Sorgente: Marantz DV12
Cuffie: AKG K1000
Quello che andrò a descrivere non so se è il suono della K1000 o dell' Ongaku o del Marantz o del cavo, quello che vi descrivo è il suono che ho percepito con questo “sistema” sono le mie personalissime impressioni e sono la ragione del mio ritrovato piacere nell'ascolto della musica registrata.
Ho già espresso le mie considerazioni sull'ascolto in cuffia, non lo conoscevo e me ne dispiaccio, ho tempo per recuperare, comunque ciò che conta è che, in questo sistema, ho trovato ciò che amo dell'ascolto, dei suoni e della musica esprimersi ai massimi livelli della mia esperienza audiofila.
Non sono mai stato molto bravo con le semiserie e chi mi conosce sa che amo la sintesi, ciò nonostante cercherò di trasmettervi le sensazioni legate all'ascolto di questo sistema attraverso ciò che secondo me lo rende veramente unico.
In questo sistema la dinamica percepita è tale che la timbrica degli strumenti ascoltati è quanto di più simile al suono degli strumenti dal vivo mi sia capitato di ascoltare fino ad oggi.
Ascoltare un solo di sax o di tromba con le capacità dinamiche di questo sistema consente di percepire chiaramente le variazioni del timbro al variare dell'intensità, proprio come accade con le voci, anche gli strumenti variano il loro colore timbrico se suonati piano, forte o fortissimo ed è questa la sensazione di vero legata all'ascolto di questo sistema.
Le note basse di un sax tenore sono ben differenti dalle note basse di un sax alto, ma non così facilmente riconoscibili se il sistema non è “coerente”.
Rispetto, coerenza, correttezza, non mi vengono in mente termini propriamente audiofili, forse perché non li ho mai amati, forse perché abusati, forse perché inutili a descrivere il vero suono.
Naturale.
Questa correttezza nel riprodurre il timbro degli strumenti è accompagnata da un tale livello di dettaglio che è possibile seguire il giro di basso di un trio jazz con tutta la sua articolazione in qualunque momento, anche quando tutti i musicisti suonano contemporaneamente , perché grazie al dettaglio, alla intelligibilità, ogni strumento è sempre perfettamente identificabile nello stage sonoro senza che si venga a creare quella massa , quella amalgama sonora indefinita, che impedisce al singolo strumento di conservare la sua individualità.
Il livello di dettaglio è tale che si può percepire come le note di un contrabbasso possano scaturire differentemente dalla corda o dalla cassa a seconda dello spettro cui la nota appartiene, si può sentire la cassa vibrare quando viene eccitata la corda di una nota bassa e la sua profondità è la conferma della straordinaria coerenza che questo sistema possiede.
Con il pianoforte tutto è più chiaro, con questo strumento si avverte maggiormente come le capacità dinamiche del sistema consentano di percepire le variazioni del timbro imposte dal musicista, si avverte una meravigliosa separazione tra i suoni della parte destra della tastiera dalla sinistra e quando gli altri strumenti entrano in scena vengano rispettate le naturali proporzioni senza che ci sia nessuna prevaricazione.
I suoni sono ruvidi, grugniscono, graffiano, eppure non sono mai fastidiosi, mai stancanti, definirli liquidi è restrittivo, qui si tratta piuttosto di una frizzante cascata con una effervescente nuvola di spruzzi che ti bagna il viso.
Ho parlato anche troppo ora torno ad ascoltare un po' di musica prima di portare la famiglia al mare, cosa ? uhmm si penso che metterò "Round about Roma" di Stefano di Battista.
A presto
Lorenzo