CKleiber87 ha scritto:a me invece wagner fa strappare i capelli
...ho cominciato con il Lohengrin (edizione decca con solti e domingo) ed è stato un vero e proprio colpo di fulmine...devo ammettere che non ho ancora ascoltato nè il tannhauser nè i maestri cantori...per quanto riguarda il tristano ho l'edizione di Kleiber della D.G. che trovo superba...anche quella di Karajan è sublime, mentre quella di Furtwangler (che ho ascoltato solo in parte) ricordo che nn mi ha entusiasmato più di tanto (ma è passato un bel po' di tempo e vorrei riprovarci)
per quanto riguarda il parsifal invece ho ascoltato (e a breve arriverà a casa mia
) soltanto la versione di Knappertsbusch del 62 (o 61?) della philips.
Per la tetralogia solti (che secondo me è il miglior interprete wagneriano di sempre) anchè se avrei una certa curiosità nell'ascoltare anche quello di karajan
Dell'olandese volante invece ho sia la versione di Bohm (D. G.) sia quella di Nelsson (philips) entrambe registrate a Bayreuth...tra le due preferisco quella di Nelsson.
...
Ciao Roberto (giusto il nome, vero? spero di si)!
Ti racconto la mia opinione su Wagner. Chiaramente è solo una opinione come tante, e sicuramente parliamo di gusti personali, quando si parla del preferire o non preferire un compositore.
Dal punto di vista musicale non si discute: Wagner semplicemente rivoluziona il linguaggio orchestrale di fine ottocento, piaccia o non piaccia. Il "cromatismo" dopo di lui diventa norma, anche se nei primi decenni del novecento assistiamo da parte di vari compositori anche ad un "ritorno all'ordine" neoclassico (la parabola di Richard Strauss a mio aprere è abbastanza emblematica). Anche se oso notare che, ad esempio, in tema di concertati Wagner era alquanto "impedito" (e difatti sono rarissimi nelle sue opere), sicuramente la sua scrittura orchestrale è spesso magnifica. Insomma: senza Wagner non esisterebbe, ad esempio, Mahler... non mi sembra cosa che si possa dire di molti compositori, ci piacciano o meno.
Devo dire: per il mio gusto in generale l'ottocento inoltrato è prosaico, rispetto al settecento ed al primo ottocento stessi. Come confrontare, in letteratura, Dante (La Commedia) con Manzoni (I promessi sposi). Per me, esteticamente, emozionalmente, stilisticamente, vince alla grande Dante. SCusate la brutalità del paragone, ma forse riesce a farvi meglio intendere il mio gusto un paragone così che non con tante chiacchiere. Meno cieca fiducia divina in Dante, meno monotematismo, più varietà linguistica, più orgoglio civile, più fiducia nell'uomo, più stilizzazione (il verso contro la prosa). Quando io sento Wagner scaricare tonnellate di suono orchetsrale senza ottenere un decimo della poesia di molte arie di Handel realizzate con la voce, un violino e pochi altri strumenti, mi domando a qual pro tutto questo sfoggio di mezzi, nell'ottocento. Ma pazienza, questo è gusto, è il gusto è cosa individuale.
E' però secondo me oggettivo, che se Wagner è ottimo compositore per orchestra, ed anzi - più che ottimo - rivoluzionario, è però vero che come uomo di teatro è, a mio parere, a volte inoperante. Tirate di monologhi infiniti che si avvitano sui suoi testi poetici dove per dire ogni concetto ci si attorciglia in parafrasi su parafrasi, metafore su metafore, concetti roboanti su eloquio mistico... una barba pazzesca, insomma, dove tutto si ferma per "dire" invece che per suonare o che per raccontare. Ma se voglio sentir dire, mi rivolgo al teatro di prosa. Ammesso e non concesso che poi i versi wagneriani siano validi dal punto di vista poetico. Insomma, opere gigantesche dove a volte il ritmo narrativo viene a mancare a causa di velleità poetiche a mio parere discutibili. E poi, mondo poetico a tratti allucinante.
L'Anello del NIbelungo è la vera concretizzazione dell'ideale filosofico di Friedrich Nietzsche, anche se forse banalizzato nella sostanza, intrecciato con il riconoscere in sé stesso, da parte di Wagner, del superuomo. Superuomo creato dal Dio a sua immagine, capace di dominare il mondo, e poi abbandonato dal suo stesso creatore. Sorta di metafora della stessa vita di Wagner, dotato di genio ma per il quale l'affermazione fu estremamente faticosa e laboriosa. Quindi da un lato l'espressione del colossale, del divino, con punte di vera genialità che però a volte travalicano il Kitch (la Cavalcata delle Valchirie, ad esempio, spaventa, ammutolisce per grandezza orchestrale, infastidisce per grossolanità, disgusta per tronfia presunzione, tutto allo stesso tempo!), d'altra parte il compiacimento di chi celebra tramite l'espressione musicale non solo quella grandezza (la grandezza di ciò che racconta), ma anche la propria. Ed in mezzo a questi momenti musicalmente assolutamente splendidi, momenti invece narrativamente abulici e musicalmente insignificanti.
