizio in prossimità del palco. È superfluo affermare che le poltrone imbottite del Carlo Felice ben poco si prestano ad uno spettacolo del genere.
Daltrey non si è risparmiato: ha distrutto un tamburello, suonato la chitarra e l'armonica a bocca e, tra le altre cose, si è esibito in una spaccata degna di James Brown, mentre in platea un suo sosia, gilet di pelle e ricci compresi, ha ballato ininterrottamente per tutta la durata della performance, gridandogli «I love you!» ogni volta che gli era possibile.
We're not gonna take it per chiudere la prima tranche di spettacolo: forse il pubblico, esaltato com'era, felice, si sarebbe perfino accontentato.
Come una briscola di danari, invece, è calata sulla platea la sequenza del repertorio misto degli Who: I can see for Miles, giusto per rinfocolare gli animi, The Kids are Alright, un assaggino (troppo breve, in verità, quasi per segnare presenza) in chiave blues di My Generation, e poi Baba O'Riley e Who Are You?, per accontentare davvero tutti
La prima parte del concerto è stata interamente dedicata alla riproposizione dell'album Tommy, punto epico di non ritorno della storia della musica rock.
Inutile dire che si è trattato di una cavalcata sonora da pelle d'oca: le qualità vocali di Daltrey e l'indubbia bravura dei suoi musicisti hanno saputo riproporre il fascino di un disco che stupisce ancora oggi per inventiva e soluzioni musicali. Christmas, Sensation, Sally Simpson, Fiddle About, 21, Sparks: la scaletta di uno degli album più venduti di sempre (ad oggi, ben quaranta milioni di copie) è stata pienamente rispettata, arrangiamenti originali compresi.
Acid Queen, Pinball Wizard e Go to the Mirror hanno letteralmente acceso il teatro: il pubblico si è riversato dai loggioni fin nelle prime file, conquistando ogni interstizio in prossimità del palco. È superfluo affermare che le poltrone imbottite del Carlo Felice ben poco si prestano ad uno spettacolo del genere.
Daltrey non si è risparmiato: ha distrutto un tamburello, suonato la chitarra e l'armonica a bocca e, tra le altre cose, si è esibito in una spaccata degna di James Brown, mentre in platea un suo sosia, gilet di pelle e ricci compresi, ha ballato ininterrottamente per tutta la durata della performance, gridandogli «I love you!» ogni volta che gli era possibile.
We're not gonna take it per chiudere la prima tranche di spettacolo: forse il pubblico, esaltato com'era, felice, si sarebbe perfino accontentato.
Come una briscola di danari, invece, è calata sulla platea la sequenza del repertorio misto degli Who: I can see for Miles, giusto per rinfocolare gli animi, The Kids are Alright, un assaggino (troppo breve, in verità, quasi per segnare presenza) in chiave blues di My Generation, e poi Baba O'Riley e Who Are You?, per accontentare davvero tutti