Non conosco i concerti diretti da Harnoncourt. A me spesso piace in Mozart ma non sempre e soprattutto nelle opere teatrali, dove riesce sempre a svincolare Wolfgang da quel profluvio di cipria, mossette e leziosaggini che tanto detesto.
I dischi mozartiani Lupu-Perahia sono molto, molto belli. Approvo appieno la tua segnalazione.
Su Benedetti Michelangeli ho una opinione che forse molti non condivideranno. Faccio un discorso generale, non solo relativo a Mozart. Grande pianista Michelangeli e grande virtuoso indubbiamente. Anzi: strepitoso pianista e strepitoso virtuoso. Dal punto di vista espressivo, interpretativo - che è quello che più mi interessa - , dividerei grossolanamente e con l'accetta la sua carriera in tre periodi distinti: esordi, anni '60, anni successivi ai primi '70.
Schematizzando in soldoni, quindi sempre grossolanamente direi questo:
1° periodo. Pianismo molto "ottocentesco" con grandi variazioni dinamiche ed agogiche. Molto operismo nel pianismo di Benedetti mIchelangeli, grande teatralità. Molti effetti ottenuti poi sulla tastiera sono veramente di tipo vocale: Benedetti fa cantare il pianoforte come un tenore, addirittura con la "lacrima nella voce" come si diceva di Caruso e Gigli. Strepitosi effetti di piani e pianissimi, in cui il colore prevale addirittura a volte sulla nitidezza, con degli effetti che se fossero fotografici sarebbero definibili di sfocatura, "flou". Si tratta di effetti pianistici tipici anche, ad esempio, di Gieseking. Si tratta di un periodo per Arturo a mio parere splendido, unico, irripetibile. Nelle prime registrazioni questa strada - che è appunto "ottocentesca", non ancora stilisticamente molto toccata dal neoclassicismo di grandi interpreti come Schnabel, Fisher, Backhaus - risente a volte di squilibri ed estremizzazioni che portano il nostro un pò fuori binario (siamo negli anni '39-'45 circa). La maturità di questo periodo, un maggior senso di equilibrio, una maggior misura tra virtuosismo, rigore, espressione, viene raggiunta negli anni '50: il Benedetti MIchelangeli degli anni '50 è quello, per me, da isola deserta e le sue interpretazioni di quegli anni spesso sono per me tra le cose più belle che la discografia del pianoforte ricordi.
2° periodo. Siamo negli anni 60 tutti, e nei primi anni '70. Benedetti stramba verso il neoclassicismo. E l'estetismo. Le sue esecuzioni sono gioielli preziosi in cui ogni virgola ed ogni punto è levigato, tornito, fluido, netto, a fuoco. Scompaiono gli effetti fumee, la linea è sempre percepibile. Scompaiono le ondeggiature agogiche e dinamiche, scompare in parte il canto a favore di un fraseggio di tipo strumentale. Il virtuosismo stesso è dissimulato, anche il gesto è estetico (abbiamo molti video di questo periodo). Però l'espressione tende ad un distacco che io trovo al limite della freddezza. Le emozioni delle composizioni sono viste dall'alto, dopo la catarsi. Benedetti guarda le emozioni umane da lontano, le narra ma non le sente, o le sente con l'animo già calmo, tranquillo, di chi narra appunto, non di chi le vive. E' ammirevole, ma non riesco ad amarlo.
3° periodo. Siamo ormai nei pieni anni '70, e certo la carta del virtuosismo sommo e dissimulato non è più sempre giocabile. Il fisico si indebolisce, Benedetti diventa qui è là imperfetto, anche se non si rassegna all'evidenza. L'angelo di perfezione che canta con superiore astratta bellezza le passioni umane comincia ad avere in volto le increspature della vecchiaia, il marmo si incrina, ma il pianista non si arrende. I suoi fan cominciano ad andare ai suoi concerti quasi più per vedere ciò che è peggiorato e quanto che non per sentirlo sul serio. Benedetti è un monumento che deve essere pari a sé stesso ma riesce a volte, purtroppo, ad essere solo inferiore al ricordo.
Fino alla svolta, quando negli ultimi anni ricominciamo a vedere maggior tormento espressivo, un lancinante dolore affiorare laddove prima vedemano solo tristi increspature. Il neoclassicismo aristocratico di Benedetti si apre ad una espressione bruciante, tesa, straziata. Sarebbe l'ultimo, grande cammino cui tendere, forse un nuovo grande Michelangeli diverso dal primo eppure altrettanto grande. Peccato che la morte non permetta ad Arturo di maturarlo appieno, sorprendendolo - purtroppo per noi e per lui - troppo presto.
Un grande artista. NOn perfetto in tutto e non perfetto sempre, come possono dire solo i fan sfegatati. Il suo Mozart è bello, ma forse non è bello come altre sue cose, non è ciò che di più bello ci ha lasciato, non è inavvicinabile da quello di altri pianisti, che a mio parere anzi lo superano e non di poco. Giacché l'apollineo non è l'unico fine a cui, oggi come oggi, si possa considerare bene tendere in Mozart.
Chiaramente nessuno prenda queste mie affermazioni come un lapidario giudizio su un grande musicista. E' solo l'opinione - in versione molto sintetica - di un appassionato e come tale va presa, con serenità. Nessuno dsi offenda, nessuno lanci anatemi. Chi voglia ascoltare con calma il lascito discografico di Benedetti Michelangeli vedrà che non ho completamente torto.