ema49 ha scritto:... Il gelido e perfetto Leonhardt è il mio prediletto, proprio perché la sua esecuzione persegue il fine per il quale l'opera è stata composta: la didattica dimostrativa
Da poco tempo, anche dopo aver letto quanto postato da Vito, ho acquistato il cd con l'interpretazione di Dantona. Il mio parere non si è spostato di un millimetro...Ciao, Emanuele
Conoscendomi Emanuele non avresti proprio dovuto comprare Dantone... introduce addirittura degli arbìtri e delle variazioni!!!
Beh pazienza, almeno il suo disco ti dovrebbe essere costato poco (spero)...
Io Leonhardt lo amo molto nelle Partite, che sono di una splendida delicatezza e - al tempo stesso - rigore. Veramente straordinarie... nel resto lo trovo appunto gelido (parlo della musica per tastiera).... e quindi il contrario di quello che credo debba essere l'interpretazione.
Come sempre, è un fatto di gusti.
@ Gian: secondo me esiste musica d'archivio, e musica viva, vitale. La musica viva, vitale, si trasforma. Cioé quando l'oggi la interpreta la fa propria e ne esalta gli aspetti che riflettono sé stesso. La musica vitale è quella che rimane attuale nel tempo perché contiene qualcosa in cui i tempi sempre mutevoli possono riconoscersi.
Noi oggi abbiamo il testo certo, il testo attendibile, grazie alla filologia. Quello è il punto di riferimento. Ma l'esecuzione oggi ci porta da un lato al tempo in cui la musica è stata composta, dall'altro ci dice anche di quel tempo cosa ci appartiene. E ci dice anche molto del nostro oggi.
Interpretare l'opera è interpretare il passato con gli occhi di un preciso presente, di un periodo storico preciso, di una estetica precisa.
Il testo è immutabile, l'esecuzione è una istantanea di quel testo scattata in un preciso momento storico, momento storico che esprime una precisa cultura, una precisa estetica. E quindi ha un senso congiunturale, ed in parte aleatorio.
Riflettiamo anche su una cosa: anche interpretare in maniera obiettiva, rigorosa, frigida, strettamente connessa al testo, interpretare facendo scomparire l'interprete insomma: anche questa è interpretazione, interpretazione che rifette un gusto ed una estetica, e quindi anch'essa è interpretazione congiunturale. Nemmeno questa ci garantisce la verità: la verità (l'idea che dell'opera aveva l'autore, eseguita come aveva pensato l'autore) è di fatto imperseguibile.
L'opera è ciò che ha scritto l'autore e nei fini e nei modi che l'ha scritta l'autore. Ma assume anche un fine ed un modo che è legato agli occhi che la guardano, ai musicisti che la suonano, all'epoca che ne fruisce.
Questo vale anche per l'arte figurativa: il David di Michelangelo è ai miei occhi certo diverso da quello che appariva agli uomini della sua epoca. L'opera è la stessa, il suo senso e la sua percezione sono certo cambiati. SE leggo una poesia, in parte vengo riportato all'epoca in cui è stata scritta, in parte la rapporto al mio modo di sentire di oggi, perché certo non posso sentirla, comprenderla, percepirla come la percepivano all'epoca della sua composizione. La prospettiva è, necessariamente, diversa.
Quanto è più vero questo per delle opere come quelle musicali, che finché non vengono ricreate con l'esecuzione non esistono se non potenzialmente, tramite lo spartito?
Questo, ovviamente, secondo me. Non enuncio verità assolute, quindi nessuno si inquieti.
Ciao e buona domenica a tutti!