IL BACHIANO ha scritto:
Ci provo: vado a memoria perchè se dovessi scorrere anche solo un po' le varie edizioni che mi ritrovo, comincerei a scivere dopo il disgelo...
L'Arte della Fuga della MAK per me è stata una folgorazione. Provenivo da ascolti poco stimolanti. All'inizio ci fu Karl Ristenpart in una versione orchestrale curata da Winschermann. Registrazione del 1963. E ho detto tutto. Seguirono Walcha all'organo e poi, nell'edizione della Musica da Camera della Telefunken Tachezi, sempre all'organo. Si può immaginare la rivelazione che comportò l'interpretazione di Goebel: finalmente il contrappunto liberato dalla rigidità dinamica dell'organo e non solo. Ora il brano non appariva più quell'arido seppur magistrale saggio di fuga come quasi sempre è stato classificato. Era musica viva, musica che, contappunto dopo contrappunto metteva le ali. Già al secondo, l'inserimento del ritmo puntato alla francese, dona al brano un andamento quasi di danza, ripreso poi al VI.Goebel e compagni hanno tolto quella crosta di scolastico che per l'addietro mi aveva tenuto lontano dall'opera. Il contrapunctus IV è il mio preferito: così bello nel suo cromatismo e nei suoi rimandi a eco tra le varie parti. Ricordo che Goebel lo esegue a velocità molto sostenuta evidenziando le sincopi e dando al brano una compattezza che non trovo in altri.
Sempre a Goebel devo la migliore versione dell'Offerta musicale e delle 6 sonate per violino e clavicembalo. La pur volonterosa Alice Harnoncourt affiancata dall'illustre marito non mi aveva entusiasmato nella già citata edizione dellla Kammmermusik della Telefunken. Tutto a posto, naturalmente, ma mancano quei guizzi geniali che spesso ci dispensa Goebel.Nel tempo si sono aggiunte molte altre interpretazioni (dell'AdF), ma due in particolare mi sembrano notevoli. Quella di Savall, in primis, il quale decide di affidare ora a un quartetto di fiati, ora agli archi i vari contrappunti. La scelta dei fiati (cornetto, oboe da caccia - un caro vecchio amico quale Paolo Grazzi, trombone e fagotto) conferisce ai brani un'atmosfera severa e calda, antica e duttile nel fraseggio. Altro momento di gran piacere sono i due contrappunti a 3 a
specchio (XVI) dove prima l'inversus viene suonato dalgi archi mentre il rectus da cornetto, dall'oboe da caccia e dal fagotto. Ogni volta questo brano mi lascia esterrefatto per come si sia raggiunta una incredibile cantabilità nonostante i
ferrei vincoli dovuti alla struttura rigidamente a specchio delle parti. Per chi avesse questa edizione dell'Astrée in CD, siamo alla traccia 4 del cd 2.
Un accenno a una "molto" particolare versione dell'AdF. si tratta di una trascrizione per flauti dolci (e tte pareva! ) curata e suonata dal Loeki Strardust Quartet.
http://inkpot.com/classical/bachfuguealsq.html
Gli strumentisti potete vederli qui alla prese con Vivaldi
https://www.youtube.com/watch?v=0Rccp8KcpyI
Il primo a sinistra è Daniel Bruggen, nipote del grande Franz.
E' una versione che si lascia apprezzare per la pulizia con cui vengono delineate le varie voci: la dinamica è quella che è ma, come per il clavicembalo, si sopperisce egregiamente con un fraseggio appropriato.
Saluti
Giacomo
Anche il mio rapporto con L'Arte delle Fuga è stato piuttosto travagliato. Fino a 20 anni, pua avendola ascoltata, è stata da me praticamente ignorata, considerandola uno strumento didattico di un anomalo grande compositore. D'altra parte essa fu composta negli ultimi anni di vita, quando già Rousseau definiva atti di barbarie, perpetrate dentro le cattedrali, le fughe, le imitazioni, i doppi disegni e quando già Mattheson aveva da tempo teorizzato come dovesse essere realizzata una composizione per essere definita moderna: facile, accattivante, scevra da sovrastrutture quali il contrappunto. Per Mattheson, come per Telemann Bach semplicemente non avrebbe dovuto esistere. D'altro canto è certo che Bach conoscesse bene questi compositori, così come conosceva benissimo Haendel, Vivaldi.. per i quali nutriva forte ammirazione e che addirittura trascrisse (Vivaldi). Scrivere un trattato" su una forma, il contrappunto, quasi del tutto desueta poteva sembrare, e a me sembrò, un gesto "originale" di un compositore alla fine della sua vita e carriera. Poi venne Leonhardt (fine anni '60, inizi 70) a farmi comprendere la monumentale grandezza di
quest'opera che non ha eguali e della quale, comunque, ancora non riuscivo a capire la profondità oltre che tecnica anche e soprattutto musicale. E poi venne Goebel. Io no so' se Goebel sia stato il primo ad intuire che separare le varie voci del contrappunto affidandole a strumenti diversi, pur nell'ambito della stessa famiglia, avrebbe portato a svelarne e renderne più comprensibile la tecnica e la musicalità. Di certo fu il primo per me. Da allora non ho voluto ascoltare altro. Non conosco la versione di Savall che tu indichi, ma ho già incaricato mia figlia per la ricerca e l'acquisto. Sarà sicuramnete una piacevole sorpresa scoprire quale effetto possa avere l'affidamento di una o più voci a strumenti appartenenti a famiglie diversi, oltre alla maggiore varietà timbrica e coloristica. E non avendo Bach lasciato indicazioni, non si commetterà eresia.