Da tutto questo complesso mondo espressivo, emerge a mio parere il "Tristano ed Isotta". Che guarda caso è l'unico a non far nascere in me insofferenza ideologica perché nasce intorno al nucleo filosofico di Schopenhauer: la vita e la luce come sofferenza, la morte ed il buio come pacificazione dell'uomo, come mondo dove perseguire la propria felicità (anche qui, ovvio, parlo in soldoni). E qui né teatralmente, né musicalmente avverto cenni di cedimento. Tutto il primo atto è meraviglioso; il secondo ha nel monologo d'amore momenti veramente stratosferici, straordinari, anche per poeticità (solo il monologo di Marke rallenta l'azione ma ben cantato è molto patetico); il terzo atto è drammaticissimo e tenuto in tensione dal monologo di TRistan, e splendidamente concluso dal Liebestod di Isotta. Difronte a questo Wagner, mi posso anche togliere il cappello.
A parte l'Anello (che odio) ed IL Tristan (che amo) ci sono altre opere che sono nelmezzo per me, anche se il Lohengrin è molto, molto piacevole anche poeticamente (e molto debitore dell'operismo francese ed italiano al contempo) ed il Parsifal a tratti affascinante per il clima mistico, spirituale che lo pervade. Ma sono riuscito ad ascoltare il Parsifal solo uan volta in vita mia, e non credo di poterci ulteriormente riuscire.
Ripeto: miei gusti e mie opinioni, che nessuno si offenda, men che meno tu Roberto, che secondo me oltretutto hai centrato quasi tutte le registrazioni più belle delle opere di cui hai parlato.
Per l'amato Tristano, secondo me la migliore direzione è quella da Poema Cavalleresco di Karajan, sorta di favola ambientata ai tempi dei Cavalieri della Tavola Rotonda e di Re Artù. Se non fosse che io scarsamente sopporto gli sforzi vocali delle cantanti (soprani e mezzosoprani) e quindi la Dernesch spesso mi infastidisce al punto da voler rinunciare all'ascolto. Oltretutto nonostante qualche menda vocale, Vickers è strepitoso, così come lo sono la Ludwig e Ridderbusch. Dopo questa direzione, viene quella di Kleiber, con un cast vocale un pizzico inferiore a quello di Karajan (Kollo in particolare è sufficientemente efficace, ma imparagonabile a Vickers) ma che ha nel suo arco la meravigliosamente cantata Isolde di Margaret Price. Per un Liebestod da favola: Isolde muore non illuminata da luce tragica ma lieta, raggiunge la felicità unendosi in morte all'uomo che ha amato infelicemente in vita. Una grande intuizione di Kleiber, ottimamente fusa ai mezzi della Price. Furtwangler si avvale di cantanti buoni o ottimi, che però privilegiano la statuarità, in qualche modo. Meno umani, più simboli di forze soprannaturali, quasi. Però Furtwangler è da ascoltare: io rimango incantato per la sua capacità di condurre l'agogica in termini assolutamente non scolastici, non rigorosi, ma assolutamente commisurati all'andamento dinamico della frase musicale. Straordinario.
Lohengrin: edizione favolosa quella Solti, Domingo, Norman. Meravigliosi colori e mancanza assoluta di retorica nibelungica. Oltretutto trovo il Solti degli anni '80 molto miglior narratore di quello degli anni '60 e miglior concertatore per quanto riguarda il rapporto voci-orchestra.
Parsifal: anche qui ho scelto Solti, ma l'edizione di Knappertsbusch è sicuramente di rilievo straordinario, anche superiore a quella DEcca.
Dell'Olandese valide anche l'edizione di Karajan (EMI, van Dam protagonista), e quella di Sinopoli (con Domingo e la Studer).
Anello del Nibelungo: forse l'unica delle esecuzioni di cui parli in cui non sono comp'letamente d'accordo con te. IO trovo la direzioni di Solti, ad onta degli straordinari cantanti che si ritrova, una sorta di routine, di tradizione sublimata da un suono splendido e tecnica direttoriale straordinaria. Ma approfondimento umano poco, approfondimento espressivo poco, capacità di raccontare limitata ai grandi momenti, incapacità di risollevare le sorti del racconto quando Wagner fallisce nell'intento. Se aggiungi questi aspetti alla mia insofferenza per il mondo poetico retrostante il Ciclo, ti rendi conto che per me il giudizio è basso.
L'unico Anello del Nibelungo che riesco ad ascoltare è quello di Karajan, che forse nel ciclo realizza la sua maggiore interpretazione di sempre. Non perché sia perfetto (che anzi qui e lì una certa liricizzazione smorza l'effetto orchestrale probabilmente necessario) ma perché libera il ciclo di tutta la retorica supereroistica d'accatto, di tutto il pre-nazismo che contiene, e fa vero, grande, straordinario teatro, rendendo tutti i personaggi protagonisti in carne ed ossa che si emozionano ed emozionano, anche laddove le voci non sono completamente all'altezza delle loro parti. Un bellissimo ciclo, con punte vertiginose in Das Rheingold (abbagliante realizzazione questa, in cui si percepisce mitico, quasi magico, il mondo pre-peccato originale degli Dei) e nel Gotterdammerung (straziante la Brunilde della Dernesch, anche nella difficilissima finale scena in cui dà fuoco al Walhalla). Secon dome dovresti provare ad ascoltarlo, non per altro perché è un ciclo anti-tradizionale, e che quindi ben permette di meglio vedere i limiti di quella tradizione interpretativa del teatro wagneriano.
Spero tu sia riuscito a "reggere" il mio polpettone, ma ognuno si presenta come può.... ed io sono logorroico
. Spero almeno di non averti troppo annoiato
Ciao!